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Funerali religiosi: Bovio si, Welby no
15.07.2007

Citate le esequie religiose per Corso Bovio: «Giuste, ma mio marito?» Mina Welby: «Piergiorgio condannato» La moglie di Welby domanda a Tonini: «Ma chi muore per eutanasia in altri Paesi ha i funerali religiosi o no?»

MILANO - «Piergiorgio è stato condannato solo per aver pronunciato la parola eutanasia». Non usa giri di parole Mina Welby nella lunga lettera che ha inviato al cardinal Ersilio Tonini. L'alto prelato venerdì aveva sottolineato come il caso dei funerali per Corso Bovio, morto suicida, fosse cosa diversa dalla situazione di Welby. Piergiorgio Welby era il co-presidente dell'associazione Luca Coscioni, affetto da sclerosi laterale amiotrofica, è morto lo scorso 20 dicembre dopo aver sollevato un caso mediatico sul diritto all'eutanasia. Per questo motivo, il vicariato di Roma si era rifiutato di autorizzargli i funerali religiosi.

SIMBOLO - La moglie Mina Welby ha voluto però rispondere all'affermazione del cardinal Tonini, che venerdì aveva commentato: «Approvare i funerali di Piergiorgio Welby sarebbe stato come dire che la Chiesa accetta l'eutanasia di cui Welby stesso era divenuto il simbolo. Per questo non è stato possibile autorizzarne la celebrazione in chiesa, mentre nel caso dell' avvocato Corso Bovio questa implicazione non c'è stata»

CORSO BOVIO - «Eminenza Reverendissima, sono assolutamente d'accordo con Lei che la morte del povero signor Corso Bovio era causata da altri motivi, sicuramente terribili e laceranti. Non voglio assolutamente fare confronti con nessuno». Inizia così la lettera di risposta della signora Welby, che prosegue: «Piergiorgio Welby ha lottato per la vita da quando aveva sedici anni, cioè da quando aveva saputo la diagnosi della sua malattia. Insieme abbiamo lavorato sfruttando ogni nostra capacità per fare altri partecipi di ciò che avevamo acquisito nello studio e con la nostra esperienza. Ma tutto ciò ora non c'entra nulla. La consapevolezza di doversi aspettare una sicura morte atroce per soffocamento credo che sia sconvolgente per ognuno». Piergiorgio, racconta Mina Welby, «si sentiva soffocare da più di un anno. Non ha trovato nessun medico che lo voleva aiutare a poter morire senza soffrire. Da tanto tempo stava discutendo sulle possibilità per malati di certe patologie, come sla, distrofia muscolare, tetraplegia e altre, di una morte opportuna senza sofferenze immani».

EUTANASIA E ACCANIMENTO TERAPEUTICO - «Sicuramente per molte situazioni - prosegue Mina Welby - non esiste che l'eutanasia, nel senso della somministrazione di un farmaco letale. Ma non sono le uniche situazioni. Solo per aver pronunciato la parola eutanasia - afferma - è stato condannato. Ma le persone che muoiono per eutanasia in altri Paesi hanno i funerali religiosi o no? Piergiorgio non aveva bisogno dell'eutanasia come intendevo poc'anzi». Lui, sottolinea Mina Welby, «ha potuto usufruire dell'articolo 32 della costituzione, che poi non è contraddetto da quel capoverso del Catechismo secondo il quale "L'interruzione di procedure mediche onerose, pericolose, straordinarie o sproporzionate rispetto ai risultati attesi può essere legittima"». In tal caso, afferma, «si ha la rinuncia all'accanimento terapeutico. Non si vuole così procurare la morte: si accetta di non poterla impedire».

UOMO POLITICO - Piergiorgio Welby, conclude la moglie, «ha detto ad alta voce e come uomo politico di voler morire. Lo ha fatto anche per indicare alla politica la necessità di trovare una strada perchè tutti i cittadini italiani abbiano il diritto all'autodeterminazione nella scelta dei trattamenti medici e non solo quelli che hanno la fortuna di trovare un medico consenziente. Per concludere, vorrà dire che anch'io, che appoggio l'eutanasia per quei cittadini che la chiedono un giorno, non avrò il funerale religioso. Ma preferisco avere il cuore aperto per chi chiede pietà negli ultimi istanti della vita confidando nell'infinita misericordia di Dio».

14 luglio 2007

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