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D'Alema all'Onu: per l'Afghanistan una conferenza di pace
21.03.2007
L’Italia è orgogliosa di giocare la sua parte determinante nel processo di pacificazione dell’Afghanistan, dove conferma il suo impegno a fianco delle Nazioni Unite, ma chiede che ci si muova in direzioni nuove e diverse per arrivare ad una soluzione che sia sicura e duratura. Potrebbe essere riassunto così l’intervento del ministro degli Esteri Massimo D’Alema a New York, davanti al Consiglio di sicurezza dell’Onu.

In apertura del suo discorso, pronunciato in inglese, il vicepremier torna brevemente sulla vicenda legata al rapimento, e alla recente liberazione, del giornalista di “Repubblica” Daniele Mastrogiacomo. Ed il primo pensiero va alla preziosa collaborazione fornita durante l’arco della questione al presidente Hamid Karzai. «Vorrei esprimere a lui e alle istituzioni afgane tutta la gratitudine del governo italiano per l'aiuto offerto nella liberazione del giornalista», dice D'Alema.

Commentando poi il rapporto del segretario generale Ban Ki-Moon su “La situazione in Afghanistan e le sue implicazioni per la pace e la sicurezza internazionale”, pubblicato lo scorso 15 marzo. Nel testo, tra le altre cose, si parla di progressi in diverse aree. «Questi – osserva D’Alema – sono risultati significativi. L’Italia è orgogliosa di avere contribuito soprattutto nel suo ruolo di guida nel campo del diritto e del sistema giudiziario».

Il rapporto, naturalmente, oltre ad alcuni aspetti positivi, mette in luce inoltre quanto ancora ci sia da lavorare per poter solo pensare di essere sulla strada giusta per la pacificazione dell’area. «I contenuti del rapporto sono inquietanti, ma sono un salutare campanello d'allarme. Dobbiamo riconoscere che i progressi non sono sufficienti in molti settori: non solo quello della sicurezza, ma anche della governance, dello sviluppo socioeconomico, della cooperazione regionale, della garanzia dei diritti umani e della lotta contro la droga».

«E' mia opinione – sottolinea D’Alema - che dovremmo incoraggiare un piano di pace, giustizia e riconciliazione lanciato dal presidente Hamid Karzai. Questo incoraggiamento potrebbe essere efficace solo in una dimensione regionale. Per questo dovremmo considerare un processo che consenta un coinvolgimento pieno e positivo dei paesi vicini. Dovremmo essere aperti alla possibilità di una conferenza internazionale che io concepisco come il risultato di questo processo».

Il ministro degli Esteri ha indicato tre obiettivi in particolare. «Primo: prendere atto al più alto livello politico dell'impegno dei principali attori, per contribuire ad una dimensione regionale della sicurezza e della stabilità in Afghanistan, che è assolutamente chiave per la pace. Secondo: essere d'accordo sulla necessità di mettere in atto una serie di misure di cooperazione finalizzate alla creazione di una fiducia tra l'Afghanistan e i suoi vicini. Terzo: sostegno per il processo di riconciliazione nazionale lanciato da Hamid Karzai attraverso un processo di stabilizzazione regionale che coinvolga il paesi vicini e la comunità internazionale».

La sicurezza garantita dal contingente Isaf impegnato nell’area, in cooperazione con l’esercito afgano, è considerata una precondizione per la stabilizzazione del Paese, ma non può essere sufficiente. «Sottolineo questo punto come rappresentante di un governo che si è impegnato con un grande numero di soldati nel paese. La pace e la stabilità – conclude D’Alema - poggeranno su un terreno fragile senza un rapido e solido progresso nelle condizioni di vita della popolazione, nella ricostruzione civile, nella costruzione di istituzioni a livello nazionale e provinciale».

Dopo il suo intervento in Aula, il ministro degli Esteri non si è sottratto alle domande dei giornalisti presenti al Palazzo di Vetro dell’Onu. Riguardo alla situazione sul campo, in Afghanistan, D’Alema ha rivelato che «purtroppo la guerra, la guerriglia, sta arrivando anche a Herat e non credo che le truppe italiane siano in una buona situazione». Il vicepremier ha ribadito che la «nostra decisione è confermare la presenza ma la mia opinione è che non possiamo inviare più truppe. Abbiamo 2.000 soldati in Afghanistan, siamo il quarto paese per numero di militari, e questo mentre siamo impegnati anche in Libano e nei Balcani».

Riguardo alla sua proposta, presentata anche ieri sera al segretario di stato americano Condoleeza Rice, D’Alema ha confermato che «la possibilità di una conferenza internazionale sulla pace e la stabilità in Afghanistan viene valutata con serietà dai nostri più importanti partner. Il titolare della Farnesina ha ribadito che «non ci occupiamo solo di questa proposta, ma di tutto il processo politico». Il presidente dei Ds ha spiegato che l'iniziativa della conferenza «è concepita nell'agenda internazionale e potrebbe rappresentare una prosecuzione naturale della prossima riunione del G8, alla quale parteciperanno anche il governo afgano e pachistano nell'ottica di un rafforzamento della cooperazione regionale».

Da Washington, intanto fanno sapere che la proposta di D’Alema e del governo italiano viene effettivamente vista con molto interesse. In questo senso il ministro, durante la conferenza stampa di New York, ha voluto fugare ogni dubbio su un presunto deterioramento del rapporto tra Italia e Stati Uniti. «E’ un rapporto – ha detto - tra due grandi paesi amici e alleati che poi possono avere non turbolenze, ma dissensi, come è ragionevole che accada tra paesi amici che hanno il senso della loro dignità».

Incalzato dalle domande dei giornalisti, il vicepremier ha detto la sua anche sulla recente notizia della formazione di un governo palestinese di unità nazionale, risultato dell’accordo raggiunto tra le fazioni di Hamas e Fatah. «L'Italia sta aspettando la decisione dell'Unione Europea. Il nuovo governo secondo noi è uno sviluppo positivo e un passo avanti, ma non rispetta interamente le condizioni poste dalla comunità internazionale. Io credo che, alla fine, la posizione europea sarà flessibile, riconoscerà che il governo è un positivo passo avanti e Hamas non è la maggioranza, chiederà il pieno rispetto delle condizioni e consentirà una maggiore cooperazione, e questo sarà per il governo un banco di prova».

Fonte: www.dsonline.it

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