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La coscienza laica di Scoppola (A.V. Gelormini)
28.10.2007
Se il Partito Comunista Italiano ebbe Antonio Gramsci e la Democrazia Cristiana, invece, Alcide De Gasperi come icone ispiratrici dei rispettivi percorsi politici e quali gigantografie, magari ingiallite, da far campeggiare sui muri scrostati delle migliaia di sezioni di partito, sparse per l’Italia intera, il nascente Partito Democratico non potrà che identificarsi nella nobile figura di Pietro Scoppola.

Tra i primi ad indicare il percorso del Partito Democratico, quale naturale approdo del processo evolutivo dell’esperienza dell’Ulivo, è stato l’instancabile protagonista di tutte le fasi cruciali del progetto. Fino a “mollare gli ormeggi”, a due giorni dal varo del partito nuovo. Quasi come a sancire la fine del proprio lavoro di preparazione, con il passaggio di consegne a un regista fidato e ai nuovi attori di una sceneggiatura innovativa, da realizzare sulla scena politica italiana

Anche se la lucidità di analisi, conservata fino alla fine, e l’onestà intellettuale che l’ha sempre contraddistinta, non gli hanno fatto nascondere come il sistema da innovare nasca nelle intenzioni a forte impronta bipolare, ma nella realtà resti ancora incompiuto. Tesi che emerge con forza nella raccolta di suoi scritti, La coscienza e il potere, edito da Laterza solo qualche giorno fa.

Dove traspare, anche, forse l’unico grande rammarico dello storico cattolico, dalla coscienza laica. L’eterna transizione vissuta dal nostro Paese. In cui, miti antichi e rinnovate forme di trasformismo ostacolano la modernizzazione della democrazia. Un fatto di povertà culturale, che impedisce di fare il saldo col proprio passato. Un passato, secondo Scoppola, che: “non va rinnegato in modo semplicistico e liquidatorio, ma compreso criticamente per tutti gli aspetti e le conseguenze di lungo periodo, che gli eventi storici comportano sempre”.

Uno storico a cui spesso la politica ha fatto ricorso, soprattutto nei momenti più complessi. Un cattolico profondamente convinto del valore positivo della laicità. Tanto da far sembrare talvolta “solitarie” posizioni di autentica autonomia intellettuale. Forse anche per questo Paolo VI, che lo stimava moltissimo, ne definì il profilo di “cattolico a modo suo”. Allorquando anche Eugenio Scalfari, nel suo editoriale di Addio a Scppola, ricorda: “L’introduzione nell’abbinamento tra verità rivelata e verità assoluta di un terzo elemento, quello del rapporto del credente con Dio, non necessariamente intermediato dalla Chiesa”.

Nell’assumerlo tra i Padri spirituali del Partito Democratico, per la sua costante valorizzazione dei contributi della tradizione cattolica alla libertà e alla democrazia moderna, il più grande omaggio che potremo tributargli sarà quello di animare il partito nuovo con quelle energie morali e quelle tensioni etiche, che per Pietro Scoppola sono sempre state i motori della storia.

gelormini@katamail.com

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