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Bettini: lascio Palazzo Madama, lavorerò solo per il Pd
9.11.2007
Bettini, lei ha annunciato le sue dimissioni da senatore in una lettera a Franco Marini. Perché mai questa decisione?
«Io ho cercato di fare il senatore come lo so fare, con assiduità e dignità, ma le novità politiche mi hanno fatto capire che non potrei più ricoprire quell'incarico. Se io non riesco a compiere bene e attivamente il mio compito, preferisco rinunciare, poiché ho un ruolo culturale, alla Festa del cinema di Roma, e un nuovo ruolo politico, nel Partito Democratico».

E' una finta, Bettini, o vuol far credere che per lavorare al Pd lei lascia lo scranno di palazzo Madama?
«E' una scelta esistenziale di sobrietà e serietà, poi la prenda come vuole, sappia soltanto che chiederò anche all'opposizione di votare a favore delle mie dimissioni. E c'è anche un altro motivo che mi spinge a questa scelta».

Ossia?
«Parliamo tanto del bisogno di rinnovare la politica, bene, facciamo entrare altra gente che non ha avuto esperienza parlamentare».

Ma quale sarebbe il nuovo impegno che la coinvolgerà così tanto?
«Dovrò impegnarmi nella fase costituente del partito».

Non la dica in politichese, Bettini.
«Credo che Veltroni e Franceschini abbiano intenzione di affidarmi un ruolo legato alla costruzione del partito in questa fase costituente».

Va bene, lei per modestia non vuole dire il vero, cioè che le toccherà costruire dal nulla questo Pd. Lei si dimette, però Veltroni continuerà a fare il sindaco di Roma e il segretario del Pd.
«Per mio carattere io riesco difficilmente a fare più cose contemporaneamente, invece Walter ci riesce. Comunque verrò sostituito da un collega di grande esperienza: Pietro Larizza. E comunque se proprio debbo dire la verità è questa sfida così difficile che mi attira».

Verità per verità, allora, erano proprio necessarie queste dimissioni?
«Verità per verità: forse troppo generosamente vengo ritenuto indispensabile per questo nuovo incarico. E comunque il Pd dovrebbe spingere per una rotazione più veloce dei ruoli ed è esattamente quel che sto facendo io. E mi piacerebbe che chi ha una responsabilità come la mia avesse la stessa coerenza».

Dovrebbe dirlo a Veltroni.
«No: lo dico all'opposizione che maliziosamente mette in mezzo il sindaco per un eccessivo cumulo di cariche. Vogliamo dirci la verità? Roma ha guadagnato da questo suo doppio ruolo di sindaco e segretario. Si è visto sul pacchetto per la sicurezza sollecitato proprio da Walter. Fini e Casini hanno solo suscitato dei polveroni. Veltroni è stato chiamato a cambiare la politica italiana, ha cercato di sottrarsi a questa avventura ma non gli è stato possibile per la pressione dell'opinione pubblica».

Tornando al suo ruolo, Bettini, lei è il coordinatore di un partito che non si sa che cos'è e cosa sarà.
«E' vero, siamo su un terreno inedito. Dobbiamo liberarci dall'asfissia della burocrazia partitica del passato ma nello stesso tempo organizzarci, però tenendo sempre presente lo spirito con cui abbiamo portato avanti le primarie».

A sproposito: lei si dimette da senatore: significa che Prodi sta per cadere e con lui la legislatura?
«Significa che voglio spendermi per il Pd».

E allora a proposito di Pd, la si può dire tutta? E cioè che lei avrebbe dovuto guidare i coordinatori regionali del partito ma loro si sono ribellati.
«Questa è stata un'ipotesi in campo ma ho avuto subito la sensazione che avrebbe certificato uno status che a un segretario regionale, che viene eletto direttamente dal popolo delle primarie, non sarebbe piaciuto. Per questo ho preferito prendere un'altra via».

Lei tesse le lodi del Pd ogni due per tre, ma vorrà ammettere che da quando è nato questo partito e da quando Veltroni ne è il leader qualche problema con il governo c'è?
«In realtà il clima è molto migliorato. Anzi, le dirò che da quando è entrato in campo il Pd per il governo sta andando tutto meglio, anche sulla finanziaria che comunque sarà una battaglia che io porterò avanti fino alla fine per lasciare subito dopo. Se vinceremo questa battaglia come io credo si aprirà una fase nuova per le riforme istituzionali elettorali».

Riforma elettorale: ne volete una che non vi costringa più all'alleanza con il Prc?
«Noi abbiamo un governo e un programma per questa legislatura. E ora si va avanti così. Dopodiché è chiaro che, quando verrà il tempo, il Pd porrà in termini un po' diversi la questione delle alleanze. Di certo non accadrà più che il Partito Democratico deciderà le coalizioni in base a un programma di 283 pagine. Ciò ha comportato che nessuno si prendesse le proprie responsabilità. Il Pd non si definirà per le alleanze che sceglierà, semmai sceglierà con chi andare in base a una linea politica. E comunque noi manterremo il nostro profilo autonomo».

In parole povere vuol dire che il Pd potrà non allearsi con Rifondazione comunista?
«Ripeto: ci alleeremo in base ai programmi e alla linea politica non per fare una coalizione contro qualcuno».

Senatore, in questo periodo lei ha anche scritto un libro "A chiare lettere", un carteggio con Pietro Ingrao.
«Un libro che riflette più i dubbi che le certezze di questa enorme fatica che è fare politica».
«Vale per tutta la politica».

http//:www.dsonline.it/gw/producer/dettaglio.aspx?ID_DOC=43766/

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