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Lista unica a un patto, dentro devono esserci tutti |
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26.07.2003
Non vuole morire socialdemocratica Rosy Bindi e non vuole fare un «piccolo Ulivo» e lo manda a dire a D’Alema della cui intervista apprezza molti punti. Ma, forse lo teme ancor di più, non vuol finire neanche in un partito europeo assieme a Berlusconi che s’è alloggiato nel Ppe che «ormai non c’entra più nulla con la vicenda dei democratici cristiani». Per questo, lei che da ministro della sanità dell’Ulivo alle scorse elezioni europee sottolineò per prima l’inadeguatezza degli schieramenti a Strasburgo, trova di «straordinario valore la proposta di Prodi che guarda all’Europa e pone il problema di una ricollocazione delle forze politiche e dei partiti in Europa». «Quella di Prodi – dice – è una proposta tanto seria che non si può lasciare alle sole interviste».
Gliel’ha già detto D’Alema.
«Sì. Ma guai a pensare sia una proposta improvvisata. Non è la prima volta che Prodi, al di là della lista alle europee, fa riferimento al progetto politico dell’Ulivo».
Un disegno col quale “ineluttabilmente” dovremo fare i conti?
«Penso di sì. L’Ulivo, come altri hanno detto, deve ora darsi un appuntamento, approfittando anche di questa sollecitazione, per valutare la proposta».
Onorevole Bindi, passiamo al merito.
«Se si accetta la proposta di Prodi, intanto le europee sarebbero veramente europee. Il confronto sarebbe sull’Europa e sul suo ruolo nel mondo. Sarebbe netta la differenza tra noi e Berlusconi. In più, cadrebbe la competizione al nostro interno. Con la lista unica e se soprattutto ci impegnassimo a costituire nel parlamento europeo un unico gruppo ulivista (è questo il punto che io considero più importante), costringeremmo le due famiglie europee a confrontarsi col fatto che non interpretano più l’evoluzione dei sistemi politici nazionali e la ricchezza delle esperienze politiche che vanno maturando. Sarebbe il modo per avviare veramente la creazione di uno schieramento politico del riformismo europeo».
È un ragionamento che coincide o si differenzia da quello fatto da D’Alema?
«Ho trovato D’Alema un passo indietro rispetto alla lettera che aveva scritto insieme ad Amato. Lì invitava esplicitamente il Partito socialista europeo a farsi carico della situazione reale mettendosi in gioco, accettando di lasciare la sua vecchia casa per costruirne assieme a tutti i riformisti una nuova».
E invece ora?
«Sembra limitarsi a considerare i socialisti come il ceppo nel quale va innestato il nuovo polo riformista che come tale dovrebbe aprirsi, per esempio, agli esponenti della Margherita. È evidente che il futuro riformismo europeo dovrà fare i conti, non solo per un fatto quantitativo ma anche qualitativo, con la forza e la cultura dei socialdemocratici. Le altre culture però non possono essere quelle che si aggiungono. Devono essere quelle che insieme danno vita a una nuova sintesi».
Tutti soci fondatori del nuovo riformismo europeo.
«Esatto. Ed è quello che dovrebbe fare in Italia l’Ulivo. Ho sempre pensato che non debba avere un cultura dominante ma essere la cultura dell’Ulivo».
A parte queste obiezioni, qual è il suo giudizio sul processo che s’è messo in moto?
«La proposta Prodi ci farà fare dei passi in avanti. Non so se riusciremo a fare un’unica lista o un unico gruppo andando alle elezioni con liste separate. Sarebbe invece contraddittorio e penalizzante fare una lista unica e finire in gruppi diversi. Anche se potremmo rinunciare a qualche piccolo vantaggio elettorale, io credo, per la qualità dell’operazione».
D’Alema dice che l’operazione è convincente ma deve farla Prodi in prima persona.
«È chiaro che la proposta dovrebbe trovare Prodi protagonista. Resta un punto interrogativo dato che sta svolgendo un ruolo istituzionale importante. Dovremo valutare con attenzione se chiedergli di abbandonare quanto sta facendo per guidare il processo di cui parliamo. Lo dico pur essendo convinta che Prodi sia l’unico leader possibile per l’Ulivo in Italia».
C’è il rischio di creare una grande potenza Ds-Margherita macinando tutti gli altri?
«È un punto decisivo. Non condivido una lista solo tra Margherita e Ds. Bisogna fare attenzione a non provocare surrettiziamente la nascita in Italia del piccolo Ulivo. È il secondo appunto critico all’intervista di D’Alema. La lista unica ha senso se sono tutti dentro, se l’Ulivo fa la fatica di unire tutte le sue componenti».
Ma questo non dà un potere eccessivo di veto ai partiti minori?
«E va richiamato a chi ha questo tipo di tentazione. Se si è in disaccordo col piccolo Ulivo si può anche dire ai partiti minori che non devono essere loro a provocarlo».
da www.unita.it
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