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Bersani: «Io dico che il Pd deve essere un partito vero»
5.11.2007
«Noi abbiamo detto che vogliamo fare un partito nuovo, e queste sono due parole: partito e nuovo. Bisogna essere fedeli a entrambe». In un\'intervista a l\'Unità.

Pierluigi Bersani ribadisce la sua posizione nel dibattito sul Pd: «Un partito senza tessere vuol dire un partito in cui contano soltanto alcune tessere, punto e basta».

Pier Luigi Bersani sta per partire per un viaggio che lo porterà in Romania e Bulgaria. Anticipa il ministro per lo Sviluppo economico: «Diremo che la profondità dei rapporti economici che abbiamo con loro potrà continuare e anche migliorare se c\'è una corresponsabilità molto forte su aspetti che riguardano i temi della legalità, della sicurezza, dei flussi. Io credo che il governo rumeno vorrà ritenere un suo problema questo nostro problema». Ma c\'è anche un\'altra partenza a cui Bersani guarda con attenzione, quella del Partito democratico. «Noi abbiamo detto che vogliamo fare un partito nuovo, e queste sono due parole: partito e nuovo. Bisogna essere fedeli a entrambe».

Ancora preoccupato che il Pd possa essere un \"partito liquido\", ministro Bersani?
«Ho denunciato il rischio del partito liquido non per nostalgia o per passatismo, ma con l\'idea che l\'innovazione che dobbiamo fare deve avere basi credibili ed efficaci».

Cos\'è che la preoccupa?
«Ho denunciato quel rischio per tre motivi fondamentali. Primo, perché in un\'epoca di dissociazione non solo tra politica e società ma anche dentro la stessa società, non bisogna dimenticare che c\'è una responsabilità della politica nella coesione e anche nella costruzione di una cittadinanza comune. E un partito liquido sarebbe un prodotto di questa dissociazione, non una contromisura. Secondo, un partito liquido finirebbe per ridurre un punto di forza che potenzialmente abbiamo, che è quello della partecipazione. Essere davvero ogni giorno in ogni luogo per noi può essere un vantaggio strategico. E il nostro radicamento deve svilupparsi, non ridursi».

Un partito senza tessere lo farebbe ridurre?
«Un partito senza tessere vuol dire un partito in cui contano soltanto alcune tessere, punto e basta. Ma non è solo questo, perché c\'è anche un terzo motivo dietro la mia denuncia: un partito liquido finirebbe per ridurre l\'ambizione che dobbiamo avere di dire qualcosa di utile alle forze progressiste europee. Quando invece noi possiamo aiutare con la nostra esperienza un\'evoluzione dei partiti progressisti europei. Un campo che noi possiamo contribuire a far evolvere e che non dobbiamo abbandonare».

Lei ha detto a cosa porterebbe un partito liquido, ma qual è la definizione di partito liquido?
«Un partito che sottovaluta l\'esigenza di avere un principio di adesione e un\'organizzazione, che non sia identitaria o chiusa, ma che sia invece la sala macchine della partecipazione e anche il cervello di costruzione delle proposte politiche».

E invece, come dovrebbe essere secondo lei il Pd?
«Un partito di chi partecipa e di chi aderisce, nel quale chi aderisce si prende qualche responsabilità in più. Sono convinto che noi dobbiamo assolutamente fare qualcosa di veramente nuovo, dobbiamo usare le primarie largamente, avere un\'organizzazione capace di collegarsi con livelli associativi, con dei forum, con delle adesioni collettive. Penso anche a un partito che nei percorsi congressuali sappia attivare un dialogo con l\'esterno, con i cittadini, che abbia dei meccanismi fuori-dentro e che quindi produca una selezione di gruppi dirigenti scegliendo quelli che sono più capaci di interpretare quello che c\'è fuori, non solo quello che c\'è dentro».

Cosa richiede un partito del genere?
«Uno statuto che descriva questi meccanismi e un\'organizzazione di volontari della politica che siano rintracciabili tutti i giorni, in tutti i luoghi».

La commissione per lo statuto presto si metterà al lavoro.
«Sarà il luogo di progettazione di questo partito nuovo, ma penso anche, visto che abbiamo convocato le assemblee regionali e quelle territoriali, che la stessa commissione statuto debba ricevere impulsi, suggerimenti, idee da queste assemblee. E anche che le proposte possano trovare un momento di discussione più larga nel paese, perché siamo di fronte a un passaggio assolutamente cruciale».

Perché cruciale?
«Perché adesso è il momento di mettere radici. Le prime decisioni prese da Veltroni insieme ai segretari regionali sono positive, perché ci danno la possibilità di insediare subito sui territori una prima forma di organizzazione. Ora si può lavorare a un allargamento delle platee provinciali, che potranno essere composte quindi non solo dagli eletti alla costituente di ogni provincia ma anche da eletti dalle assemblee di base. Questo ci consente di avere una struttura già abbastanza radicata».

È stato deciso un percorso del genere?
«Non è tutto deciso, ma lo considero un percorso possibile. Quando dico che adesso è il momento di mettere le radici, intendo dire che le scansioni decise vanno interpretate in senso pienamente democratico: allarghiamo le assemblee provinciali agli eletti dalla base, costruiamo subito le unità di base con dei coordinatori, facciamo in modo che le assemblee provinciali e regionali possano dire qualcosa in termini propositivi sulle decisioni che verranno prese dalla commissione statuto e dall\'assemblea costituente».

Quali dovrebbero essere secondo lei i punti cardine dello statuto?
«Quelli su cui si fonda quel dentro-fuori che dicevo. Lo statuto secondo me dovrebbe dire in quali circostanze l\'organizzazione indice le primarie, fissandone i criteri. Dovrebbe decidere che gli appuntamenti congressuali devono vivere anche di partecipazione esterna al partito, fissare la possibilità di adesioni anche collettive, stabilire quali sono i diritti essenziali degli aderenti in termini prima di tutto di partecipazione alle decisioni politiche e fissare gli equilibri dell\'assetto federale del partito. Io credo inoltre che la vita del Pd dovrà organizzarsi per confronto politico, e che non potranno esserci nomine o elezioni a prescindere da piattaforme di tipo politico-programmatico».

Il congresso va fatto in tempi brevi?
«Intanto, è molto importante che fino al livello provinciale insediamo comunque platee e coordinatori che costituiscono già un radicamento sul territorio. Dopodiché io penso che, naturalmente con i tempi della politica, la decisione sullo statuto dovrà indicare anche nella sua prima applicazione un percorso di tipo congressuale. E credo che lì e solo lì possa capirsi come potrà articolarsi il pluralismo di questo partito».

Che intende dire?
«In questa fase costituente è giusto rimuovere ogni pratica correntizia. Dobbiamo lavorare tutti, ciascuno con le proprie idee, per mettere in piedi un partito davvero nuovo e bisogna guardarsi da eventuali logiche di posizionamento. Dopodiché, costruita la struttura del partito, dispiegato con chiarezza il percorso e la prima attuazione dello statuto, ci sarà naturalmente tutta la possibilità di determinare su basi politiche e programmatiche tutto il pluralismo che sarà utile e necessario».

Un\'anticipazione?
«Quello che ho in testa io è un nuovo, grande partito di una sinistra democratica. Anzi, se devo dire la cosa che finora mi ha lasciato un po\' perplesso è che la parola sinistra l\'ho sentita raramente e solo per dire cosa ha sbagliato fin qui. E invece credo che la parola sinistra deve essere riempita di contenuti nuovi, che debba essere coraggiosamente reinterpretata ma non abbandonata. In quella parola c\'è una chiave fondamentale di valori che può spingere in avanti il nostro progetto per la società italiana».

l\'Unità, 4 novembre 2007
Intervista curata da Simone Collini

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