Salta in aria una fonderia nel Padovano e un operaio muore. È un operaio moderno, flessibile, un prototipo dei nostri tempi che tanto piacciono a sociologi impegnati. Non è, infatti, assunto con tanto di cartellino da timbrare. È un «atipico», spedito in quell’officina, trasformata in una bara, da una ditta esterna. Affittato, imprestato, insomma, per fare lavori di manutenzione nell’altoforno. Anche se spesso e volentieri, come si sa, questi lavori di manutenzione possono trasformarsi in lavori produttivi veri e propri. Con lui rimangono feriti altri due operai. C’è da dire che il luogo di lavoro ora incriminato era già stato oggetto di una diffida da parte della Provincia di Padova. Per il mancato rispetto d'alcune prescrizioni.
Queste erano relative alla limitazione della fuoriuscita di polveri e odori dallo stabilimento. Polveri e odori che destavano le proteste dei cittadini. Pensate come dovevano star bene quelli che lavoravano dentro. Ed ora, dopo le polveri, l'esplosione.
Nessuna meraviglia. È una giornata come tante altre ed è tranquillamente rispettata la media dei tre-quattro deceduti il giorno, colpiti dal mal di lavoro. È un dato contenuto in un'indagine del Senato condotta nella precedente legislatura. Infatti, scorrendo le agenzie di stampa, scopriamo che qualche ora prima della tragedia padovana a Petilia Policastro, nel Crotonese, un giovane di 23 anni, Pietro Nicolazzi, era morto mentre era intento a riparare una trattrice agricola. La causa? La rottura di una valvola e una pesantissima benna che lo travolgeva. Un terzo lavoratore, un pensionato, Salvatore Ombres, di 68 anni, ha rischiato invece, nel Frosinate, di morire schiacciato dalle ruote del trattore che stava guidando. È finito sotto e con le sue urla ha richiamato i soccorsi. Ora è all'ospedale con prognosi riservata. Nelle stesse condizioni un artigiano edile di Goro, nel Ferrarese. Era sopra un'impalcatura ed è scivolato, ha sfondato la tettoia in vetroresina, ha fatto un volo di cinque metri. È quel tipo di «fatalità » che gli edili conoscono bene. E infatti nel Cagliaritano, per rispettare le statistiche, il cinquantunenne Benedetto Ibba, ha compiuto un salto mortale, colpito dal braccio di una gru che si era rotto.
Insomma siamo a venti anni dalla tragedia che costò la vita a tredici operai asfissiati nella pancia di una nave, l'Elisabetta Montanari della ditta Mecnavi. Ma lo stillicidio continua. È una guerra che non si vince mai. Certo non si possono aspettare miracoli, colpi di bacchetta magica. Il governo ha introdotto, col ministro Cesare Damiano nuove misure, ha varato e rinnovato la legge delega per la sicurezza sul lavoro. Ma per vederne tutti i frutti ci vorrà del tempo. Intanto potremmo almeno riflettere su questi uomini e queste donne che ogni giorno scompaiono. Non perché il post fordismo li abbia cancellati, come spiegano, appunto, molti studiosi, ma perché sono inseguiti da una specie di sorte maledetta. Donne e uomini che aspettano ancora di avere un ruolo degno nella società , almeno alla pari di calciatori e presentatori. Non sono solo componenti dell'esercito dei «salariati», da accontentare con qualche giusta mercede. Hanno un compito: sudano tutti i giorni per costruire la ricchezza che vediamo attorno. E spesso muoiono. Milleduecentocinquanta ogni anno.
da www.unita.it