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Grillo alla festa dell'Unità non è stato un incidente
19.09.2007
Emanuele Macaluso da Il Riformista, 18 settembre 2007

Scorciatoie non ce ne sono e la strada della democrazia italiana è impervia, accidentata, in salita. Chi ha pensato al Pd come una scorciatoia avrà amare smentite dai fatti. Ma oggi, su questo tema, vorrei fare un discorso più generale. Parto da una dichiarazione di Andrea Camilleri, persona che stimo molto. Il quale, dopo un avvertimento mafioso al presidente degli industriali di Agrigento, ha riproposto «l'invio dell'esercito in Sicilia». E perché non in Calabria, in Campania, a Brindisi dove una banda di ragazzi estorceva con le torture denaro ad altri ragazzi? Caro Andrea, l'esercito italiano non è più fondato sulla leva, ma sul volontariato di mestiere, come i Carabinieri, i quali hanno le stellette come altri militari. Facciamo dell'esercito la quarta polizia? Alcuni sindaci volevano trasformare la polizia municipale in un altro corpo destinato a contrastare la criminalità.

L'Italia è il solo paese europeo che ha tante polizie il cui coordinamento è sempre difficile. La verità, caro Camilleri, è che né l'esercito, né la polizia, né i magistrati (strutture tutte necessarie) possono vincere la mafia se nei paesi, nelle città non ci sono forze sociali e politiche che non cedono ai ricatti mafiosi, e non si creano centri di aggregazione e di cultura antimafiosa. La decisione di Confindustria Sicilia di espellere gli imprenditori che pagano il pizzo è importante soprattutto come segnale. La lotta contro l'illegalità diffusa è un momento essenziale e va condotta soprattutto con i comportamenti di chi fa politica, di chi guida un sindacato, un'associazione, un giornale, una scuola, un ufficio pubblico o una parrocchia. È questo che manca e non c'è esercito che possa cambiarne il segno. La Confindustria ha fatto un passo. Occorre farne altri nel quadro di una battaglia politica, culturale, civile, contro la rassegnazione, il ripiegamento, le collusioni affaristiche che oggi intrecciano le amministrazioni locali, regionali e pezzi forti della burocrazia, al potere mafioso.

Non ci sono scorciatoie. E non ci sono nemmeno per i tanti che seguono il predicatore Grillo. Il quale considera il popolo un bue, incapace di discernere e votare per persone e partiti capaci e onesti, e si investe del ruolo di distributore di patenti per fare politica. Grillo non crede nei partiti, ma presenta liste elettorali come i partiti. Una storia vecchia come il cucco: fare politica predicando l'antipolitica, fare un partito predicando l'antipartitismo. Lo fece Guglielmo Giannini nel dopoguerra e recentemente l'hanno fatto Bossi, Berlusconi e Di Pietro.

Il comportamento dei leader che lavorano per il Pd rivela una confusione che è la cifra vera del loro agire. Negli anni '90 tuonavano contro la "partitocrazia"- spianando così la strada al Cavaliere - ma non sono riusciti a operare un rinnovamento tale da non essere catalogati solo come ex. Non solo, i loro comportamenti (parlo dei leder dei Ds e della Margherita) sono stati assimilati dal predicatore Grillo,al quale lisciavano il pelo,pensando che predicava un "giustizialismo di sinistra", a quelli della "Casta". Non è quindi un incidente il fatto che il comico sia stato invitato alla festa dell'Unità a Milano. Insomma, i leader ds replicano con stizza a chi, dall'interno del partito, critica comportamenti discutibili che coinvolgono dirigenti diessini, sono impotenti o opportunisti nel momento in cui occorre cambiare le cose e, al tempo stesso, sono incapaci di reagire politicamente alla campagna dei Grillo. Su questo piano l'associazione Ds-Margherita accentuerà la contraddizione. E non ci saranno scorciatoie per uscirne.

da www.ilriformista.it

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