4.02.2007
LA BANDIERA D'ITALIA
Non occorre certo spiegare perché a Villa Europa sventola il tricolore italiano. Il suo proprietario non ha atteso il nuovo corso impresso dal Presidente Ciampi in favore della bandiera e dell’inno nazionale. Adesso è entrato nell’uso, ma appena qualche anno fa non era davvero facile indurre a cantare l’inno nazionale, e nessuno avrebbe scommesso sul successo di questa iniziativa portata avanti, in seno al Rotary Club Roma Olgiata, nell’anno sociale 1998-99, dall’allora presidente ing. Giuseppe Musti, e proseguita l’anno successivo dallo scrivente, che fece predisporre ad hoc una versione originale, eseguita dal tenore Stefano Osbat.
A molti italiani Fratelli d'Italia non piace proprio, e certo le parole, con l'appello alla Vittoria schiava di Roma, non sono oggi fra le più felici, né fra le più sentite. Lo erano, però, al tempo in cui furono scritte, e il loro Autore, Goffredo Mameli (a fianco), ventiduenne appena, fu davvero pronto alla morte appena Italia chiamò: e questo rende sacro, senza retorica, quest'Inno che si chiamava allora il Canto degli Italiani. Un Inno, comunque, non si dismette come un abito usato.
Sui colori della bandiera d’Italia si è fatta parecchia retorica, peraltro commovente. Ricordate? « Il verde la speme tant’anni pasciuta, il rosso la gioia d’averla compiuta, il bianco la fede fraterna d’amor » (Berchet) ; o ancora : « I tre colori della tua bandiera non son tre regni ma l’Italia intera : il bianco l’Alpi, il rosso i due vulcani, il verde l’erba dei lombardi piani » (Dall’Ongaro). La realtà è più modesta : i colori sono quelli della bandiera della Francia rivoluzionaria, con la sostituzione del verde al blu al solo scopo di differenziare le due bandiere. A lor volta, i colori del tricolore francese sono quelli del Municipio di Parigi (blu e rosso), al centro dei quali, quando Luigi XVI giurò fedeltà alla Costituzione, fu aggiunto il bianco borbonico, quale segno di alleanza fra il Re e la Nazione. Il tricolore verde-bianco-rosso, a bande orizzontali, nacque infatti a Reggio Emilia, il 7 gennaio 1797, come bandiera della Repubblica Cispadana, una delle tante repubbliche satelliti di quella francese costituite con l’aiuto delle baionette napoleoniche. Quello a bande verticali, del tutto uguale alla bandiera italiana attuale, fu adottato l’11 maggio 1798 come bandiera nazionale dalla Repubblica Cisalpina, risultante dall’unione della Repubblica Cispadana con quella Transpadana.
La Restaurazione rimise in onore le vecchie bandiere dinastiche, e il tricolore, divenuto simbolo dei moti rivoluzionari, fu severamente proibito (“nicht vedere tricolore in cielo” grida il maresciallo Radetzky contro l’arcobaleno in una nota poesia satirica *). Ma presto diventò l’emblema dei movimenti unitaristici, a cominciare dalla mazziniana Giovine Italia. "Raccolgaci un'unica bandiera, una speme", scriveva, nel 1847, Goffredo Mameli in quello che è oggi il nostro inno nazionale. Poi, man mano che gli antichi stati dinastici si trasformavano in regni costituzionali, anche questi adottarono bandiere che combinavano le insegne araldiche delle Case regnanti con i tre colori italiani: così avvenne ad esempio nel Regno di Sardegna nel 1848 e in quello delle Due Sicilie nel 1860.
Il tricolore puro e semplice, senza aggiunte di stemmi dinastici, continuava ad essere emblema dei repubblicani. Esso ha infine trovato la sua consacrazione ufficiale nell’art. 12 della Costituzione della Repubblica italiana del 1947, a tenor del quale “la bandiera della Repubblica italiana è il tricolore verde, bianco e rosso a tre bande verticali di eguale dimensione”.
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