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Indagini di Catanzaro. Le dichiarazioni di Micheli e Sircana
17.07.2007

Indagini di Catanzaro. Le dichiarazioni di Enrico Micheli e Silvio Sircana. DICHIARAZIONE DEL SOTTOSEGRETARIO ALLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO ENRICO MICHELI.Una storia incredibile che mi lascia sconcertato e preoccupato in quanto mostra l'esistenza di un'approssimazione inaccettabile nel pubblicare notizie di interesse pubblico senza rispetto per la veridicità dei fatti e delle persone che vi sono coinvolte. Mi riferisco all'indagine di Catanzaro e alla confusione che si è fatta e si sta facendo anche in queste ore tra il mio nome e quello di un altro Micheli. Per quanto riguarda me e la mia famiglia (composta da moglie, due figlie e tre nipotine), tengo a ribadire ancora una volta di non essere proprietario di alcuna azienda come, tra l'atro, si può rilevare dalla mia dichiarazione depositata presso l'Anagrafe patrimoniale del Senato. Lo scambio di persone risulta del resto dalle dichiarazioni rese pubblicamente dal manager della DELTA spa, Anselmo Galbusera, proprio in relazione all'inchiesta. Tali dichiarazioni sono state riprese e diffuse dalle agenzie di stampa del 14 luglio scorso. Per queste ragioni ho dato incarico ai miei legali di tutelarmi contro chiunque abbia danneggiato con diffamazioni in queste ore la mia persona.Enrico Micheli Roma, 17 luglio 2007

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DICHIARAZIONE DEL PORTAVOCE DEL GOVERNO SILVIO SIRCANA.Ancora una volta ci troviamo costretti a scoprire, attraverso la lettura quotidiana dei giornali, riferimenti, accuse e giudizi che offendono Romano Prodi prima ancora che il Presidente del Consiglio dei Ministri. Dopo lo "scoop" di Panorama.it e le ricostruzioni fantasiose di altri media - nei confronti delle quali tutte le spiegazioni fornite con dovizia di particolari sono state considerate evidentemente superflue - è oggi il Corriere della Sera a ospitare una lunga intervista al magistrato che segue la cosiddetta inchiesta "Why not" all'interno della quale anche il nome di Prodi figurerebbe - uso il condizionale per il rispetto che tutti noi continuiamo a portare con convinzione nei confronti della giustizia - come indagato per l'ipotesi di abuso di ufficio.Nessuno vuole mettere in discussione il diritto-dovere costituzionale dei mezzi di informazione di svolgere in piena libertà il loro ruolo, ma vedere a tutta pagina il virgolettato "C'è una nuova tangentopoli" legato ad un catenaccio che riporta il nome del Presidente del Consiglio e la frase, attribuita al giudice che cura l'inchiesta: "Non guardo in faccia a nessuno", un lieve sospetto di voluto fraintendimento si fa velocemente strada nella mente. Vorrei solo ricordare che il 13 luglio, in una dichiarazione ufficiale, il Presidente del Consiglio rilevava che "?Pur non avendo ricevuto alcun avviso di garanzia o informazione al riguardo, non posso che testimoniare - come sempre - la mia totale fiducia nel lavoro dei magistrati che hanno voluto tutelare la mia persona - se l'avviso di garanzia sarà effettivamente confermato - con un atto che permetterà di dimostrare la mia totale estraneità a qualsiasi eventuale accusa." Nonostante la chiarezza e la serenità di quelle parole, che confermiamo in toto, ancora oggi, 17 luglio, leggiamo con dovizia di particolari sui giornali le accuse che si muoverebbero a Prodi, il numero di telefonate da record da verificare, frasi e concetti di magistrati titolari dell'inchiesta.So bene quanto sia difficile evitare fughe di notizie, indiscrezioni o veleni quando inchieste sicuramente importanti vanno a toccare nomi e cognomi di interesse pubblico. Ma anche e soprattutto per questo ci vogliono misura e rispetto per la verità. Venendo al testo dell'articolo, torno a ribadire quanto già dichiarato alle agenzie di stampa domenica. E cioè che nessun segreto c'è sulla scheda telefonica usata da Prodi al suo ritorno in Italia da Bruxelles fino ad oggi, così come posso tranquillamente sostenere la totale estraneità del Presidente Prodi rispetto a società (Pasfin, Pragmata, Sopaf) che vengono classificate sbrigativamente come società "del giro prodiano".Purtroppo il Corriere cade nel grave errore, già compiuto da altri, di legare il nome del sottosegretario Enrico Micheli alla proprietà di società finite nell'inchiesta. Qui non si tratta solo di smentire, ma di chiedere perché non si verifichino menzogne di tale portata.Sarà il Corriere della Sera a dirci se quelle frasi virgolettate sono da attribuirsi al magistrato che richiama a una "assoluta riservatezza". Sarà il prosieguo dell'indagine a far emergere che l'"assoluta riservatezza" avrebbe evitato di scrivere una pagina brutta. Non solo di giornale. Silvio Sircana

Roma, 17 luglio 2007

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