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De Sena: Punterò sul dialogo, ma qui serve rivoluzione culturale
18.02.2008
Intervista a cura di Massimo Solani da www.unita.it
Pensionato da giovedì, dopo quarant’anni in divisa, il prefetto ed ex vicecapo vicario della Polizia Luigi De Sena sarà capolista del Pd al Senato in Calabria. In quella terra dove nel novembre del 2005 fu inviato con poteri speciali dopo l’omicidio di Francesco Fortugno. «È una nuova e bella sfida...», dice. «Ma la vedo come una prosecuzione del lavoro fatto come prefetto di Reggio Calabria». Nato in provincia di Napoli 65 anni fa (spegnerà le candeline il prossimo 5 marzo) nella sua carriera è stato fra l’altro capo della Mobile a Roma, dirigente del Sisde e direttore della Criminalpol. Un impegno che ha raccolto consensi unanimi, tanto che ieri il sindaco di Locri di An Francesco Macrì ha criticato la coalizione di centrodestra («immobile, spettatrice mentre si accinge a riproporre in Calabria le liste “fotocopia” degli anni passati) lodando la candidatura di Sena che, ha spiegato, «costituisce un serio tentativo di cambiamento del volto della Calabria».

Prefetto, com’è nata l’dea?
«Credo che Walter Veltroni e il viceministro dell’Interno Minniti mi abbiano fatto questa proposta per portare avanti quelle iniziative di dialogo che abbiamo iniziato quando sono stato nominato prefetto di Reggio dall’allora ministro dell’Interno Pisanu. In quei mesi abbiamo inaugurato un’ipotesi reale di sviluppo dell’area, percorrendo un cammino concreto di legalità».

Lei arrivò a Reggio in un momento durissimo e non lesinò critiche alla classe politica locale. Cosa di quella esperienza porterà con sé nell’impegno politico?
«La mia volontà è quella di continuare sulla strada di un dialogo che è già iniziato. In passato sono stato molto critico nei confronti della pubblica amministrazione, facendo anche autocritica in qualità di massimo rappresentante sul territorio dell’amministrazione centrale. L’ho fatto perché ho sempre pensato che qualsiasi cambiamento dovesse passare innanzitutto da uno slancio concreto per ridare credibilità al sistema. In Calabria, ne sono convinto, ci sono effervescenze positive e capacità forse ancora inespresse. Non dobbiamo dimenticarle e lasciarle sole».

Inchieste e operazioni di polizia nelle ultime settimane hanno di nuovo evidenziato l’esistenza di una zona grigia in cui politica e criminalità convivono e addirittura fanno affari insieme.
«Per questo sono convinto che serva una rivoluzione culturale. Prima di passare al perseguimento della legalità bisognerebbe recuperare la civiltà dei comportamenti, per poi arrivare veramente a progetti concreti che portino allo sviluppo economico. È una strada possibile, si può fare. A patto però di condurre una reale concertazione e condivisione strategica con tutti gli attori positivi presenti sul territorio. Fermo restando che il contrasto alla criminalità organizzata deve proseguire a tutto campo. Negli ultimi mesi sono stati ottenuti risultati formidabili, ma la partita vera si gioca sulla prevenzione generale».

Ora la campagna elettorale. Cosa dirà alle persone che incontrerà nelle piazze? Come parlerà alla gente?
«Come ho sempre fatto: nella maniera più semplice e comprensibile di questo mondo. Ma nella mia carriera ho imparato che prima di parlare bisogna ascoltare, e che l’incapacità di saper ascoltare è uno dei difetti della pubblica amministrazione. Quando ero prefetto ho ascoltato molto, e conto di continuare a farlo per poi passare ad un dialogo e ad una concertazione che sia figlia di una proposta concreta di recupero di credibilità del sistema. Anche di recupero economico».

In Calabria il pericolo peggiore è la resa alla sfiducia nei confronti della politica. La vicenda De Magistris, se possibile, ha aggravato ancora di più la situazione. Come riannodare il filo del dialogo?
«I calabresi chiedono di essere ascoltati e esigono risposte concrete. L’apparato pubblico e politico ha l’obbligo di comportarsi in questo modo».

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