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Sardegna, rovinati dal miraggio del pomodoro
4.10.2007
Scritto da Maria Ferdinanda Piva martedì 02 ottobre 2007 su www.greenplanet.net

All'asta per insolvenza 5 mila aziende agricole sarde che hanno utilizzato finanziamenti agevolati regionali per convertirsi all'orticoltura. Sembra assurda e incredibile la storia delle 5 mila aziende agricole sarde che vengono messe all'asta perché soffocate dai debiti nati dai finanziamenti agevolati regionali: ragion per cui oggi, martedì, a Decimoputzu, in provincia di Cagliari, i contadini cominciano lo sciopero della fame. Una storia assurda e incredibile, ma l'addetto stampa regionale non la smentisce. "Chiami domani, non ho la documentazione sottomano, gli uffici a quest'ora sono chiusi". Allora non resta che farla raccontare da Riccardo Piras, uno dei 5 mila che rischiano di perdere casa e terreni. Ragiona il lire, come all'epoca in cui contrasse i debiti per modernizzare l'azienda spinto, dice, dai suggerimenti e dai mutui agevolati regionali, e ora si trova sulla gobba non sa più se due o tre miliardi da pagare.

Piras è coordinatore regionale di Altragricoltura Sardegna, un'associazione che si batte per un modello alternativo rispetto a quello del profitto e della massima produzione. E' anche uno dei cinque che siedono nel direttivo nazionale. La sua storia, come quella di tanti altri di contadini sardi - "siamo in 5 mila, tutti nella stessa situazione" - è iniziata quando correvano ancora gli Anni Ottanta. "La Regione concedeva finanziamenti agevolati per costruire serre e passare all'orticoltura intensiva. O fai così oppure non venirti poi a lamentare se andate a fondo tu e l'azienda, ci facevano capire - così egli ricostruisce quei fatti ormai lontani - La Regione dava il 50% del finanziamento a fondo perduto; per l'altra metà della somma bisognava fare un mutuo, ma la Regione contribuiva pagando una parte degli interessi", che allora erano alti, ricorda, "anche il 16% del capitale". Così, riferisce Piras, egli ha investito un miliardo di allora per 7 mila metri quadrati di serre in cui far crescere pomodori, cetrioli, peperoni e zucchine che adesso vende a 30-50 centesimi al chilo. Il vecchio debito, dati gli incassi, non è mai riuscito a pagarlo, "e ora ho perso il conto: non so più se la banca vuole l'equivalente di due miliardi o due e mezzo di lire".

Dunque il risultato di quegli investimenti sponsorizzati dalla Regione è stato letteralmente fallimentare. Le 5 mila aziende che si sono date all'orticoltura sono decisamente una minoranza rispetto alle 120 mila aziende agricole sarde, "ma rappresentano 1,5 milioni di metri quadrati del patrimonio serricolo regionale; la metà è a Decimoputzu", l'epicentro della crisi, un paesone di 4 mila anime in cui i contadini fanno lo sciopero della fame nell'aula del Consiglio comunale. "E comunque 5 mila aziende a conduzione familiare vogliono dire 20 mila persone: il più grosso problema nazionale dopo Parmalat - calcola Piras - Una patata bollente che nessuno vuole pelare".

Il risultato sono le aziende messe all'asta per insolvenza dei proprietari. "Basta sfogliare i giornali locali. Ogni giorno ci sono 5,6, 10 avvisi". Ma le aste, finora, sono andate deserte: "Quando sappiamo che qualcuno vuol comprare ci organizziamo e cerchiamo, diciamo, di sensibilizzare" E poi parole che mai si vorrebbero sentire: "Chi vuol entrare a casa mia uscirà coi piedi avanti".

Ma qual è il problema, Piras? Che ha sbagliato investimenti, che ha i debiti e ora non li vuol pagare?

"No, non ho detto questo. Affatto. Io, e tutti noi, siamo disposti a pagare. Vogliamo essere messi in condizione, questo sì, di pagare e ammortizzare, perché non siamo finiti per colpa nostra in questo disastro economico".

Ma com'è possibile che un finanziamento agevolato regionale porti la gente in rovina? Com'è possibile che, venti o trent'anni dopo, si ritrovi con case e terre mangiate dagli interessi e messe all'asta? "Non so, in questo momento non ho la possibilità di verificare", risponde Daniele Casale, addetto stampa dell'assessore regionale all'Agricoltura. Eppure sarebbe bello sentire l'altra campana... "Sentire le banche, vuole dire". Innanzitutto sentire la Regione, se è vero che in seguito ai finanziamenti regionali 5 mila aziende sono andate in rovina. E poi possibile, signor Casale, che su una faccenda così grave lei non sappia cosa dire? "Sono faccende che risalgono a molti anni addietro, non vorrei dare informazioni scorrette".

Dunque, niente da fare. Restano 5 mila aziende e 20 mila persone sul lastrico. Restano i contadini di Decimoputzu che fanno lo sciopero della fame. E sarebbe bello sapere quanti soldi pubblici sono stati spesi per metterli in quella condizione.

Fonte:
www.greenplanet.net

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