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Strage Via Georgofili, lettera a Mastella
11.01.2007
Illustrissimo Signor Ministro della Giustizia,

ritenendo che un fatto di strage come quello del 27 Maggio 1993 sia una questione che possa e debba interessare tutti i cittadini, pubblicamente ci rivolgiamo a Lei, in relazione al caso Cosimo Lo Nigro.

Noi avremmo dovuto essere informati della revoca del regime carcerario di 41 bis a Cosimo Lo Nigro, uno degli esecutori materiali della strage di Firenze. Noi pensiamo che ne avessimo il diritto. La Legge non prevede questo diritto d’informazione, ma è l’Etica ad imporlo, in nome e per conto del prezzo pagato dai nostri cari.

Cosimo Lo Nigro all’1,04 del 27 Maggio 1993, a Firenze – scientemente, premeditatamente, ignominiosamente – ha acceso un sigaro usandolo per dare fuoco ad una miccia lunga 30 metri, facendo così detonare 250 chili di tritolo.

Il mafioso – uomo appartenente all’organizzazione criminale “cosa nostra”, come è emerso dagli atti processuali – aveva infatti conoscenze sugli esplosivi perché praticava la pesca di frodo. Queste nozioni, affatto dozzinali, hanno provocato 5 morti e 48 feriti.

Non analizziamo in questo contesto i danni al patrimonio artistico che hanno sconvolto il mondo intero: noi il prezzo lo abbiamo pagato anzitutto in vite umane spezzate o distrutte da terribili malattie insorte a causa della strage.

Il Tribunale di Sorveglianza di Torino, prima di revocare il 41 bis a Cosimo Lo Nigro, avrebbe potuto almeno attendere gli esiti del processo per la cause civili da noi intraprese: non si è avuta neppure questa sensibilità, tanta era l’ansia di fare regali alla mafia, la quale – è noto – all’occorrenza uccide, come noi sappiamo bene.

Cosimo Lo Nigro ha sulla coscienza e sulla fedina penale la morte di due bambine – una appena battezzata, l’altra di soli otto anni – e dei loro genitori, la cui unica colpa era quella di abitare per il loro lavoro nella Torre de’ Pulci.

Cosimo Lo Nigro, oltre a sterminare una intera famiglia, ha ucciso uno studente di architettura di soli 22 anni. È stata una morte atroce e sconvolgente quella di Dario Capolicchio; la sua agonia è riportata negli atti del processo di Firenze: il ragazzo è morto per lenta consumazione, non c’era sufficiente monossido di carbonio nei polmoni per farlo asfissiare e consentirgli così di soffrire meno. Dario è stato ucciso da un incendio sviluppatosi durante la strage: un incendio provocato, con ogni probabilità, da una lattina di liquido infiammabile. Questa lattina fu ritrovata in via dei Georgofili la notte della strage, secondo quanto rivela un’autorevole testimonianza raccolta nel processo. Come molte volte ha avuto modo di spiegare nelle aule di giustizia il collaboratore Giovanni Brusca, un contenitore di liquido infiammabile e un incendio sono messaggi di grande intimidazione.

Alla morte di Dario ha assistito una ragazza giovane quanto lui. Quella donna, oggi, è il simbolo di quanti erano presenti, quella notte, in via dei Georgofili e quotidianamente, adesso, cercano di tenere insieme i pezzi delle proprie esistenze frantumate.

Signor Ministro ci dica perché è potuto accadere tutto ciò. Ci illumini sul perché Cosimo Lo Nigro non sta più a “41 bis”, il regime di carcere a lui consono per quanto gli resta da vivere della sua sciagurata vita, così come è consono a tutti gli appartenenti ad organizzazioni criminali, che hanno provocato morte e distruzione nel nostro Paese, ancora oggi così carente di democrazia, vista la mancata verità completa sulle stragi avvenute.

Siamo tutti, per ora simbolicamente, sotto la torre de’Pulci a Firenze ad aspettare, nel più breve tempo possibile, la Sua pubblica risposta: aspetteremo quel tanto che basta perché Lei ci comunichi che Cosimo Lo Nigro è rientrato a regime di “41 bis” e ci rassicuri che mai più avverrà uno scandalo simile.

I nostri migliori saluti e Auguri di Buon Anno,

Giovanna Maggiani Chelli,
Portavoce Associazione tra i familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili

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