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Il terzo settore di Giuseppe Torchio
18.07.2003

A Welfare Italia e cremona in allegato trasmetto alcune considerazioni svolte in occasione dell'incontro ANCI Lombardia Forum del Terzo Settore per la presentazione della convenzione sottoscritta. Con viva preghiera di pubblicazione .

On. Giuseppe Torchio

Presidente ANCI Lombardia

Intanto voglio dire che anche l’ANCI è un’associazione di volontari che non è sicuramente istituzionalizzata. È una regione, la nostra, che si caratterizza nella sua contraddittorietà perché ricorre contro la 328 per la sua incostituzionalità poi la applica invece in forme, forse tra le più forti sul piano nazionale: siamo abituati a questa situazione duale e quindi non dobbiamo, secondo me fare, un discorso legato esclusivamente allo schieramento. Dobbiamo andare alla concretezza e allora già stamattina Mele nella sua introduzione, che ho sentito, ci dava alcune indicazioni dello spaccato che emerge dallo studio della regione raccolto per noi e commissionato dalla Università su quello che sta dentro nei piani di zona. Vorrei andare avanti su quella impostazione perché la realtà lombarda è estremamente avanzata, avanzata nelle cifre, nei moduli, soprattutto per quello che riguarda i comuni: balza evidente come il 75% della spesa del sociale in Lombardia cash, sia a carico dei comuni. E’ il dato più forte sul piano nazionale, vuol dire che c’è una situazione di bisogni ma c’è anche di grande attenzione.

Nei tavoli nazionali emerge un’altra realtà che rispetto alla media di spesa sociale nazionale che è circa il 2% dei bilanci locali, in Lombardia spendiamo il 12%, quindi sei volte di più, siccome ho sempre con me persone che criticano e contestano forse potremmo interrogarci se spenderli meglio, sul fatto che si spenda e si spende parecchio almeno questo tra di noi ce lo dobbiamo dire. Quindi c’è un livello di apertura molto forte e allora noi, intanto abbiamo, rispetto a questa partita, un dovere istituzionale, noi siamo alla vigilia di un accordo con la regione Lombardia cosiddetto interistituzionale.

Cosa sta succedendo nel nostro paese è abbastanza evidente, con la riforma federalista o con la versione ridotta a devoluzione. È evidente che pure in un quadro di sussidiarietà e pure di perequazione tra le varie finanze regionali, noi non possiamo accettare, con i nostri livelli di servizi e di bisogni nel sociale, una formulazione di finanza regionale che si basa esclusivamente sulla spesa storica. Dobbiamo mirare nella riforma fiscale generale ad una finanza legata alla capacità fiscale di questa regione, cioè anche alla potenzialità produttiva perché, se accettassimo invece, una esclusiva indicazione di regolazione nazionalista legata alla sola spesa storica, noi non riusciremmo mai più a compensare l’intensità e la qualità delle prestazioni cui stiamo andando vita. Ma questo non ce lo chiederanno mai gli amici Cuffaro, Fitto, Chiaravallotti, Bassolino e pertanto, nell’ambito di questa materia, dobbiamo cominciare ad affinare un processo di relazioni di tutte le istituzioni lombarde con la salvaguardia nazionale che cominci a dare nell’ambito di una perequazione che nessuno nega, a cui la Lombardia già partecipa nella misura del 67% una propria e autonoma forte capacità fiscale. Quello che è fondamentale, a monte di tutto questo processo, è la conflittualità rispetto ai trend di spesa di altre regioni che hanno sanitarizzato tutto mettendolo a carico dello Stato. In altre regioni si spende meno per il sociale forse di compartecipazione, della regione, dei comuni, della famiglia in una forma che al di sotto del Po o dell’Arno difficilmente si riesce a riscontare. Dentro il confronto interistituzionale con la regione abbiamo chiesto di dare vita ad un organo che è previsto dalla legge regionale ma non è stato attuato e cioè la conferenza regionale della programmazione socio sanitaria assistenziale che oggi, a distanza di sei anni, non esiste. Oggi i comuni su questa partita della 328 al di la dei poteri dati ai comuni per la realizzazione dei piani di zona, se andiamo ad esaminare complessivamente la partita compreso gli annessi per la sanità, noi siamo fuori in termini di spesa.

È evidente la contraddizione di una regione che spinge sull’aziendalizzazione e di un ministro che afferma le competenze ai comuni: c’è uno scontro quasi uno scasso nelle istituzioni su questa partita. Dobbiamo trovare dei modi incisivi per potere arrivare là a raggiungere i nostri obiettivi a decidere, al di fuori o insieme all’aziendalizzazione, un ruolo più forte e pregnante su tutta la partita: quello che la legge regionale prevede e non è stato del tutto consentito.

Dopo il fallimento della "Conferenza Regionale delle Autonomie" noi vogliamo che queste partite vengano definite, per un verso nello statuto della regione che da oltre un anno è arenato in commissione e quindi non c’è un riconoscimento adeguato del ruolo del comune, è inutile che ci lamentiamo, il problema è che si vi è una potestà legislativa in capo alle regioni, la riforma costituzionale prevede una pari dignità tra i livelli locali, comuni, provincia, regione, quindi non s’è ancora dischiuso il passaggio che prevede questa parti ordinazione.

Sono problemi quindi grossi, allora a questo punto la riforma statutaria e ancora di più l’insediamento di un consiglio-camera regionale delle autonomie sono indispensabili mentre la conferenza delle autonomie, mi dispiace dirlo facendone parte, è ridotta ad una sorta di burletta rispetto al ruolo che dovrebbe avere.

Da parte del Terzo vedo un’attesa e di andare alla conferenza regionale delle autonomie, con la regione in quanto tale, quindi dicendo un passo in più rispetto a quello che era venuto a Formigoni nei suoi regolamenti, direi un ruolo che sostanzialmente pone al centro il terzo settore come il centro di questo processo di crescita. Siamo disponibili a questo ragionamento: il 16 luglio ci sarà un incontro in assessorato regionale ai servizi sociali alla famiglia con l’assessore Abelli e il terzo settore. Al di là della durezza che ha caratterizzato spesso un confronto anche aspro sulla sanità in particolare le minacce di denunce provocate dalle nostre affermazioni riferite al buco che la sanità, aveva prodotto, confermando che questi dati si sono rilevati reali, la nostra regione non è fanalino di coda nel contesto nazionale anche in termini di apertura e disponibilità. Mi spiego, quest’anno la regione interviene con il 50% di peso reale sulle rette… e col 70% sulle rette del Cse, è l’unica regione in Italia che è intervenuta in questo modo perché c’è stato l’accordo con ANCI Lombardia, vuol dire che rispetto all’obiettivo nazionale di portare il 70% della partecipazione regionale su tutta la partita delle rette delle prestazioni sociali con rilevanza sanitaria noi stiamo facendo già qualcosa di concreto. E più in generale sulla questione romana, dove c’è stato un arroccamento, la nostra regione non è su posizioni di rottura, è su una posizione di apertura, quindi non possiamo confondere un’ impostazione di carattere ideologico di una maggioranza rispetto invece a una concretizzazione. In queste azioni di confronto abbiamo avuto l’appoggio molto forte del comune di Milano che ci ha sempre dato un valido aiuto nella negoziazione con la regione parlando in questo modo vorrei sgombrare il campo da conflittualità per andare alla sostanza, qui c’è la possibilità di arrivare a definire anche percentualmente la compartecipazione della regione su tutto il sociale su dei trend diversi dal passato. Questo cosa significa? Che più alta è la compartecipazione strutturale della regione più risorse ai comuni potranno destinare a implementare il settore con la flessibilità necessaria.

Perciò i voucher non sono i nostri nemici. Qualcuno ancora si attarda ad impostare posizioni totalmente negative nei confronti di questi contenuti della legge Turco,di questi contenuti che sono stati propri della politica dello stesso comune di Milano quando pro sindaco era ancora Zola. La situazione sociale è cambiata, per mille cose che ognuno di voi che è nel sociale nel quotidiano, verifica e analizza: c’è un cambiamento costante e continuo. Non possiamo inchiodarci a una impostazione retro. Io credo che il successo del sindaco Corsini a Brescia sia legato al riconoscimento, più in generale sulle fasce sociali, tutta una serie di aperture fatte dall’amministrazione del centro sinistra anche in materia di badanti.

Nel terzo settore c’è la possibilità di fornire prestazioni in maniera non strutturale, ospedaliera, limitata, che è proprio della flessibilità che il terzo settore ha, della ricchezza della pluralità di presenza che il terzo settore ha in termini di risorse, di disponibilità valorizzando l’esperienza del terzo settore che può dare all’istituzione comune.

 

Allora dentro questo ragionamento dobbiamo guardare che cos’è l’attuazione effettiva dei piani di zona. Noi abbiamo il 1° anno che praticamente, slitta al 2003 (quindi di fatto il triennale andrà a finire nel 2005 e in alcuni casi nel 2006).

Dentro questo contesto vi è un concetto importante, non fasciamoci la testa con le polemiche, con il 70%, per i voucher: c’è la flessibilità. Ci sono sindaci che potrebbero mettere tante cose nei loro statuti e continuano a darsi dei sensi di colpa perché non si può fare questo o quello: non hanno agito sull’intelligenza, sulla flessibilità, sull’inventiva…. Allora noi, di anno in anno ( la verifica annuale di come si è speso all’interno del piano di zona non è un optional, è un obbligo, una necessità) possiamo correggere l’operazione: se tutti i soggetti dei tavoli locali, territoriali o del piano di zona la verificano e la riscontano, mi sembra che sia proprio delle persone aperte al confronto. L’Anci insieme al terzo settore queste cose le andrà a dire il giorno 16 nel tavolo regionale, ma penso che la debba far vivere coi sindaci e le associazioni a livello territoriale, quindi dev’essere un processo button up.. dal basso: c’è un processo di relazionalità regionale, di riconoscimenti, ma c’è un processo territoriale. Ad arricchirsi del terzo settore è proprio il territorio più che le rappresentanze verticali, così come penso che la ricchezza dell’autonomia sia dei comuni più che di Anci in quanto struttura volontaria. Ora il problema è di dare impulsi e di realizzare sul territorio tutti questi passaggi con le disponibilità che, sia pure con i chiari di luna nazionali che sono stati indicati, individuando in Lombardia una grandissima propensione a spingere in questa direzione. Oltre 5 mila miliardi, dice Irer, di risorse in vecchie lire dei comuni in questa direzione, come spenderli e soprattutto come spenderli meglio? Ho dato una scorsa al documento che avete inviato all’assessore Colozzi ma penso che questo ragionamento andrà a compiersi più opportunamente a livello dell’assessore Abelli che di fatto ha la competenza. Insieme i discorsi cominciati oggi sono già dentro a ben due convenzioni che abbiamo sottoscritto porteremo anche delle logiche conclusioni e sviluppo. Lo scopo di oggi era quello di rompere il ghiaccio in una prima uscita pubblica nella quale ognuno si assumesse coscienza e responsabilità sul ruolo e sul contenuto delle intese che abbiamo fatto.

Per quanto ci riguarda ribadisco una frase che è un po’ slogan, noi istituzione, noi pubblico, se non ci fosse la presenza del terzo settore, saremmo praticamente nella incapacità di erogare una serie di prestazioni di servizi, con questo non voglio dire che il comma e della legge 266 del 91, "l’attività del volontariato può essere soltanto rimborsato, etc. etc." ma vorrei tranquillizzare che il tempo che si perde non è tempo perduto è tempo guadagnato perché se la gente, in una società nella quale i partiti non ci sono quasi più se non in maniera carsica e subacquea, nelle realtà locali il confronto non avviene, oramai i consigli comunali sono svuotati come in generale le assemblee elettive di un ruolo, decide tutto il capo e la sua giunta telecomandata, evidentemente diventa difficile potere arrivare alle conclusioni, c’è un problema più generale delle assemblee elettive, c’è un problema di discussione che probabilmente è una croce che viene messa sulle spalle dei pochi che ancora si occupano concretamente di tenere viva questa istituzione nella società. Siamo disponibili anche a vedere all’interno delle attuazioni dei piani di zona itinerari formativi, presenze anche di misure, D2, D3 a livello europeo, perché consentano anche nella fase di redazione e di sviluppo dei piani gli opportuni strumenti a livello formativo che siano adeguatamente anche compensati. Si stanno facendo dei corsi persino per le "veline" anche in Campania ma penso che socialmente sia molto più utile fare dei corsi per arrivare a sviluppare aspetti, quindi andiamo a fare un ragionamento complessivo con tutti i soggetti formativi che sono presenti nella nostra realtà regionale per vedere se itinerari di crescita di questi settori non possono trovare una adeguata forma anche di compensazione a livello formativo.

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