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Un argine all'antipolitica (di Romano Prodi) |
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10.10.2007
Non so se dodici anni siano tanti o pochi per realizzare, anche solo
in parte, una grande speranza. Devo confessare che neppure mi
interessa molto saperlo. Perché la nascita del Partito democratico è
un evento di portata storica per l'Italia. E la storia ha tempi suoi
che sarebbe inutile forzare o rallentare.
Quando mi guardo indietro e ripenso ai giorni della nascita
dell'Ulivo, in quel momento, avverto tutta la forza e il valore di
questo evento che noi abbiamo voluto chiamare Partito democratico. E
sento tutto il peso di quella vicenda. Perché la nascita oggi del
nuovo partito, ha comportato anche una grande fatica.
Le grandi innovazioni sono spesso circondate da scetticismo perché,
in effetti, non sono mai prive di un pizzico di follia e chi si
avvia tra i primi sul cammino dell'innovazione è naturalmente
destinato a sentirsi solo. Ma ha, dalla sua, la forza straordinaria
che gli deriva del sapere che l'innovazione è un'esigenza imposta
dai tempi ed è l'unica risposta possibile a sfide nuove.
In un periodo concitato e difficile per il centro sinistra italiano,
come i primi anni Novanta ('94-'95), furono però in tanti a capire
ben presto che l'Ulivo - pianta mediterranea, molto radicata, con
radici complesse e tronco contorto - era la risposta alla nuova
sfida che la profonda crisi politica italiana poneva al sistema.
Ricordo queste cose non per nostalgia ma per far rivivere in noi
stessi l'orgoglio e l'entusiasmo che hanno accompagnato un cammino
lungo dodici anni. Un periodo durante il quale abbiamo saputo
superare la fatica, le difficoltà , le tensioni e le divisioni anche
al nostro interno (e sono, lo sapete, le più pericolose oltre che le
più dolorose).
Lo ricordo per ribadire che il Partito democratico è cresciuto sulle
radici dell'Ulivo.
Oggi non dobbiamo dimenticare che per anni non abbiamo trovato
neppure il coraggio di parlare di nascita di un nuovo partito, tanto
sembrava azzardato e utopico e abbiamo fatto riferimento al Pd come
una «cosa», indistinta, indicibile.
Anche questo lo dico non per riaprire contenziosi ma per ribadire
che il coraggio della novità , perfino l'azzardo, a volte ripaga
enormemente di più che non la conservazione prudente di quel che c'è
da sempre.
Ora il lungo cammino è compiuto!
Il Partito democratico è ormai una realtà . In esso si mescolano
insieme culture un tempo lontane e distinte, in esso si rimarginano -
come ho avuto già modo di dire - divisioni e ferite antiche di un
secolo. In esso hanno trovato sintesi le tradizioni che hanno fatto
nascere e crescere la nostra democrazia. Alla sua nascita e alla sua
vita parteciperanno in modo trasparente e paritario donne e uomini
così da concorrere e contribuire alla realizzazione di una
democrazia governante più matura e più moderna. Noi abbiamo voluto
un partito democratico davvero, cioè restituito ai cittadini che
oggi ne festeggiano la nascita e che domani vorranno partecipare
alla sua vita per «concorrere con metodo democratico a determinare
la politica nazionale» (art. 49 Costituzione). Noi abbiamo voluto un
partito vero, disciplinato da regole e che si configuri come
organismo collettivo. Tutto il contrario di partiti oligarchici o
personali. Abbiamo voluto un partito grande, a vocazione generale e
con cultura di governo e proprio per questo in grado di respingere
l'antipolitica, uno dei più gravi rischi che il sistema democratico
può correre. Un partito che faccia l'Italia più forte, più giusta e,
dunque, più coesa. Noi abbiamo voluto il Partito democratico: oggi è
un patrimonio di tutti gli italiani.
Articolo tratto dalla rivista «Pd», bimestrale in uscita con l'Unità e Europa, in edicola dal 12 ottobre
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