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Il Labour dopo Tony Blair (di Anthony Giddens) |
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21.03.2007
Tony Blair lascerà la carica di primo ministro presumibilmente nel
giugno di quest'anno. E con ogni probabilità sarà sostituito da
Gordon Brown, l'attuale ministro delle finanze laburista, che avrÃ
davanti a sé due anni di governo prima delle prossime elezioni
nazionali. Quante probabilità ha di vincerle? Con chiunque mi capiti
di parlare al partito laburista, non sento altro che previsioni
improntate al pessimismo. I sondaggi danno i conservatori in forte
vantaggio, e la popolarità di David Cameroun ha oscurato quella di
Brown, che sarà probabilmente il prossimo leader del Labour.
«C'è
stato un tempo in cui eri il futuro», ha detto il mese scorso
Cameroun a Tony Blair, nel corso di una vivace polemica al question
time del premier. Ma questa frase potrebbe applicarsi anche a Gordon
Brown, che oltre tutto è meno giovane di Blair. L'interregno tra
Blair e Brown sta dando luogo a guai d'ogni sorta. L'autorità di
Tony Blair si è appannata, sia all'interno del partito che al suo
esterno. E nel vuoto che si è generato David Cameroun ha potuto
infilarsi, quasi senza trovare opposizione. La vicenda delle somme
riscosse in cambio di titoli nobiliari continua a trascinarsi, e il
disastro iracheno si sta rivelando assai più grave di quanto si
temesse all'inizio, anche da parte dei settori più critici
sull'entrata in guerra. A questo punto, molti elettori potrebbero
pensare che sia venuto il momento di dare un'opportunità ai
conservatori, anche perché oltre tutto le loro posizioni si sono
notevolmente avvicinate a quelle laburiste. Eppure… la situazione
attuale può forse essere vista in una luce del tutto diversa.
Guardiamo ad esempio all'Australia, il cui primo ministro, John
Howard, ormai avanti con gli anni, non ha mai avuto un carisma
travolgente. Per tutta la durata del suo mandato si è trovato alle
prese con ogni sorta di guai, e alle ultime elezioni ha dovuto
affrontare la sfida di un giovane esuberante come Mark Latham (del
partito laburista australiano), che all'inizio appariva vincente ad
ogni confronto. Ma dalle urne è uscita la riconferma di Howard: gli
elettori hanno preferito l'esperienza alla gioventù. E lo stesso
potrà accadere in Gran Bretagna, se Gordon Brown diverrà leader dei
laburisti e primo ministro. Domani potrebbe essere lui a dire a un
David Cameroun sconfitto: «C'è stato un tempo in cui eri il
futuro…». Cosa dovrebbe fare Gordon Brown per accrescere al massimo
le probabilità di conquistare al Labour un quarto mandato? A fronte
della sfida conservatrice, è essenziale che il partito laburista
sviluppi nuove idee, e sappia soprattutto riaccendere l'entusiasmo
dell'elettorato. Per ottenere la riconferma per la quarta volta,
questo partito ha bisogno di reinventarsi, con una radicalitÃ
pressoché pari a quella dimostrata nel 1997. Propongo al Labour di
sottoscrivere quello che vorrei chiamare un Contratto col futuro.
Ovviamente, un contratto del genere non può essere concluso nel
senso letterale del termine, innanzitutto perché il futuro non
esiste ancora, e in secondo luogo perché non può essere una parte
contraente. L'idea è che il Labour offra ai cittadini un contratto
per condurre il paese - e per quanto possibile anche il resto mondo -
verso un futuro di giustizia sociale, economicamente ed
ecologicamente sostenibile. Un futuro in cui la nostra generazione
non sfrutti quella dei nostri figli. A mio modo di vedere, questo
Contratto col futuro dovrebbe comprendere una serie di punti chiave.
Nell'attuale frangente, il Labour dovrebbe riprendere più
apertamente il filo conduttore della sua tradizione
socialdemocratica. Finora il suo egualitarismo è rimasto per lo più
in un cassetto. Perché? Non c'è alcun bisogno di avere peli sulla
lingua nell'affermare la necessità di ridurre le disuguaglianze.
La
società britannica è oggi troppo sperequata per poter competere
efficacemente sui mercati mondiali. Quello che postulo è un «nuovo
egualitarismo», condizione essenziale per una crescita economica a
più lungo termine, attraverso un programma trainato non dall'aumento
delle imposte, bensì dall'innovazione politica. Si dovranno
introdurre cambiamenti di rilievo nella struttura della tassazione,
per improntare la politica fiscale nel suo complesso all'impegno per
la tutela dell'ambiente. D'ora in poi Brown dovrà chiamarsi Green
(Verde), come ha detto recentemente in un importante discorso.
Non
si tratta però di aumentare il livello complessivo di tassazione.
Il «no» all'aumento delle imposte va scritto in lettere cubitali,
visto che i conservatori si apprestano a dipingere Gordon Brown come
un tradizionalista del «tax and spend». Sulle misure blairiane nel
campo della sanità e della scuola non si dovrà fare marcia indietro;
al contrario, questa linea politica va radicalizzata e
generalizzata. Se finora lo stato sociale era in gran parte
monopolio dei ceti medi, occorre ora dar voce e possibilità di
scelta alle fasce più povere. E porre all'ordine del giorno temi
quali il decentramento e la devolution, che in passato sono stati
raramente associati alla figura di Gordon Brown. I comuni e le
regioni dovranno avere una leadership efficace, in un mondo di
cambiamenti globali che spesso hanno un impatto diretto ai livelli
locali, ancor più che a quello nazionale. Il periodo che stiamo
vivendo è quello della fine dello stato sociale: per questo oggi
un'ulteriore riforma del welfare è imperativa. Non però secondo la
visione della destra, che accusa i sistemi di welfare di ostacolare
la crescita. E' invece vero il contrario. Ma è necessario passare da
uno stato sociale inteso come pura e semplice rete di sicurezza a un
sistema di investimenti sociali di stato. Ad esempio, investire
nella formazione è vitale non solo per vincere la povertà , ma anche
ai fini della competitività economica. Abbiamo bisogno di un sistema
di welfare impostato, assai più che in passato, in senso attivo e
lungimirante. Il Labour deve dedicare una particolare attenzione a
una nuova agenda per il benessere della popolazione. Assistiamo oggi
a un aumento dei casi di disagio mentale, che in termini di perdita
di giornate lavorative ha un costo maggiore di quello della
disoccupazione. Le malattie croniche sono dovute in gran parte al
modello di vita. Per far fronte a questi problemi è dunque
indispensabile adottare nel quotidiano abitudini più sane. E d'altra
parte, il cambiamento dello stile di vita è anche la chiave per
affrontare il problema del riscaldamento globale. Nei confronti
dell'Unione europea Brown dovrebbe adottare un atteggiamento più
positivo. Molti dei maggiori problemi della società di oggi - quali
il cambiamento climatico, la sicurezza degli approvvigionamenti
energetici, la criminalità transnazionale, le migrazioni, la
situazione in Medio Oriente ecc. - possono trovare una soluzione
efficace solo nel contesto della Ue. Sta emergendo una nuova
generazione di leader europei, e Gordon Brown sarà uno di loro se
saprà cogliere quest'occasione. La politica estera - soprattutto a
causa della tragedia irachena - ha contribuito più di ogni altra
cosa a minare la credibilità del Labour. Perciò Brown dovrà vigilare
in particolare sul processo del ritiro delle truppe britanniche
dall'Iraq, che di fatto è già iniziato. E prendere le distanze
dall'attuale amministrazione Usa, pur senza sacrificare l'atlantismo
in quanto tale. Infine - cosa ancor più importante - dovrÃ
riflettere a fondo sulle implicazioni, a livello mondiale, del
declino dell'influenza di Washington e del minor rispetto per la
potenza americana. Non è mia intenzione sottovalutare i problemi che
un governo guidato da Gordon Brown sarà chiamato ad affrontare.
Si
delineano fin d'ora diverse aree di tensione e di difficoltà . E
anche se probabilmente vi sarà una competizione per la nomina, Brown
entrerà in carica come un primo ministro non eletto. Più del 70%
degli elettori del Regno Unito ritengono che farebbe bene a
convocare al più presto nuove elezioni. In pratica è assai difficile
che decida di farlo, ma la situazione in cui verrà a trovarsi
rischia di minare la sua legittimazione. Potrebbe essere
problematico anche mantenere l'ordine in seno al partito. Brown
dovrà tenere a bada la vecchia sinistra, e affrontare organizzazioni
sindacali potenzialmente rissose, come ha dovuto fare lo stesso
Blair. Se concedesse troppo ai tradizionalisti potrebbe ottenere il
plauso del partito, ma rischierebbe di avere vita breve come primo
ministro. Non sappiamo se Brown sarà in grado di affrontare tutti
questi problemi; ma può darsi che riveli capacità eccellenti. A mio
parere, i tories hanno commesso un grave errore decidendo di puntare
tutto, nei loro appelli al pubblico, sull'immagine e sugli slogan di
successo, piuttosto che su una concreta progettualità politica.
Nel
suo primo anno di governo Brown dovrebbe elaborare e tradurre in
pratica un'agenda molto consistente in questo senso, e mettere alle
strette i conservatori sul piano delle proposte politiche, ammesso e
non concesso che siano stati in grado di formularne qualcuna. Le
prossime elezioni si disputeranno probabilmente sul filo del rasoio,
ma non dubitate: il Labour può vincerle di nuovo!
(Traduzione di Elisabetta Horvat)
.Fonte: da www.repubblica.it
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