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Enzo Biagi, la scomparsa di un uomo degno
6.11.2007
Se n'é andato Enzo Biagi. Moltissimi sono i ricordi che leggeremo in questi giorni sulla sua vita, la sua esperienza, la sua figura.

Noi vogliamo limitarci a proporre uno scorcio, un brandello della sua vita. Piccolo, ma molto significativo. Pubblichiamo il testo di una delle lettere che Enzo Biagi inviò al direttore RAI, Saccà, durante la sua "scomparsa mediatica".

“Caro direttore, ti ringrazio della lettera e dei pensieri affettuosi che contraccambio, ma devo rinnovarti il senso del mio disagio.
Da 41 anni faccio il giornalista in Rai: ho cominciato come direttore del Tg e ho continuato con programmi annuali; l’ultimo - il Fatto - è stato trasmesso per 8 stagioni di seguito.
Confermo che mi sento legato profondamente alla Rai, anche per motivi di gratitudine, ma sempre nel rispetto della mi dignità professionale ed umana. L’ultima edizione del fatto, dati incontrovertibili, su 168 puntate per 111 sere è stato il programma più visto delle tre reti.
Riconosco al direttore di Rai1 il diritto di cambiare palinsesto con l’intenzione di battere Striscia la Notizia, ma in quell’incontro – che ormai è diventato famoso- mi fu prospettato il proposito aziendale di una trasmissione unica e omogenea che avrebbe riempito lo spazio tra Tg1 e prima serata.
Mi risulta invece che ieri sera sono andati in onda ben 4 spezzoni diversi.
Ho letto che Rai3 è disponibile a programmare "Il fatto", ma si opporrebbero problemi economici.
Glieli risolvo subito: io sono pronto a rinunciare alle clausole finanziarie del mio contratto, che non risulta certo tra i più onerosi (anche nel mio settore) e desidero che diate anche a me il compenso che tocca all’ultimo giornalista assunto (senza raccomandazioni), da spedire però ogni mese a don Giacomo Stagni, parroco di Vidiciatico (Bo), che in un istituto ricovera i vecchi delle mie parti che non hanno nessuno.
Sono a disposizione se il mio lavoro può ancora servire. Auguri e molti cordiali saluti da Enzo Biagi”.


Enzo Biagi offrì addirittura di lavorare gratis, con questa lettera che è un “capolavoro di ironia”.

E un bell’esempio di dignità, che può aiutarci a capire l'uomo e rafforza il sentimento di rimpianto e malinconia che proviamo per la sua scomparsa.

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