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Non è tempo del partito unico riformista, intervista a E. Letta
25.07.2003

Enrico Letta ritiene che D’Alema e Prodi nelle loro interviste si muovano sul filo di «una comune spinta ulivista»: «Il cantiere dell’Ulivo si è aperto. Ne sono felice. Finalmente cominciamo a discutere. Siamo agli inizi. In autunno, in una convenzione dell’Ulivo, dovremo assumere decisioni vincolanti». Ma l’operazione che prospetta D’Alema, di una confluenza nel polo socialista riformista europeo, lo vede contrario: «L’operazione ha senso se in Europa stiamo fuori dalla case esistenti».

D’Alema dice che niente la divide da lui sul piano dell’analisi e della proposta politica. Come interpreta questa affermazione?

«Mi fa piacere. D’altronde sono anni che condividiamo un percorso. Siamo stati al governo insieme, ora siamo insieme all’opposizione. È un rapporto di alleanza consolidato».

Anche lei vede in prospettiva un grande partito di centrosinistra guidato da Prodi? È questo il progetto di Prodi che D’Alema definisce ineluttabile?

«Non so cosa sarà fra dieci anni. Mi piacerebbe che si potessero confrontare democratici e conservatori, nella chiarezza e senza trasformismi. Oggi però siamo ancora in una fase di transizione lenta nella quale occorre affrontare i due passaggi delle europee e delle politiche. Credo che in questa fase abbia ancora un senso il doppio livello dell’Ulivo: quello della coalizione e quello delle varie anime che la compongono, che hanno radici e storie diverse. Aver costruito la Margherita è stata una positiva impresa di sintesi. Ma la Margherita è una formazione autonoma dentro l’Ulivo. E per altro l’Ulivo in questi anni è rimasto sullo sfondo. Ogni forza si è piuttosto concentrata sulla organizzazione e sul radicamento proprio. Di qui dobbiamo ripartire. Perché la nostra scommessa di vincere si basa sull’unità della coalizione».

È ineluttabile anche la confluenza di questa area riformista all’interno di un rinnovato polo socialista europeo?

«Ecco, io non ritengo invece ineluttabile la confluenza in un’unica casa socialista riformata. Sinceramente non credo che i partiti europei funzionino e che basti un semplice allargamento: è vero che il Ppe è snaturato (ci ho vissuto cinque anni dal ‘90 al ‘95) e non è più una casa, con Berlusconi e Aznar, ma il partito socialista europeo ha senso per coloro che ne fanno parte da sempre. Il rischio è che noi finiremmo per essere ospiti graditi ma pur sempre ospiti in casa altrui. Preferisco ragionare su ipotesi di cambiamenti degli assetti europei e di costruzione di nuovi soggetti europei».

Un polo socialista europeo riformato non è una ipotesi percorribile?

«Lo potrebbe essere se anche in Germania, Francia e Spagna ci fosse una formazione simile all’Ulivo. Invece i partiti socialisti in questi paesi sono molto classici. L’Ulivo è una esperienza originale che c’è solo in Italia. Si deve lavorare per costruire nuovi soggetti a livello europeo e contribuire al cambiamento. Innanzitutto si deve rompere l’asse che si è creato nell’ultima legislatura fra Eldr, liberali e popolari e che ha emarginato i socialisti. Occorre andare oltre le famiglie tradizionali».

Lei parla di doppio livello dell’Ulivo. Nell’immediato pensa dunque a una alleanza che rimane plurale?

«La casa è l’Ulivo. Nella casa ognuno ha il suo appartamento. Questo è anche dovuto alla legge elettorale maggioritaria con correzione proporzionale. È vero però che dovremmo lavorare di più sull’Ulivo per poter superare questo stato di fatto. Prodi dovrà guidare l’Ulivo e essere l’alternativa a Berlusconi alle prossime politiche».

L’Ulivo plurale come lo conosciamo adesso, che confluisce su un programma, oppure qualcosa di più strutturato e anche meno esteso ma più coeso sul versante riformista?

«Prodi deve guidare l’Ulivo plurale, l’Ulivo più grande possibile. Sono convinto che i partiti piccoli si renderanno conto che è molto meglio fare parte di un progetto unitario piuttosto che coltivare piccole identità».

La proposta di Prodi di una lista unica alle europee pone oggettivamente dei problemi. È difficile pensare a una lista unica con Verdi, Pdci, Udeur che hanno già detto di non essere disponibili...

«La proposta di Prodi parte dall’Europa. Attenzione, dice Prodi, l’Europa è diventata il centro del dibattito politico. Per la prima volta alle prossime elezioni europee si parla di Europa e non di fatti nazionali. Se è così, in Italia e in Europa dobbiamo proporre agli elettori uno schema semplice da capire: vuoi l’Europa di Prodi e dell’Ulivo, comunitaria, federalista, o quella di Berlusconi di Tremonti e della Lega, cioé quella del ritorno degli stati nazionali? Prodi invita l’Ulivo a elaborare un programma comune per l’Europa...»

Ma su questo tutti sono d’accordo. È sull’idea delle liste uniche che nascono le divergenze.

«L’elemento forte della proposta di Prodi è proprio non tanto un generico richiamo a un programma comune, ma l’offerta all’elettore di un unico simbolo elettorale. È questa la sfida da raccogliere. Non si tratta di ingegneria elettorale, occorrono volontà politiche. Cinque mesi fa io avevo proposto per le elezioni europee di inserire la parola Ulivo nei simboli dei partiti. Oggi mi affascina l’idea di Prodi perché l’Europa in questi mesi è diventata un punto centrale anche nella politica italiana».

Resta il fatto che le liste uniche con tutte le forze dell’Ulivo non sono possibili...

«Bisogna fare di tutto per convincere chi non ci sta. Ma l’intervista di D’Alema, a parere mio, dimostra che si è finalmente aperto il cantiere dell’Ulivo. In questi due anni ci siamo lambiccati su formule organizzative e non abbiamo fatto l’Ulivo. Le interviste di Prodi e di D’Alema hanno avuto il grande merito di aprire il cantiere».

Chiedo scusa, ma insisto: quale Ulivo? D’Alema dice che dietro la lista unica proposta da Prodi c’è un progetto politico ambizioso, la creazione di un Ulivo-partito di centrosinistra da costruire con le forze che ci stanno.

«È una proposta interessante. Fa parte di questo cantiere. È una evoluzione utile del discorso aperto da Prodi. Aggiungo però che l’obiettivo finale non è quello di andare tutti nel Pse».

Si obietta che una lista unica di superiformisti non farebbe vincere il centrosinistra alle europee.

«Girando in questi mesi fra varie manifestazioni su una cosa ognuno di noi è sicuro di prendere l’applauso, quando parla di unità dell’Ulivo: ricordiamoci che il virus della competizione non è debellato ed è quel virus che nella scorsa legislatura ha regalato l’Italia a Berlusconi».

da www.unita.it

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