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Kosovo riconoscimento prematuro-Ronzitti da affarinternazionali |
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21.02.2008
Diritto internazionale.
Kosovo, un riconoscimento prematuro
di Natalino Ronzitti da www.affarinternazionali.it
21/02/2008
È legittima la proclamazione d'indipendenza del Kosovo? La questione
ha due aspetti. Uno di diritto interno, dal punto di vista della
Costituzione della Serbia, l'altro di diritto internazionale.
Diritto interno e profilo internazionale
Vediamo il primo profilo. Nell'ambito della Repubblica socialista
federativa di Jugoslavia, il Kosovo godeva di uno status di
autonomia, come provincia. L'autonomia, conferita dalla costituzione
del 1974, è stata cancellata nel 1989. Una nuova costituzione è
stata adottata nel 1990. I successivi cambiamenti costituzionali
(1992) non menzionano nessun diritto del Kosovo alla secessione, a
differenza del Montenegro, che poteva vantare un tale diritto nella
costituzione della Federazione Serbia-Montenegro del 2003. Pertanto,
mentre la secessione del Montenegro ha un fondamento interno, quella
del Kosovo non può vantare nessuna disposizione costituzionale
dell'ordinamento jugoslavo a suo favore.
Ma la legittimità o illegittimità della proclamazione
dell'indipendenza sotto il profilo del diritto costituzionale poco
conta in diritto internazionale. Qui l'accessione all'indipendenza
è, in linea di principio, una questione di fatto e dipende dalla
capacità del nuovo Stato di esercitare il potere di governo sul
proprio territorio e la propria popolazione, libero da interferenze
esterne. In una parola la nuova struttura deve godere di
effettività . Il riconoscimento dei terzi Stati non è un elemento
costitutivo della personalità internazionale del nuovo Stato, ma è
solo un indice della stabilità della nuova situazione che si è
determinata nella comunità internazionale.
Tutto questo in linea di principio, poiché nuove regole si sono
affermate in diritto internazionale. Una di queste riguarda il
divieto di riconoscere come legittime situazioni che si sono
determinate a causa dell'uso illecito della forza. Le radici
dell'indipendenza kosovara si fondano sull'intervento della Nato nel
1999, la cui liceità non può essere fondata su un preteso diritto
d'intervento per ragioni d'umanità , senza l'autorizzazione del
Consiglio di sicurezza (Cds). La contrarietà dell'intervento alle
regole del diritto internazionale è stata sanata dalla successiva
risoluzione 1244 del Cds, ma questa, pur nella sua ambiguità ,
ribadisce la sovranità territoriale della Jugoslavia e nello stesso
tempo riconosce solo una sostanziale autonomia e autogoverno al
Kosovo, ma non l'autodeterminazione o l'indipendenza. Un altro
principio, che è una specificazione di quello ora descritto, si è
affermato in Europa nell'ambito della Csce/Osce ed è stato
solennemente proclamato a Helsinki nel 1975, come uno dei cardini
della sicurezza europea: il divieto di mutare le frontiere
ricorrendo all'uso della forza.
Dopo la fine della II guerra mondiale, il Kosovo è l'unico esempio
di Stato la cui nascita è dovuta ad un impiego illecito della forza,
a parte lo Stato turco di Cipro del Nord, per cui il Cds ha
stabilito, con la risoluzione 541, un dovere di non riconoscimento,
essendo la sua creazione frutto dell'intervento turco nel 1974.
Riconoscimento prematuro
Ma a parte i quarti di legittimità della sua nascita, il Kosovo
manca di effettività per poter essere considerato un nuovo soggetto
di diritto internazionale. Dal punto di vista militare la sicurezza
della nuova entità è affidata alla presenza della Nato e della Kfor;
dal punto di vista del governo civile del territorio, il Kosovo è
amministrato dalle Nazioni Unite e dall'Unmik, cui dovrà succedere
(e lo sta già facendo) l'Ue con la missione Eulex. Tra l'altro, il
fondamento giuridico di questa missione non è ben chiaro, non avendo
ricevuto un mandato ad hoc dal Cds, ed è con fatica rintracciabile
nella risoluzione 1244, come sembra pretendere l'Azione Comune del
consiglio Ue che ha disposto l'istituzione della missione.
La mancanza di effettività del Kosovo ne mette quindi in dubbio la
sua esistenza come nuovo Stato e, a differenza di quanto è avvenuto
con gli altri Stati nati dalla diaspora jugoslava, manca un
organismo, quale la Commissione Badinter, che possa certificarne la
statualità . In assenza di un'entità che possa essere definita uno
Stato effettivamente indipendente, il riconoscimento che si
apprestano a dare taluni membri Ue, Italia compresa, e gli Stati
Uniti è prematuro.
Il rischio dell'effetto domino
Ma quale sarà lo status del Kosovo nella comunità internazionale? La
sua partecipazione ai trattati multilaterali sarà certamente
contestata e, quel che più conta, ne sarà ostacolato l'ingresso alle
Nazioni Unite. Nessuno ha ancora fatto i conti con lo Statuto
dell'organizzazione mondiale, il cui art. 4 richiede per
l'ammissione all'organizzazione una delibera dell'Assemblea Generale
su raccomandazione del Cds. La Russia porrà certamente il veto a una
domanda di ammissione.
Dell'effetto domino dell'indipendenza kosovara si è ampiamente
parlato. Si tratta di un effetto che difficilmente potrebbe prodursi
a Ovest, ma che rappresenta un rischio reale a Est. Esistono in
Europa numerose entità praticamente indipendenti, ma la cui
indipendenza non è stata ancora proclamata o comunque riconosciuta.
Abkhazia e Ossezia del Sud in Georgia, Transdnistria in Moldavia,
Nagorno-Karabakh in Azerbaijan sono entità che mancano di
effettività , poiché devono il mantenimento della loro esistenza a
truppe straniere. Ma perché non potrebbero ora seguire l'esempio del
Kosovo? Per non parlare dei serbi di Bosnia e di quelli di
Mitrovica. Se quest'ultimi intenderanno riunirsi a Belgrado chi
impedirà la secessione?
In conclusione, il nuovo Stato non può definirsi tale poiché la
situazione è instabile e manca di effettività . Il riconoscimento che
l'Italia si appresta a effettuare è prematuro e costituisce un
brutto precedente, poiché praticamente si legittima un'entità che
deve la sua origine all'uso della forza armata in contrasto con la
Carta delle Nazioni Unite. Almeno l'Italia potrebbe effettuare non
un riconoscimento pieno (de iure), ma solo un riconoscimento de
facto. Un espediente tecnico che permetterebbe di scegliere una
posizione attendista che può continuare per qualche anno, in attesa
di un chiarimento della situazione.
Natalino Ronzitti è professore ordinario di Diritto Internazionale
nella facoltà di Giurisprudenza dell'Università LUISS di Roma e
consigliere scientifico dell'Istituto Affari Internazionali
Fonte: www.affarinternazionali.it
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