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Greenaway: Voi italiani non siete ancora entrati nel XX secolo
23.11.2007
Peter Greenaway: «Voi italiani non siete ancora entrati nel ventunesimo secolo» di Rodolfo Vasari, da www.ilsole240re.com

Peter Greenaway, pirotecnico sessantenne gallese, è arrivato a Poggibonsi, in provincia di Siena, come ospite del Fenice International Art Festival, per riproporre "The Tulse Luper Vj performance", già portata in giro per il mondo. Nell'occasione ci racconta senza nascondersi la sua inesausta ricerca visiva, fra cinema e immagine.

Il 31 settembre 1983, nascita del telecomando, lei l'ha indicata come data di morte del cinema. Ciononostante non ha abbandonato il mezzo cinematografico. Perché?
Il cinema è intrattenimento per il pubblico in una situazione socialmente condivisa. Questo fenomeno è morto. L'Italia ne è l'esempio supremo; fra il 1959 e il '75 ha prodotto un incredibile numero di opere d'arte per la cinematografia europea. E' tutto finito. Ma anche i paesi dell'est Europa sono collassati. Rimane la Francia, dove il cinema è sovvenzionato in modo massiccio, ma molte produzioni sono spazzatura. Anche in Europa stiamo andando nella direzione degli Stati Uniti. Una statistica di Hollywood ci dice che il 70% degli americani vede la tv, il 20% compra Dvd e solo il 5% va a vedere i film al cinema. Il giorno in cui il telecomando è stato introdotto nei salotti si è sancita la supremazia della televisione, dando la possibilità di scelta. Io non ho detto che è morto lo schermo, anzi, noi siamo nell'era dello schermo, ci sono schermi anche nelle vostre tasche grazie ai cellulari, ed è questo il motivo per cui siamo concentrati sull'immagine.

Lei continua però a fare cinema...
Perché sono affascinato dal linguaggio cinematografico. Credo sia straordinario, ma sprecato per il cinema, che oggi è patetico e propone storie della buonanotte per adulti. I maggiori fenomeni cinematografici degli ultimi anni sono stati "Il Signore degli anelli" e "Harry Potter". Non si tratta di film, ma di libri illustrati!

Tulse Luper, protagonista del suo film "Le valigie di Tulse Luper" è il suo alter ego?
Assolutamente sì. Sarebbe arrogante e banale pretendere di impersonare le esperienze di chiunque altro. Prendete James Joyce con il "Ritratto dell'artista da Giovane", o Italo Calvino, sono autobiografie di esperienze personali, e non riesco a capire come potrebbe essere altrimenti. Molte delle esperienze di Tulse Luper sono autobiografiche, come la scena d'apertura del film, in cui un bambino scappa per scrivere il suo nome alla fine del mondo: sono esattamente io a quell'età.

Perché 92 valigie? I numeri tornano spesso nella sua opera.
Il cinema è un'arte molto povera e lo sa. Infatti va sempre a prendere in prestito le storie dai libri. La narrativa può essere affascinante in letteratura ma non credo lo sia altrettanto nel cinema. Se ti chiedo di raccontarmi la storia di Casablanca mi darai una sintesi generale ma non sarai in grado di ricordare i dettagli della trama o dei personaggi. Li avrai dimenticati perchè non sono importanti; nel cinema si cerca la performance, lo stile, l'atmosfera, vedi un successo come "Blade Runner". Ora il cinema è povero e narrativo. Io minimizzo la narrazione e cerco di strutturare i miei film con modalità che prendono spunto dall'arte e dalla scienza contemporanea, ad esempio Rauschenberg o John Cage, Mondrian. Per ogni film cerco strutture diverse. Per "Tulse Luper" ho utilizzato i numeri, in modo che chiunque comprendesse questo linguaggio, fino in Cina. Ne "Il cuoco, il ladro, sua moglie e l'amante" ho usato una codifica basata sui colori dell'arcobaleno, cioè lo spettro in cui la fisica divide la luce. Ogni arte è un'esperienza educativa; i miei film sono difficili ma fanno parte di un processo d'apprendimento che incoraggia le persone a pensare visivamente. Ricerco strutture non narrative correlate alla pittura; la pittura è estremamente importante, l'occhio del pittore è lo strumento attraverso cui vediamo il mondo. Il numero 92 è stato scelto perché è il numero atomico dell'uranio. La bomba atomica è il fenomeno più influente del 20° secolo. La storia degli ultimi 60 anni, che coincide con la mia vita, è caratterizzata dall'importanza dell'uranio. Abbiamo strutturato il film con 92 valigie, che contengono tutta la conoscenza umana, 92 personaggi, che rappresentano archetipi presenti nel teatro, nel cinema, nella televisione e 92 tra i maggiori eventi del periodo. Le 92 valigie di Tulse Luper sono un tentativo di mettere tutta la conoscenza del mondo in un solo luogo. Vi abbiamo infilato tutto e sfido il pubblico a dimostrare che abbiamo lasciato fuori qualcosa. Questa è l'enciclopedia definitiva dell'era dell'informazione.

Nei suoi film si respira una vera fascinazione per la pittura fiamminga, fino a "Nightwatching" presentato all'ultima mostra di Venezia. Per Rembrandt tradisce Tulse Luper?
Non direi che Rembrandt sia il mio pittore preferito, è contemporaneo a Vermeer, che trovo molto più emozionante, ma non puoi permetterti di studiare la pittura ignorando Rembrandt. Lui è l'iniziatore dello sguardo sul mondo non eroico, protestante e anticattolico. Si era sistemato in una repubblica democratica insieme a personaggi come Cartesio, in cui vedo l'incredibile pragmatismo olandese. Ci sono molti aspetti che rendono Rembrandt un rilevante fenomeno contemporaneo. E' un pittore della luce artificiale, come il cinema è un mondo di luci artificiali, la corrispondenza è enorme. Tanti credono che il cinema sia stato inventato dai fratelli Lumiere nel 1895, ma è stato il barocco all'inizio del 17° secolo a creare il cinema: Rembrandt, Velazquez, Caravaggio, probabilmente Rubens, sono le persone che hanno prodotto le prime immagini con luce artificiale. Ci sono delle precise ragioni storiche; la tecnologia delle candele in cera di paraffina arrivò in Europa nei primi del diciassettesimo secolo, così improvvisamente la giornata di ognuno iniziò ad allungarsi. Prima tutti andavano a letto quando calava il sole, le candele in cera se le potevano permettere solo gli aristocratici e la chiesa. Io vivo in Olanda, sono affascinato dalla civiltà olandese, una delle prime repubbliche, la prima nazione a istituzionalizzare il protestantesimo. Anche ora, hanno affrontato le problematiche dell'omosessualità, dell'aborto e dell'eutanasia, mentre nel resto del mondo si discute sulla soggettività di questi problemi. Guardiamo questo stupido paese cattolico-romano dove c'è un papa che vi nega da 2000 anni l'uso del vostro corpo. Filosoficamente siete un paese rimasto indietro, dovete ancora organizzarvi per entrare nel 21° secolo. In Olanda c'è un'elevata nozione dei diritti umani, della dignità dell'individuo e credo che in "Nightwatching" ci sia tutto questo. Non è un film su un singolo dipinto, "La ronda di notte", ma sulla società e sull'attitudine alla convivenza olandesi e, credo, sull'idea olandese di come vivere nel 21° secolo.

Come ha affrontato la sfida di far rivivere la Reggia di Venaria? E come è nato questo progetto?
È stato il direttore Alberto Vanelli a volermi coinvolgere nel recupero della Reggia. Ho sottolineato la necessità di utilizzare il mezzo cinematografico, non nella sua funzione narrativa, ma sviluppato a livello di ambiente. La Venaria prima dei 200 milioni di euro e dei 10 anni di restauri era molto più di una semplice rovina, più del fenomeno ripulito che è adesso. Un restauro crea inevitabilmente un falso. Quando entrai in contatto la prima volta con la Reggia mi tornò alla mente Piranesi, grandi palazzi per giganti, con stalle di 300 cavalli, e per ogni cavallo 3 persone, 900 persone solo per i cavalli. Un ceto immensamente ricco e il resto della popolazione impoverita e analfabeta. Ero colpito anche dal fatto che Napoleone l'avesse razziata e che abbiate fatto rientrare in Italia la ex-famiglia reale. Inizialmente mi hanno indicato 6 aree differenti su cui lavorare, dalla stanze private alla caccia passando per le cucine. Mi hanno fornito l'architettura, le pitture, i mobili, ma non c'erano le persone. Con le moderne tecnologie abbiamo tentato di riportare in vita re, giardinieri, servitù, dame di corte, cacciatori, soldati. Ho scritto una serie di brevi aneddoti, gli attori erano impostati in modo televisivo, rivolti verso la macchina da presa. Un esercizio tecnologico più difficile da mantenere vivo, dato che starà 3 anni a Venaria, da sviluppare. C'è però la possibilità di ritornarci sopra con aggiunte o modifiche. Un po' come alla Triennale di Milano, dove abbiamo inventato una scultura con cinque schermi interconnessi che sarà attiva per 18 mesi e si inaugurerà a dicembre. Sono un artista in attività e devo continuamente mantenermi attivo.

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