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Ici, Chiesa e privilegi |
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5.09.2007
di Andrea Carinci e Thomas Tassani dal sito www.lavoce.info
L'animato, quanto confuso, dibattito che negli ultimi giorni si è
acceso sul tema delle agevolazioni fiscali per gli enti non
commerciali – e tra questi, quelli ecclesiastici – sollecita
l'interesse ad affrontare la questione in termini il più possibile
rigorosi dal punto di vista giuridico.
La norma oggetto di contestazione
L'oggetto del contendere è costituito dall'esenzione Ici, ex
articolo 7 del decreto legislativo n. 504/92, a favore degli enti
non commerciali (1), relativamente agli immobili destinati
esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali,
previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali,
ricreative e sportive, religiose o di culto.
In discussione, peraltro, non è tanto l'articolo 7 citato, quanto
l'interpretazione autentica che ne è stata fornita, con il Collegato
alla Finanziaria 2006 e con il decreto legge Bersani-Visco.
Prima di questi due interventi, la norma di esenzione era
interpretata dalla giurisprudenza (2) in modo assai rigoroso:
accanto ai prescritti requisiti, soggettivo e oggettivo, ne era
stato inserito un terzo, che riservava l'esenzione alle sole
attività di tipo non commerciale. Sicché, per poter usufruire
dell'esenzione, occorreva che negli immobili non fosse esercitata in
nessun modo attività d'impresa. Ebbene, è proprio per "correggere"
questa lettura giurisprudenziale, che il legislatore è intervenuto:
prima con il Collegato alla Finanziaria 2006, che ha "interpretato"
l'articolo 7 rendendolo applicabile alle attività indicate "a
prescindere dalla natura eventualmente commerciale delle stesse";
poi, in sostituzione di questa interpretazione, con il Dl n. 223/06
(cosiddetto Bersani-Visco), che ha invece reso applicabile
l'esenzione alle "attività che non abbiano natura esclusivamente
commerciale".
Senza entrare nel merito delle due soluzioni, resta acquisito un
dato: certamente con la prima, ma chiaramente anche con la
seconda "interpretazione", l'agevolazione è stata estesa alle
attività di tipo commerciale. Ma solo a quelle esercitate, nei
settori indicati dall'articolo. 7, da enti non commerciali.
La questione comunitaria
È specificatamente su questo profilo che si gioca il tema della
compatibilità comunitaria della previsione.
Ai sensi del Trattato dell'Unione Europea (articolo 87) sono vietate
le agevolazioni fiscali che vadano ad avvantaggiare solo alcune tra
le imprese che operano sul mercato, che si presentino, dunque, come
agevolazioni selettive.
È però l'approccio "pragmatico" della Commissione europea e della
Corte di giustizia a venir qui in considerazione. Perché, alla
stregua di questo, la compatibilità degli aiuti va valutata, non giÃ
in ragione delle forme che assumono, bensì degli effetti che
producono sulla posizione delle imprese. Ed ecco allora che, nella
nozione di aiuto di Stato, va compreso anche quello concesso nella
forma di una minore tassazione (cosiddetti aiuti fiscali), mentre,
nella nozione di impresa, va ricondotto qualunque soggetto o ente
che eserciti un'attività economica, che offra cioè beni o servizi su
un determinato mercato. Risulta poi del tutto irrilevante lo status
giuridico, l'assenza dello scopo di lucro soggettivo, così come
valutazioni relative alla meritevolezza delle finalità perseguite.
Con un simile quadro di riferimento, diviene inevitabile
interrogarsi circa la compatibilità dell'agevolazione Ici. E appare
evidente che, se nell'originaria interpretazione avvallata dalla
giurisprudenza, un problema di compatibilità non si poteva porre,
dal momento che l'esenzione era riservata agli immobili non
destinati all'attività d'impresa, a diversa conclusione si deve
pervenire oggi, dopo l'interpretazione autentica fornita dal Dl n.
223/06.
Alla stregua di quest'ultima, infatti, l'agevolazione interessa
sicuramente anche immobili utilizzati per attività di impresa.
Peraltro, il requisito è stato strutturato in termini di non
esclusività dell'utilizzo del bene e non di prevalenza: sicché, è
sufficiente una, del tutto marginale, destinazione non d'impresa del
bene per ritenerlo soddisfatto. Vale poi considerare che gli enti
non commerciali possono pacificamente esercitare attività di
impresa, purché questa non sia prevalente: e le attività "sociali",
che debbono essere esercitate negli immobili, possono certamente
essere svolte in forma di impresa. Anzi, l'esperienza degli ultimi
venti anni del cosiddetto terzo settore dimostra come l'impresa sia
lo strumento privilegiato per le attività assistenziali, sanitarie,
didattiche, eccetera.
L'agevolazione, inoltre, si presenta come selettiva, se si considera
che sul "mercato sociale" operano altri soggetti (tra cui, imprese
individuali ma anche società ) che non possono accedere
all'agevolazione in questione.
I vantaggi degli enti ecclesiastici
Vi è poi un altro profilo da valutare, che interessa più
direttamente gli enti ecclesiastici. L'ente ecclesiastico è
considerato, fiscalmente, sempre e comunque non commerciale, in
quanto sottratto a quel giudizio di prevalenza dell'attività non
commerciale su quella commerciale, contemplata invece per tutti gli
altri soggetti. (3) Non solo, allora, gli enti ecclesiastici possono
esercitare attività d'impresa perseguendo finalità accessorie a
quelle di religione e di culto (si pensi alla gestione di case di
cura, strutture ospedaliere, attività editoriali e così via), ma è
anche possibile che tali attività risultino in
concreto "prevalenti", senza che ciò comporti una riqualificazione
degli enti stessi e la perdita dell'agevolazione.
La posizione degli enti ecclesiastici, di qualunque confessione,
risulta pertanto di ulteriore privilegio all'interno della normativa
agevolativa prevista per tutti gli enti privati non commerciali.
La questione delle Onlus
L'esenzione Ici, come attualmente configurata, non appare dunque
legittima alla luce del divieto di aiuti di Stato. Si potrebbe
invocare, a parziale giustificazione, la scarsa incidenza
dell'agevolazione sul mercato comunitario (4), ma non sembra
immediato. L'esperienza comunitaria è infatti rigorosa nel ritenere
sufficiente il mero rafforzamento della posizione dell'impresa
beneficiata rispetto all'inserimento sul mercato nazionale dei
concorrenti comunitari. (5)
Ma, a ben vedere, il problema dell'esenzione Ici è destinato a
impallidire rispetto a una questione che presto potrebbe interessare
gli organi comunitari: le agevolazioni Onlus. Un regime, questo, che
detassa completamente il reddito d'impresa realizzato da soggetti
che operano in settori di rilievo sociale.
Pesanti sono quindi le nuvole che vengono da Bruxelles e che muovono
verso la welfare society italiana. Ma sono nuvole cui non interessa
la natura laica o religiosa dei soggetti su cui si abbatteranno,
bensì solo la tutela del mercato e della parità concorrenziale.
Valori forse aridi, sterili e prosaici, ma che l'Italia ha scelto di
condividere con gli altri partner comunitari, al punto di accettare
una limitazione della propria sovranità , secondo la formula
dell'articolo 11 della Costituzione. E per la patria del diritto,
dura lex sed lex.
***
(1) Stando alle dichiarazioni del portavoce della Commissione
Europea riportate dalla stampa (mentre gli atti di richiesta di
informazioni al governo italiano, così come di risposta da parte di
quest'ultimo, non sono pubblici, allo stato attuale), le valutazioni
della Commissione riguardano anche l'agevolazione dell'art. 6 del
Dpr n. 601/73 (riduzione a metà dell'aliquota Ires) a enti non
commerciali, con personalità giuridica, che operino in determinati
settori di attività . Di questo aspetto non abbiamo voluto occuparci
in questa sede, per esigenze di brevità , ma le questioni che si
pongono presentano indubbie affinità con il tema affrontato.
(2) Cassazione n. 20776/05
(3) L'art. 149 del Tuir preclude all'Agenzia delle Entrate quello
che è invece possibile in via ordinaria: indagare sulla effettiva
natura, commerciale o meno, dell'attività dell'ente. Così, acquisita
la qualifica di ente ecclesiastico (che per alcuni enti è presunta,
mentre per altri è in funzione di un riscontro della natura
religiosa e di culto delle finalità perseguite, non incompatibile
peraltro con l'esercizio di attività diverse, anche commerciali),
che per legge equivale alla non commercialità , quest'ultima non può
essere messa in discussione.
(4) Argomentare, cioè, che una agevolazione concessa a un ente, che
non ha come attività prevalente quella di impresa (dovendo questa
essere marginale rispetto al fine principale non commerciale),
relativamente a un immobile non destinato esclusivamente
all'attività di impresa, abbia un impatto irrilevante in termini
di "distorsione" del mercato.
(5) CG C-102/87, punto 19. In ogni caso, "la Commissione è tenuta a
dimostrare non un'incidenza effettiva di questi aiuti sugli scambi
tra gli Stati membri e sulla concorrenza, ma se i detti aiuti siano
idonei a incidere su tali scambi" (CG C-298/00, punto 49).
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