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La maledizione del dialogo colpisce ancora (di C. Mancina)
23.11.2007
È una specie di maledizione della politica italiana: ogni volta che qualcosa o qualcuno si muove, il sospetto si spande come una macchia. Sui timidi inizi di un dialogo tra Veltroni e Berlusconi per la riforma elettorale, e possibilmente anche per le riforme istituzionali, già si è abbattuta l'evocazione dell'inciucio, accompagnata da rivelazioni sui legami tra Rai e Mediaset e - quindi - dall'immediato ripescaggio della legge Gentiloni e di quella sul conflitto d'interessi. Leggi che si devono fare, per carità, ma che con strana puntualità sono tornate alla mente proprio ieri, in modo tale da creare l'idea che non si facciano per favorire il dialogo. (Domanda: perché non si sono fatte finora?).

Viene così ricostruito uno scenario il più possibile simile a quello della Bicamerale: l'oggetto più odiato ed esecrato dall'opinione pubblica di sinistra, tanto che solo nominarla equivale a un anatema. Ora, in realtà la Bicamerale è stata un corretto e generoso tentativo di uscire dallo stallo della transizione. Il suo difetto è uno solo: di essere fallita. Ed è fallita (oltre che per alcuni errori di conduzione sui quali un giorno sarà forse utile tornare a riflettere) esattamente perché non ci fu l'inciucio, e quindi Berlusconi fece saltare il tavolo. È veramente assurdo che la Bicamerale, con i suoi responsabili, sia consegnata alla leggenda di un inciucio che invece non ci fu.

Ma torniamo al presente. Veltroni è oggi ben più forte di quanto fosse D'Alema nel 1998, e d'altronde si guarda bene dal proporre una Bicamerale. Ha proposto semplicemente un dialogo per le riforme, com'è giusto e necessario. La novità è che Berlusconi ha risposto con una parziale apertura. Il rischio vero di questa situazione non è l'inciucio, ma è, ancora una volta, il fallimento. È infatti molto difficile trovare i termini di un accordo che sia accettabile per tutti o quasi tutti i soggetti politici. I discorsi di questi giorni nascondono una serie di equivoci. Si parla di ritorno al proporzionale; ma il sistema proposto da Veltroni è un proporzionale molto corretto da un forte effetto maggioritario; neanche il sistema tedesco, peraltro, è un proporzionale puro. La misura e la qualità di questa correzione, con tutta evidenza, saranno il punto cruciale del confronto. È dunque del tutto fuori di luogo, al momento, parlare di morte del bipolarismo e di ritorno alla Prima repubblica.

In verità la prospettiva più probabile è che l'accordo non si faccia e si vada al referendum: dunque a un rafforzamento del maggioritario e del bipolarismo. Sarebbe un'altra occasione perduta; ma questa volta c'è la rete della consultazione popolare. Resta la singolarità di questo trascinarsi negli anni di tentativi di riforma elettorale, che o falliscono, o risultano insoddisfacenti. Così, oggi sembra che i difetti del bipolarismo italiano dipendano soltanto dalle leggi elettorali. Si dimentica che un sistema politico è fatto soprattutto dai suoi attori: i partiti.

Ha perfettamente ragione Ernesto Galli della Loggia (sul Corriere di ieri): il bipolarismo italiano è fallito perché i partiti maggiori dei due poli, gravati in modo diverso da una identità ambigua, hanno in realtà rinunciato ad esercitare un ruolo guida nel rispettivo schieramento e quindi si sono preclusa la possibilità di diventare partiti grandi come ce ne sono in tutti i paesi europei, qualunque sia il loro sistema elettorale, preferendo la più facile via delle coalizioni-ammucchiata: via più facile per vincere le elezioni, ma non certo per governare. Bisogna aggiungere, però, che proprio per uscire da questa situazione è nato il Partito democratico. «Un partito a vocazione maggioritaria» significa precisamente questo: un partito con forte identità, che punta a competere e non solo a mediare. Che si propone di vincere, naturalmente, ma in modo tale da poter governare. Da questo nuovo attore - la cui nascita ha già cambiato la scena politica fino al punto da produrre lo scioglimento della Casa della libertà - viene la proposta di dialogo per le riforme. Con tutta la prudenza del caso, non si può non vedere la novità della situazione presente, rispetto a tutti i tentativi degli ultimi anni.

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Il Riformista, 23.11.07
La maledizione del dialogo colpisce ancora
Claudia Mancina
Welfare Italia
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