Welfare Italia :: Indian Time :: Manoomin (di Paola Carini) Invia ad un amico Statistiche FAQ
6 Maggio 2024 Lun                 WelfareItalia: Punto laico di informazione e di impegno sociale
Cerca in W.I Foto Gallery Links Documenti Forum Iscritti Online
www.welfareeuropa.it www.welfarecremona.it www.welfarelombardia.it www.welfarenetwork.it

Welfare Italia
Home Page
Notizie
Brevi
Il punto
Lettere a Welfare
Cronaca
Politica
Dal Mondo
Dalle Regioni
Dall'Europa
Economia
Giovani
Lavoro
Cultura
Sociale
Ambiente
Welfare
Indian Time
Buone notizie
Radio Londra
Volontariato
Dai Partiti
Dal Parlamento Europeo
Area Iscritti
Username:
Password:
Ricordami!
Recupero password
Registrazione nuovo utente
Brevi

 Foto Gallery
Ultima immagine dal Foto Gallery di Welfare Italia

Ultimi Links







Manoomin (di Paola Carini)
15.12.2007
Manoomin. Wild rice. Riso selvatico, riso canadese, riso americano. In realtà, manoomin pur essendo un cereale, non è affatto un tipo di riso, ma una pianta acquatica (zizania palustris) che cresce nella zona dei Grandi Laghi. La pregevolezza di questo “riso” è tale che l’industria alimentare americana lo distribuisce da tempo; ora si trova anche nei nostri supermercati, ma il prodotto commercializzato su vasta scala non è quello che cresce spontaneamente nelle zone poco profonde dei laghi del Minnesota, bensì quello coltivato in apposite risaie sia nel Minnesota che in California. Manoomin è sempre stato un alimento basilare per le popolazioni autoctone della zona, ma sono soprattutto gli ojibwe (altresì chiamati chippewa o, col termine tribale, anishinabe) che continuano la raccolta tradizionale; nella gran parte delle riserve ojibwe del Minnesota, infatti, i numerosi laghi e fiumi che interpungono il paesaggio costituiscono l’habitat naturale di questa pianta.

Nella storia orale degli ojibwe è codificato il momento in cui essi scoprirono manoomin. Nanabhozo, figlio minore della divinità dell’ovest Ae-pungishimmok e della mortale Winonah, è l’archetipo dell’essere umano e delle sue fragilità, delle sue debolezze, dei suoi limiti. Un giorno, assolutamente per caso, trova un’anatra vicino alla pentola di acqua che aveva lasciato sul fuoco; quando l’animale vola via, egli si accorge che nella pentola bollono dei semi. Assaggiata quella strana pietanza, decide di andare nella direzione che aveva preso l’anatra, e scopre un lago pieno di anatre e oche tra fusti alti di piante sconosciute. Da quel momento né Nanabhozo né i suoi discendenti avrebbero più avuto fame. Manoomin, dono del Creatore, sarebbe sempre cresciuto per gli ojibwe.

Ancora oggi nelle riserve ojibwe, il riso viene raccolto addentrandosi in canoa nel folto delle piante, che vengono battute con un lungo bastone per fare in modo che i semi cadano nella canoa. Il riso viene poi abbrustolito e steso a raffreddare. Un tempo veniva posto in una piccola depressione del terreno vicino alla quale bambini e ragazzi vi avrebbero danzato affinché le vibrazioni aiutassero a rimuovere la pula; oggi un macchinario ha sostituito quella danza. Solamente dopo questo procedimento, il riso viene portato in mulini ad acqua dove la pula viene definitivamente separata dai chicchi. Nella riserva ojibwe di White Earth, manoomin viene raccolto, essiccato e impacchettato per Native Harvest, piccola impresa che il White Earth Land Recovery Project ha fondato per proteggere la varietà, l’ecosistema e ripristinare la dieta tradizionale degli ojibwe.

Il White Earth Land Recovery Project fu fondato alla fine degli anni ottanta dall’attivista ojibwe Winona LaDuke. Avviato da LaDuke con i diecimila dollari ricevuti in premio dalla Reebok per la strenua difesa dei diritti umani, il progetto ha come scopo quello di recuperare in toto la terra che il trattato del 1867 aveva assegnato agli ojibwe di White Earth ma che le sottrazioni legalizzate e fraudolente hanno notevolmente rimpicciolito. Impiantando una serie di attività per autofinanziarsi, il Recovery Project ha effettivamente recuperato una buona fetta di territorio che ha ridistribuito ai membri della riserva, e implementato la raccolta del riso spontaneo trasformandola in un’attività di salvaguardia ambientale e in fonte di reddito. Oggi, manoomin non è solamente il sostentamento alimentare invernale della gran parte delle famiglie di White Earth, ma anche un ottimo prodotto naturale che ha trovato una sua nicchia di mercato. Nonostante ciò, la concorrenza della grande distribuzione è spietata, e le varietà di riso modificato e coltivato – quello più diffuso − minacciano manoomin. Nel 2003 il premio di Slow Food a Native Harvest ha contribuito alla sua fama a livello internazionale.

Oggi Native Harvest è un sito di imballaggio dei prodotti raccolti o confezionati nella riserva, un negozio per turisti, e un catalogo per la vendita per corrispondenza di manoomin, sciroppo d’acero, marmellate, caffè e manufatti artigiani ojibwe. Grazie a Native Harvest hanno un lavoro giustamente retribuito una buona parte delle famiglie della riserva, la biodiversità è protetta, e si distribuiscono razioni gratis di cibi tradizionali ai membri di White Earth che vivono dentro o fuori la riserva e che ne hanno più bisogno. In questo modo, ritornando alla raccolta e quindi alla tradizionale dieta povera di zuccheri e grassi, si cura anche la salute pubblica, dato che il diabete mellito ha un’incidenza altissima e l’obesità infantile è un serio problema. In più, con l’acquisizione progressiva di appezzamenti sottratti nel passato, il Recovery Project ha ripristinato zone acquitrinose e spazi a prateria per la reintroduzione dei bisonti.
Negli anni cinquanta, presso la Stazione Sperimentale di Risicoltura di Vercelli, venne sondata la possibilità di introdurre la zizania nelle zone italiane tradizionalmente risicole; più recentemente l’Università di Milano ha condotto studi su di una varietà modificata (il termine tecnico è migliorata) di wild rice che si potrebbe piantare in Italia e che avrebbe una certa potenzialità in quanto a qualità. Esperimenti simili sono stati condotti sia in Europa che in Cina, con risultati più o meno deludenti.
Il successo dell’introduzione della zizania in Italia prescinderebbe da un fattore fondamentale: la zizania palustris non è una pianta autoctona, non è un seme cresciuto spontaneo e addomesticato dall’uomo a Pavia o Vercelli. La zizania palustris, tolta dal suo habitat naturale, non sarebbe più zizania palustris. E non solo perché della varietà appositamente “domesticata” sarebbero modificate la morfologia e la fisiologia per l’adattamento e per la crescita non spontanea, ma perché la Pianura Padana non è il suo contesto. Certo, avrebbe le radici ancorate nello strato fangoso sotto il pelo dell’acqua, ma non radici che la ancorano al luogo, alle tecniche di cura e di raccolta, alle persone. Non avrebbe né una storia botanica né una storia di secoli di relazione con l’uomo, come invece ha la varietà Gigante tipica di Vercelli e tutte le altre, numerosissime, varietà di riso italiano né, probabilmente, lo stesso gusto. Nel Medioevo il riso entrò stabilmente nella vita quotidiana agricola e culinaria del Nord Italia diventando “nostrano”, cioè nostro, dopo secoli di importazione dall’Oriente. Ripristinare varietà quasi estinte di riso italiano, come certe piccole aziende agricole hanno fatto, sarebbe valorizzare un sapore antico frutto del lavoro, della cura, della sapienza agraria di generazioni, come Native Harvest ha fatto per manoomin.
Pur non essendo coltivato, gli ojibwe hanno con manoomin il rapporto particolare frutto di un’interazione secolare che i coltivatori tradizionali italiani hanno con il loro riso. Ne riconoscono lo stato di salute attraverso le infiorescenze, i culmi, le cariossidi, il fruscio delle piante nel vento, il colore e l’altezza. Ma manoomin è innanzitutto “il cibo che cresce sull’acqua” in quel luogo in cui gli ojibwe si sarebbero fermati dopo una lunga migrazione verso ovest. Così aveva detto loro il Creatore. E così avvenne.
“È questa relazione storica profonda che viene ricordata ogni anno a White Earth e nelle altre riserve durante l’autunnale raccolta di manoomin” ricorda Winona LaDuke. È un alimento che fa parte della vita quotidiana e al tempo stesso un alimento usato nelle cerimonie e nei riti ojibwe. Per questo manoomin in qualunque altro luogo non sarebbe più, semplicemente, manoomin. “Il riso selvatico nutre il nostro corpo e il nostro spirito”, ribadisce LaDuke. E questo davvero non potrebbe avvenire in nessuna risaia del mondo.

Welfare Italia
Hits: 1806
Indian Time >>
I commenti degli utenti (Solo gli iscritti possono inserire commenti)
Terza pagina

Sondaggi
E' giusto che Bersani si accordi con Berlusconi per le rifome ?

Si
No
Non so
Ultime dal Forum
La voce del padrone di Lucio Garofalo
Salotti culturali dell'Estate bolognese
Pippo Fallica querelo' Corriere della Sera e La Sicilia?
NO LEADER, NO PARTY di Luigi Boschi
UN PARTITO LENINISTA (LEGA) CHE SPOSA IL VATICANO di A.De Porti
POESIA DI VITA di Luigi Boschi
La vita spericolata del premier di Silvia Terribili
Romea Commerciale di Orlando Masiero
Sondaggio, 15mila i voti finora espressi
Buon che? di Danilo D'Antonio
L'Italia è una Repubblica "antimeritocratica" fondata sul lavoro precario
LA PROTESTA DEI SANGUINARI di Luigi Boschi
L'AQUILONE STRAPPATO di Antonio V. Gelormini
Il reality scolastico su "Rai Educational"
Vuoto indietro diventa proposta di legge,





| Redazione | Contatti | Bannerkit | Pubblicità | Disclaimer |
www.welfareitalia.it , quotidiano gratuito on line, è iscritto nel registro della stampa periodica del Tribunale di Cremona al n. 393 del 24.9.2003- direttore responsabile Gian Carlo Storti