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Fassino: smettiamo di farci del male, occupiamoci della gente
28.09.2007
Intervista di Ninni Andriolo su l'Unità, 28 settembre 2007
Onorevole Fassino, crisi alle porte sulla Finanziaria?
«Le drammatizzazioni di queste ore sono eccessive. Siamo in una fase istruttoria di preparazione della legge di Bilancio ed è del tutto naturale che in una coalizione, composta da quattordici partiti in Parlamento e undici al governo, si sviluppi una discussione sulle priorità. La presentazione della Finanziaria è da sempre occasione di confronto fra le forze politiche che compongono la maggioranza di governo. È stato così anche in questi giorni, ed è stato così anche l'altra sera».

Mercoledì, però, la sinistra radicale ha chiesto che la manovra venga riscritta...
«Mercoledì sera i rappresentanti della cosiddetta sinistra radicale hanno sottolineato alcuni punti, che per loro sono prioritari. Il fatto che ci sia stata una discussione aperta ed esplicita, però, non significa che non sia possibile scrivere una Finanziaria in cui tutto il centrosinistra possa riconoscersi».

Fiducioso, quindi, nel lavoro di mediazione affidato a Prodi?
«Lo sforzo che è stato fatto dal Presidente Prodi e dal ministro Padoa Schioppa è quello di realizzare una sintesi da portare al Consiglio dei ministri. La riunione di oggi dell'esecutivo, però, rappresenterà un'ulteriore sede di confronto. Un luogo in cui potranno essere approfonditi quei capitoli sui quali, eventualmente, la sintesi proposta dal ministro non apparisse ancora soddisfacente. La Finanziaria, in ogni caso, non viene varata dal governo. La sede in cui, alla fine, si deve decidere è quella del Parlamento. Sarà lì che verranno definiti gli aggiustamenti e le integrazioni che si renderanno necessari».

Fino a dove potrà spingersi la mediazione di Prodi? Non si rischia di scoprire la coperta dalla parte del centro?
«Quello che non deve andare smarrito è che ci apprestiamo a presentare la nuova legge di bilancio in un quadro economico e di finanza pubblica molto diverso da quello di un anno fa. Nel 2006 presentammo una Finanziaria particolarmente onerosa e impegnativa, di oltre 30 miliardi di euro. E questo per far fronte alla pesante eredità lasciata da Tremonti. Un anno dopo stiamo per varare la Finanziaria in uno scenario del tutto diverso. Il deficit è sceso al 2,7%; il debito pubblico comincia a ridursi; la crescita economica si avvicina la 2%; c'è stato un forte recupero d'introito fiscale; le esportazioni sono in netta ripresa; il tasso di disoccupazione è il più basso degli ultimi trenta anni...».

Tutto questo non basta a creare armonia nella maggioranza. Come trovare la quadra tra Rifondazione e Dini?
«Le cifre dimostrano che questi 15 mesi di governo non sono passati invano. Governo e maggioranza, anzi, sono riusciti a superare l'emergenza di un anno fa, stabilizzare l'economia, rimettere in moto la ripresa. E tutto ciò è talmente vero che presentiamo una Finanziaria più leggera, molto diversa da quella dell'anno scorso. La manovra si pone tre obiettivi: continuare in una linea di risanamento dei conti pubblici; sostenere la ripresa economica; realizzare forme di redistribuzione sociale e di equità fiscale».

Il protocollo sul welfare ne sarà parte integrante?
«La Finanziaria includerà come sua parte integrante l'accordo sottoscritto da governo e sindacati su pensioni, lavoro e welfare. Ma prevederà, anche, una riduzione dell'Ici; agevolazioni fiscali sul fronte degli affitti; alleggerimenti del prelievo sulle imprese e misure a tutela delle fasce di reddito più basse. Una Finanziaria, quindi, che, da un lato, prosegue la nuova politica economica varata dal governo e, dall'altro, comincia a restituire agli italiani lo sforzo economico chiesto un anno fa».

La manovra non prevede nulla per ridurre i costi della politica?
«Al contrario. La Finanziaria dovrà porsi quell'obiettivo, realizzando i provvedimenti che mi sono sforzato di indicare: la riduzione del numero dei parlamentari e delle dimensioni dei consigli regionali, provinciali, comunali e delle giunte; il contenimento dei consigli d'amministrazione di enti pubblici entro le cinque unità; la revisione di tutto il sistema delle indennità per incarichi pubblici; la revisione del sistema dei rimborsi elettorali; l'eliminazione della garanzia a carico dello Stato per i mutui contratti dai partiti politici».

E i fondi per la sicurezza?
«In Italia c'è una percezione di insicurezza molto diffusa tra i cittadini. A questi vanno offerte rassicurazioni concrete. Attraverso misure di rafforzamento della presenza delle forze dell'ordine nel territorio; di repressione del crimine quando viene compiuto; di gestione ordinata del fenomeno dell'immigrazione; di lotta a tutte le forme di illegalità e marginalità, in modo da consentire a ciascuno di sentirsi più sicuro nella propria vita quotidiana. Servono, quindi, risorse finanziarie e umane. Nella Finanziaria, inoltre, è necessario dare una risposta adeguata al mondo dell'Università, della ricerca, dell'innovazione che non fu adeguatamente soddisfatto nella manovra dell'anno scorso. Ci sono le condizioni, oggi, per dotate le università delle risorse necessarie alla propria attività didattica e al rilancio di una efficace attività di ricerca».

Segretario, la sinistra radicale chiede la tassazione delle rendite finanziarie. Prodi non è d'accordo. Come se ne esce?
«La richiesta di innalzamento del prelievo fiscale sui titoli di Stato è del tutto inopportuna. Sappiamo benissimo che i mercati finanziari sono turbati dalle vicende delle società di mutuo americane. Sappiamo che in questi due anni il prelievo fiscale in Italia è stato sufficientemente alto, tanto che la maggioranza dei cittadini chiede un allentamento. Un provvedimento come quello che vorrebbe il Prc e gli altri partiti della sinistra radicale produrrebbe solo l'esito di spaventare i cittadini, di renderli più preoccupati sul valore dei propri redditi e sulla qualità della loro vita. Una misura di questo genere può essere discussa, perché sappiamo che l'aliquota unica sulle rendite finanziarie esiste in molti paesi europei. Ma certo questo è il momento meno opportuno per farlo».

Non pensa che il tema vero sia quello dei rapporti tra sinistra radicale e Pd? Il Prc parla di Partito democratico pigliatutto...
«Questa ansia, questa preoccupazione qualche volta angosciosa di Rifondazione o dei Comunisti italiani di dover manifestare a tutti i costi la loro esistenza, il loro ruolo, il loro peso, mi sembra francamente eccessiva. Perché in un governo di coalizione tutti sono indispensabili. E la sinistra radicale non può pretendere di dettare le sue posizioni alla maggioranza di centrosinistra. Deve tenere conto degli altri partiti. E viceversa, le altre forze politiche della maggioranza, a partire dall'Ulivo-Partito democratico, devono fare i conti con tutti gli alleati, Prc compresa. In un governo di coalizione non c'è uno che comanda e uno che obbedisce, c'è un sistema di alleanze in cui tutti hanno pari dignità. Ci si mette intorno a un tavolo, si ragiona, si discute e si costruiscono insieme le soluzioni. L'importante è partire dal Paese. Sapendo, però, che il problema non è quello di piantare bandiere e vessilli simbolici, quanto quello di fare una politica che corrisponda agli interessi della gente».

Intanto nella maggioranza c'è divisione tra riformisti e radicali...
«Non dividiamoci astrattamente tra riformisti e radicali. Questa distinzione molto spesso dice poco. Partiamo, al contrario, dalle domande e dalle esigenze della società italiana. È a iniziare da lì che dobbiamo insieme costruire le risposte. E io, anche guardando la riunione dell'altro ieri, sento il dovere di dire a me stesso come ai nostri alleati che ciascuno dei noi deve farsi carico delle aspettative che i cittadini hanno nei confronti del centrosinistra. E capire che ogni volta che il centrosinistra manifesta un dissidio, una divisione, un distinguo infondato e immotivato tutto questo trasferisce all'opinione pubblica un'immagine di fragilità che riduce il credito del governo e della maggioranza».

L'assenza di Mastella dal vertice dell'altro ieri non contribuisce a rasserenare il clima...
«Voglio esprimere solidarietà umana e politica a Clemente Mastella. Con Mastella, così come con qualsiasi altro esponente politico, si possono avere opinioni convergenti o dissensi. Ma non può mai venire meno il rispetto per l'uomo politico. Né l'amicizia nei confronti di un alleato che in questi anni è stato leale. Voglio dirlo anche a quei settori di sinistra che spesso hanno un'immagine di Mastella che non corrisponde alla realtà. Clemente è un uomo certamente estroverso, con un carattere qualche volta tempestoso. È uno che le cose non le cela e le dice anche con una certa rudezza. In tanti anni di vita politica, però, da Mastella un atto di slealtà non l'ho ricevuto mai. È un uomo che conduce la sua battaglia. Lo fa con le posizioni che sono proprie del suo movimento, copre uno spettro più centrista in un'alleanza di centrosinistra. E penso che meriti rispetto. Il linciaggio cui è stato sottoposto nei giorni scorsi, quindi, lo considero indecente».

I sondaggi darebbero il centrodestra al 56% e il centrosinistra al 42%. Percentuali spiegabili soltanto con l'effetto Grillo?
«Io non sottovaluto i sondaggi, ma quelli lontani dalle elezioni hanno un'attendibilità meno precisa. È vero, tuttavia, che in questa fase la politica è guardata da una parte dell'opinione pubblica con disagio, sospetto e diffidenza. Si scaricano sulla politica febbri e inquietudini che corrono sotto la pelle della società italiana. L'ansia che c'è in molte famiglie per il futuro dei figli, la preoccupazione per un reddito e un lavoro meno certi e sicuri di un tempo, la paura per la propria sicurezza individuale, il fastidio per un sistema fiscale percepito come troppo oneroso, l'indignazione verso i concorsi truccati all'università, gli appalti guidati, le assunzioni di favore che rappresentano la negazione del merito e della competenza».

E il centrosinistra quali risposte immediate è in grado di dare?
«Io penso che la politica debba avere l'intelligenza di non volgere lo sguardo altrove, di raccogliere questo stato di disagio e tradurlo in riforme. E anche di questo la Finanziaria dovrà farsi carico. Bisogna dare risposte. La diffidenza dei cittadini si riconquista se la buona politica scaccia la cattiva politica. Non è cavalcando l'antipolitica, ma dimostrando che della politica ci si può ancora fidare, che si rende un servizio al Paese».

Lei, nei giorni scorsi, è stato molto duro con Di Pietro...
«Penso che sia molto pericolosa la linea che sta perseguendo. Quella, cioè, di cavalcare l'antipolitica e di pensare di correre dietro a Grillo per ottenere un punto percentuale in più. Per ottenerlo Di Pietro rischia di produrre una crisi nella maggioranza di centrosinistra che può avere esiti catastrofici. E questo, invece, è il momento di trasmettere al Paese messaggi di coesione, di unità e di forza».

In realtà avviene l'esatto contrario guardando anche dalle parti della maggioranza...
«E bisogna invertire subito questa tendenza. Anche perché un'altra maggioranza non c'è, la Destra non è in grado di proporre un governo alternativo e io continuo a pensare che un esecutivo istituzionale sia molto difficile in una situazione complessa come quella italiana. L'unico governo che può guidare effettivamente il Paese, quindi, è quello di centrosinistra presieduto da Romano Prodi. Se guardiamo ai risultati, questi 15 mesi di governo sono stati molto positivi per l'Italia. Stiamo facendo tante cose di cui il Paese beneficia, ed è paradossale che siamo noi stessi, poi, a offrire agli italiani l'immagine di una coalizione debole, divisa, frammentata, che sembra sempre sull'orlo di una crisi di nervi. Ma tutto questo dipende da noi, dobbiamo smettere di farci male con le nostre mani. Dobbiamo lavorare tutti anche con il senso di una responsabilità collettiva e anche con l'orgoglio di essere capaci di guidare il Paese e tirarlo fuori dalle secche in cui l'avevano precipitato Berlusconi e Tremonti».

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