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Venezia. Il film Le grain et le mulet non viene premiato
23.09.2007

DELUSIONE PER LA MANCATA ASSEGNAZIONE DEL LEONE D’ORO AL FESTIVAL D’’ARTE CINEMATOGRAFICA DI VENEZIA AL FILM " LE GRAIN ET LE MULET".Al film di Abdellatif Kechiche " Le grain et le mulet ", ossia il couscous al pesce, pubblico e critica avevano pronosticato l’assegnazione del Leone d’oro e non c’è davvero da stupirsi se il regista ha giudicato " modesto" il " Premio Speciale della Giuria " da condividere con " I’m not there " di Todd Haynes, premio dimezzato quest’anno per aggiustare i contrasti della Giuria. Meritatamente la luminosa ventenne Hafsia Herzi, parigina ma di madre algerina e di padre tunisino, ha ottenuto il " Premio M.Mastroianni – per un attore emergente " e il film ha vinto ben cinque premi collaterali indicativi di un ampio riconoscimento.

Il regista tunisino francesizzato era ben noto per la sua interiorità e profondità di pensiero rivelate nei due film " Tutta colpa di Voltaire " (2000) e nel pluripremiato " La schivata " (2004).

In " Le grain e le mulet " egli estende la rappresentazione del suo popolo, riuscendo a realizzare l’intento di base . " Volevo far emergere la quotidianità , la vitalità di una delle tante comunità francomagrebine contro i tanti luoghi comuni che marchiano i sei milioni di arabi che vivono in Francia. " Attore, oltre che regista, ha avuto la sensibilità di scegliere interpreti così sinceri e autentici nei loro ruoli che la finzione diventa realtà commovente, allegra, dolorosa come nella vita reale.

Quando la saga franco-magrebina è arrivata al 64. Festival del Cinema di Venezia lunedì 3 settembre 2007 ha ottenuto in sala lunghissimi applausi e la stampa di mercoledì 5 settembre scriveva che Kechiche aveva sbaragliato Rohmer, Branagh, De Palma e che il suo film aveva messo d’accordo tutti i critici ufficiali e quelli popolari come era emerso dalla classifica di " Ciak ", il foglio che ogni giorno viene stampato e distribuito al Festival come supplemento dell’omonima rivista, tanto che il film appariva in odore di Leone.

Slimane , il protagonista di sessantuno anni, è diviso dalla moglie e dalla sua numerosa famiglia e vive in una modesta pensione di proprietà dell’amante e di sua figlia.

La storia si svolge a Sète, vicino a Marsiglia. Slimane , lavoratore al porto, viene licenziato dopo aver rifiutato un impiego part-time. Stanco e depresso coltiva un ultimo desiderio: trasformare in ristorante una vecchia barca che ha acquistato per pochi soldi. La barca si chiama " La source " , ossia la fonte, è all'origine dei suoi sogni, e viene da lui individuata come il mezzo che gli permetterà di realizzare una grande iniziativa, di recuperare la sua dignità, di acquistare considerazione e rispetto nella società, di riscattare la sua famiglia, allontanando l'ain, il malocchio arabo. Il cibo che si offrirà nel suo ristorante sarà il couscous, così nella metafora della barca che non naviga più, ma che farà navigare la famiglia verso un futuro migliore perchè significa la speranza, si unisce l'orgoglio di offrire ai futuri clienti francesi il cibo tipico del proprio paese. Attorno a questo nucleo ideale si accorpa tutta la famiglia, che trova la ragione per superare conflitti, malumori e rancori, unita con entusiasmo nella realizzazione del progetto. Anzi le due famiglie, perchè Slimane, cui dà la maschera impassibile e scavata l'attore Habib Boufares, fanno capo moglie, figlie, figli, cognate, cognati e nipoti, ma anche l'amante e sua figlia e tutti esprimono nella festosa collaborazione la parte migliore di sé, la loro positività. Figura centrale è quella della madre Souad ( la simpaticissima Bouraouїa Marzouk). La “ grande madre “ , maestra riconosciuta da tutti per la preparazione di un trionfale couscous, che fin dalle prime sequenze del film riesce a riunire ed allietare tutti. Ma quando alla famiglia, tutta impegnata a servire gli ospiti nella serata inaugurale, si contrappongono i francesi increduli e altezzosi, le cose cambiano e il dramma del crollo va crescendo, perchè il figlio sconsiderato si allontana in macchina dimenticando di scaricare il pentolone di couscous preparato da sua madre.

La diffidenza degli invitati malevoli e l'incoscienza di un membro della famiglia distruggono il capolavoro di coesione creato dallo sfortunato capofamiglia, che si allontana dalla barca-ristorante per cercare tenacemente di recuperare il pentolone e invece verrà derubato del suo lento motorino da ragazzini mascalzoni che lo deridono.

Nella barca-ristorante intanto la figlia dell'amante, Rym ( Hafsia Herzi ) , per salvare la situazione si esibisce in una travolgente danza del ventre ( altra proposta di un valore arabo non certo presentata con significato di turismo, ma come segno di appartenenza ad un'alta cultura ) accompagnata dai suonatori arabi volontari e amici di famiglia, riuscendo ad affascinare gli ospiti che sbuffavano attendendo il couscous. L'orgoglio dei magrebini si esprime come seduzione e non come violenza ed essi dimostrano di saper compattarsi in nome degli affetti e del progresso della comunità. Lezione che sembra scordata nell'evoluta Europa: fiducia nella solidarietà e nelle proprie radici!

Chi ha criticato questo film per certe lunghezze non ne ha compreso il ritmo che appartiene ad uno stile di vita diverso dal nostro e che determina pranzi interminabili e goduti, litigi furiosi che poi si placano come fenomeni metereologici, gesti e sguardi espressivi e dilatati, un danza così importante che sembra non finire mai se non nel deliquio dei sensi.

E' un film straordinariamente bello, reale e non teorico sul tema delle enormi difficoltà dell'integrazione e dei drammi causati dalla globalizzazione, condotto con la naturalezza, la commozione e lo stupore di un racconto popolare.

Perciò ha stupito e deluso il verdetto della Giuria, che invece di consacrare col Leone d'oro un giovane e valente regista, confermando così la capacità di scoperta del Festival di Venezia, ha premiato a sorpresa e a distanza di soli due anni Ang Lee, regista cinese americano, autore di un elegante film di evasione.

Anna Paola Zugni-Tauro

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