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Cosa cambia per la famiglia del mio amico (Luciano Caon)
27.09.2007

Un articolo di Caon: Cosa cambia per la famiglia del mio amico...A milioni di persone e famiglie arrivano i primi risultati della ritrovata iniziativa sindacale unitaria. Non è la prima volta che un accordo sindacale è sottoposto a referendum tra i pensionati e lavoratori. Era già accaduto, ad esempio, con la riforma previdenziale 1995.

Tuttavia, è la prima volta che lavoratori e pensionati si dovranno pronunciare non su un singolo tema, per quanto complesso, come le pensioni, ma su un accordo che tocca molti e importanti aspetti della vita di milioni di persone.

Un accordo su molte materie, i cui singoli capitoli dovranno essere valutati tenendo conto del quadro d’insieme e delle priorità che l’accordo stesso ha indicato.

Se da una parte è inevitabile e giusto che nelle assemblee ci si soffermi sugli aspetti categoriali, dall’altra occorre fare emergere i contenuti confederali, tutti accomunati dal grande tema del lavoro e della solidarietà tra le generazioni.

Un accordo importante anche dal punto di vista economico in quanto ha caratteristiche tutte acquisitive.

Per giovani e anziani ci sono risorse nuove, mentre è stato respinto il tentativo di finanziare parte dell’accordo con l’aumento dell’età pensionabile delle donne e la riduzione dei coefficienti, soluzioni che avrebbero certamente peggiorato le condizioni di vita e la prospettiva previdenziale delle categorie più deboli.

E’ un accordo che entrerà in milioni di famiglie, dando valore ai percorsi lavorativi e affermando i diritti dei singoli componenti.

Prendiamo il caso di una famiglia composta di padre, madre, due figli e due nonni.

- Il padre ha 54 anni di età e 36 di contributi. Raggiunti i 40 anni di contributi, per effetto del ripristino delle quattro finestre di uscita, potrà andare in pensione subito e non dopo un anno come previsto dalla legge Maroni.

- La madre ha 52 anni e 24 di contributi. Secondo alcuni, in nome di una malintesa parità, la sua età per la pensione di vecchiaia doveva essere aumentata. La verità è che in questo modo si volevano recuperare risorse per finanziare la modifica dello scalone. Questo tentativo è stato respinto. Lei, una volta compiuti 60 anni, potrà andare in pensione e, al compimento del 64° anno, percepirà la 14^ mensilità.

- Il primo figlio ha 30 anni, è geometra, per quattro anni ha svolto la libera professione, versando i contributi alla cassa professionale, ora lavora alle dipendenze di una azienda.

L’accordo consente la piena totalizzazione dei contributi che prima era possibile a condizione che ogni singolo periodo superasse i sei anni e non si raggiungesse in nessuna gestione, il diritto a pensione.

- Il secondo figlio da 23 anni e frequenta l’università. Terminati gli studi potrà riscattare la laurea, anche se non ha iniziato a lavorare. Il riscatto potrà essere pagato in dieci anni, senza interessi. Oggi si paga in cinque anni e con gli interessi.

Tutti e due sanno che la previdenza pubblica, con questo accordo, è impegnata a garantire nel regime contributivo, specialmente nei confronti delle carriere lavorative discontinue, una pensione non inferiore al 60% della retribuzione.

- Il nonno ha 77 anni e, e dopo aver lavorato 35 anni (lavoro autonomo) percepisce una pensione di 520.00 euro.

- La nonna ha lavorato 25 anni (ex lavoratrice tessile) e la sua pensione è di 436,14 euro, con una quota a calcolo di 410,00 euro. Hanno la casa di proprietà.

Entrambi, a partire da quest’anno percepiranno una quattordicesima mensilità in misura corrispondente agli anni di lavoro prestati.

Per la prima volta non dovranno fare i conti con il reddito familiare, criterio che finora ha escluso molte donne da qualsiasi beneficio.

Quella descritta non è una situazione eccezionale. Sono milioni le famiglie che, per un verso o per l’altro sono interessate dall’accordo che certamente migliora la loro condizione attuale.

Certo, si deve fare di più. Questo è un primo passo, significativo e importante, per costruire uno stato sociale più moderno, attendo ai più deboli e ai nuovi bisogni. Un percorso che, per quanto ci riguarda, deve avere al centro la valorizzazione del lavoro, nelle varie forme e implicazioni, a partire, come prossimo obiettivo, dai redditi da pensione compresi da 700.00 a 1.300.00 euro mensili.

Il direttivo nazionale della CGIL ha approvato l’accordo e non ha nascosto l’insoddisfazione per alcuni punti che riguardano il mercato del lavoro.

Su questi aspetti c’è l’impegno dei sindacati, in primo luogo della CGIL, a proseguire l’iniziativa avendo come obiettivo il superamento della precarietà cui troppi giovani, pur di lavorare, devono sottostare.

Tuttavia, le perplessità, su alcuni punti nulla tolgono al valore dell’accordo che certamente migliora la condizione di vita e i diritti delle persone.

Da qui è possibile ripartire perché si aprono nuovi spazi per l’iniziativa sindacale, sapendo che per costruire un nuovo stato sociale occorre una forte tenuta dei valori confederali.

Luciano Caon, Segretario Nazionale SPI CGIL

fonte: spi-cgil roma

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