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*La forma partito del PD* (di Erminio Quartiani)
17.01.2007

Sintesi dell'intervento all'Assemblea milanese sul Partito Democratico - Camera del Lavoro di Milano 16 dicembre 2006 (da www.libertaeguale.com)

All'Italia serve un partito vero, ampio, grande, che organizzi una nuova partecipazione di popolo alla vita politica e al governo della cosa pubblica.Un partito che risponda alle esigenze di nuovo protagonismo dei cittadini e di salvaguardia del bipolarismo. Che rilanci la politica come luogo del servizio all'interesse generale, contro le rendite culturali e non solo culturali, anche nel campo economico e sociale, contro il corporativismo.

Politica come servizio e interesse generale: due concezioni dell'agire pubblico che il Partito democratico ha la missione di reinventare nelle forme più moderne della democrazia, combattendo la frammentazione degli interessi e il conflitto di interessi in politica.

La risposta è trasparenza e partecipazione come modalità di essere quotidiana di un partito vero, non un partito come aggregato di tanti comitati elettorali.

Un partito che sa unire i riformisti non solo perché serve a rendere più forte e saldo il governo. Ma perché è la condizione per dare vita e attuazione a un grande progetto di cambiamento dell'Italia. Per il quale serve un grande partito nel quale ci si appassiona, nel quale la democrazia interna e il pluralismo culturale è dato non solo dal confronto tra più componenti riformiste, tra più riformismi, ma soprattutto dal confronto e dalla collaborazione tra più riformisti, in quanto persone con le loro esperienze e le loro idee, anche individuali.

Nel "Partito democratico che vogliamo" la democrazia interna non è solo questione di fredde regole. Con ciò non intendiamo negare che sia decisivo osservarle e farle osservare per evitare che comandi l'oligarchia, ma intendiamo affermare che la democrazia è il DNA costitutivo del Partito Democratico.

Un partito di popolo. Un partito di iscritti, eletti ed elettori, a ciascuno dei quali segmenti costitutivi sono garantiti il circuito e gli strumenti per esercitare diritti e poteri: il potere degli iscritti di eleggere i loro leader e i loro dirigenti; il potere degli elettori di selezionare i candidati alle elezioni di ogni livello, anzitutto attraverso le primarie per il candidato premier e per le cariche monocratiche.Il potere degli eletti di esercitare con ampia autonomia il mandato ricevuto.

Un partito a rete, non gerarchicamente piramidale; fatto di gruppi dirigenti diffusi.

Il partito democratico può assumere così la forma di quel partito centrale alla politica italiana e alla coalizione di centro sinistra che dia continuità all'azione, alla ricerca e al rinnovamento dei riformisti collocati sul versante progressista dei due poli che si contendono la maggioranza e il governo del Paese.

Per dare la dimensione dell'innovazione, anche rispetto alla tradizione, che pure va valorizzata , preferisco,più che dei riformismi, definire questo partito come il partito dei riformisti. Così si allarga la partecipazione, dato che è insufficiente e in parte scontato unire ciò che c'è già, mentre occorre unire anche ciò che sino ad oggi è sfuggito al percorso unitario dell'Ulivo per innescare un più forte potenziale innovativo e attrattivo:tutti i riformisti dentro i partiti di riferimento attuali e fuori di essi.

E' tuttavia importante ricordare che senza l'Ulivo, i suoi gruppi unici in Parlamento, le sue liste nelle tre elezioni passate, i suoi gruppi e le sue liste nelle regioni e negli enti locali, il Partito democratico non potrebbe nascere. Da queste esperienze trae solidità il percorso futuro.

Ogni riformista nel Partito, a conclusione della fase costituente, conterà secondo il metodo "una testa un voto", indipendentemente da dove viene. Conterà un voto nelle primarie, nei referendum sulle grandi questioni, nelle assise congressuali, nella scelta dei dirigenti che dovrà avvenire sempre con voto segreto (come in tutte le organizzazioni democratiche, i documenti politici esigono il voto palese che richiede la scelta responsabile e trasparente, non trasformista di ciascun soggetto, mentre sulle persone il voto deve essere segreto).

La fase costituente serve anche a transire verso una forma partito moderna, plurale, democratica e fortemente radicata nel territorio

Perciò fino alle elezioni del 2009, quando il partito si misurerà nel voto e nascerà in quanto tale, occorre favorire azione e discussione comuni in luoghi "aperti", non separati di partito, quasi che fino all'ora X gli iscritti dei DS debbano misurarsi solo in casa loro e quelli della Margherita nella propria, affidando all'assemblaggio tra due sintesi la sintesi unitaria.

La sintesi va creata sempre più intensamente già nella fase costituente. Perciò sempre più gli iscritti dei due partiti debbono fare "come se" si disponesse già del nuovo partito. E i gruppi dirigenti devono tendere a valorizzarli "UTI SINGULI", non solo come "INSIEME", collettivo, "parte".Si pensi al fatto che nei due partiti ci sono già confronti sui temi etici e di altra rilevante portata, che riguardano iscritti credenti e non credenti, e la trasversalità del dibattito è un valore, non un ostacolo all'unità e alla sintesi.

Il pluralismo e la sua valorizzazione non è ostacolo allo sviluppo del Partito democratico, a condizione che non sia fatto da giustapposizioni di gruppi e correnti già dati e precostituiti.Se procediamo così sarà meno contorta e faticosa la via della nascita del Partito democratico, la cui forma sarà già sostanza nel comportamento di tutti i suoi attori.

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