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Chi ha paura del Tribuno (di Gianfranco Pasquino)
19.09.2007
La sequenza della più recente ventata di antipolitica, nonostante sia stata lunga, nervosa e accentuata, è stata colpevolmente trascurata dai politici, in special modo da quelli di governo.

Infatti, né Berlusconi né Bossi hanno molto da temere da chi, come Beppe Grillo, porta il suo messaggio, che ha fortissime componenti di critica partitica e di antipolitica, nel cuore della sinistra: la città di Bologna e la Festa dell'Unità. L'antipolitica di Berlusconi e Bossi affonda le sue radici in un altro pubblico e mira a bersagli già condivisi e interiorizzati dal suo pubblico.

Ossia: tutta la politica, in generale, contrapposta ai loro interessi personali, tutti i partiti della sinistra e, naturalmente, i politici di professione. E, nonostante, le tre o quattro legislature accumulate dalla maggioranza dei parlamentari di Forza Italia e della Lega, costoro riescono ancora a sfruttare il loro appello contro lo Stato, contro i suoi balzelli, che ci sono, e contro le sue leggi, farraginose e numerosissime, contro la burocrazia, composta anche da nullafacenti, contro la lottizzazione, pure da loro ampiamente praticata.

Quanto alla sequenza, tutto comincia con l'eccessivo trionfalismo di qualcuno nell'Unione per una vittoria elettorale tutto meno che trionfale. Continua con un indulto trasversale basato su motivazioni parecchio discutibili e su cifre alquanto ballerine. Passa attraverso una finanziaria molto cangiante, ma poco convincente. Culmina con la fulminea crisi di governo del febbraio 2007, risolta soltanto dalla competenza istituzionale del Presidente Napolitano.

Torna a manifestarsi con un balletto senza senso e senza contenuti sulla riforma della legge elettorale. Esplode con la pubblicazione del libro di Stella e Rizzo, La casta (sui privilegi dei politici), pur preceduto da Teodori, Soldi & partiti (1999) e da Salvi e Villone, Il costo della democrazia (2006), ma non seguito da nessun provvedimento concreto. Sarà anche vero che, come ha dichiarato, un po' troppo frettolosamente il presidente della Camera Fausto Bertinotti, l'antipolitica di Grillo colma «un vuoto della politica».

Da parte mia, ho sempre pensato che i vuoti della politica vanno individuati per tempo e colmati dalla politica stessa, per essere precisi dalla buona politica che è quella che sa depurarsi delle tossine che, anche una tutt'altro che buona società, continua ad iniettarle.

Troppo facile, adesso, sostenere, da un lato, che sarà la costruzione del Partito democratico a risolvere il problema con una bacchetta magica che nessuno ha ancora visto; dall'altro, che i partiti non possono essere attaccati tutti indiscriminatamente.

Ma se nessuno dei partiti reagisce discriminando il praticabile dal demagogico, allora la critica se la meritano tutti.

Tuttavia, Grillo e la stragrande maggioranza dei suoi compagni di blog, in piazza e davanti ai loro computer, attaccano, qualche volta aggrediscono, di preferenza, la sinistra, i partiti di sinistra, i politici di sinistra. Lo considero un omaggio, e tale deve effettivamente essere poiché la destra non colma nessun vuoto di politica. Anzi, approfondisce la voragine dell'antipolitica, praticamente senza rischi. Sono i politici di professione e, se vogliamo, per vocazione, che debbono avere il coraggio e l'intelligenza di dare subito risposte concrete. Altrimenti, si dovrà prendere atto che la politica è anche impotente.

Dunque, se ne può fare a meno, sostituendola con i «poteri forti» (ma ho dubbi sulla loro esistenza e sulla loro reale forza) oppure con demagoghi, che, alla fine della ballata, non fanno mai ridere se non a un prezzo sociale molto elevato. Tagliare subito i costi della politica, e anche i posti della politica: per esempio, una volta fatto il Pd, D'Alema e Rutelli dovrebbero rinunciare subito alla loro carica di Vice-Premier poiché i loro due partiti non esisteranno più e non avranno più bisogno di rappresentanza.

Riformare la legge elettorale, magari, se non si riesce a fare di meglio, cancellando con un tratto di penna la vigente legge porcata di Calderoli, per ritornare al pur imperfetto Mattarellum che aveva almeno il piccolo pregio di eleggere tre quarti dei parlamentari in collegi uninominali (con una clausola aggiuntiva: il requisito di residenza).

Infine, forse, consentendo una vera apertura delle liste per l'Assemblea Costituente collegate all'elezione diretta (per favore, non scrivete mai più primarie) del segretario del Pd e, dunque, accogliendo personale non politico che si guadagna il suo personale bollino blu non da investiture dall'alto, ma dalla capacità di ottenere consenso nella sua circoscrizione. In politica, e anche in antipolitica, i tempi contano.

Oramai sembra che per la debolezza della politica siano i Grillo- boys a dettare l'agenda. Tuttavia, quell'agenda la si può riscrivere, secondo le linee che ho esposto sopra. Ma l'attuazione di alcuni provvedimenti, d'altronde già preceduta da un'estenuante fase di gestazione, deve essere immediata.

Non credo che moriremo di antipolitica, essendoci sempre chi praticherà l'accanimento terapeutico su partiti languenti. Spero che alcuni partiti riacquistino la dignità perduta, non soltanto perché sono fatti da persone perbene (dopo avere escluso condannati e inquisiti), ma, in special modo perché saranno riusciti a ristrutturarsi attraendo persone competenti di ogni età e di entrambi i generi con percorsi professionali di tutto rilievo.

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Chi ha paura del Tribuno
Gianfranco Pasquino
su L'Unità, 18 settembre 2007

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