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PD e democrazia (di Giovanni Rodriguez)
27.02.2008
Già nel 650 Avanti Cristo i cretesi avevano deciso che nessuno di loro avrebbe potuto ricoprire la carica più alta per non più di due volte in 10 anni, e non lo avevano deciso né per volontà divina, e né alcuni uomini, bensì la Polis sovrana assoluta che regolava l’esercizio del potere dividendolo il sacro dal profano, il privato dal pubblico. Il compito era affidato a persone indipendenti , che godevano di grande prestigio nella città , e per esercitare questo compito non dovevano possedere né potere e né ricchezze.

Il tema mi pare di grande attualità a distanza di 2600 anni, e si ripropone i tutta la sua nobiltà e bellezza alla luce dei nostri ultimi avvenimenti politici.

Né i greci né il romani avevano fondato il loro diritto su una lex divina,e per un diritto che andava individuato e compreso,e per i quali non servivano sacerdoti ed oracoli, ma andava ancorato alla società che assecondava e si adattava alle nuove situazioni, ad una società in continua evoluzione e capace di fornire al Senato o all’Imperatore la base ed i principi su cui emanare nuove regole e disposizioni.

Il potere della Polis era ancorato soprattutto alla libertà vincolante dei suoi cittadini, e quando i problemi della Polis aumentarono si resero necessarie sempre più leggi, portando nel tempo quella sensazione dell’arbitrio devoluto alle classi aristocratiche,al clero ed ai nobili poi, sino ai tempi più recenti e vicini al nostro,in un passaggio di poteri le cui tragiche conseguenze sono state subite da tutti i popoli sia dell’occidente che dell’oriente.

Tutto nacque dalla filosofia sofistica, che si chiedeva da dove le leggi traessero il loro potere vincolante,in una costruzione-ricostruzione politica le cui conseguenze sono arrivate sino a noi,e che ci pone sempre ulteriori domande e risposte mai esaudite e risolutive sui vari problemi,perché attaccate ai cavilli ed alle interpretazioni di parte secondo una falsa logica “ad personam” in occidente, ed un ritorno alla religione in oriente come il fenomeno del ritorno dell’Islam.

Noi invece in occidente, ed in Italia particolare, dovremmo parlare di un ritorno invece alla Polis, che mi sembra sia la strada intrapresa dal PD con Veltroni, e sulla quale dovremmo fondare tutte le nostre speranze di rinascita e riscatto per una nuova società. Sino ad ora infatti non si è potuto parlare di una partecipazione dei cittadini alla politica, collegata sino a qualche tempo fa al progresso scientifico diviso tra la sua borghesia liberale ed un proletariato socialdemocratico o comunista.

Nel 2006 già scrissi qualcosa sul mutamento delle classi sociali, e di cui bisognava già tenerne conto, perché già portava in se le premesse di una nuova società che correva il rischio di rimanere come sabbia fra le mani se non saputa aggregare con delle riforme.

Questa filosofia è bene saperlo, raggruppa sia cittadini di destra che di sinistra, e la cui separazione è tenuta solo ed unicamente da una linea al disopra della quale ci sono tutti i politici che fanno quello che vogliono, e che distribuiscono quando vogliono delle elargizioni.

Tutto questo ha a che fare con una democrazia solo apparente, e mi pare per concludere con grande speranza che il PD con il suo rinnovamento dei quadri vincolati a ben precise disposizioni di rappresentanza e di presentazione di candidati, rappresenti al momento un ritorno alla Storia e che può riservarci piacevoli sorprese ispirate essenzialmente ad un diritto appartenente ai cittadini e non ai politici di mestiere.

Mi pare perciò e per concludere, che esista una differenza fondamentale fra la democrazia del PD e quella del “Popolo delle libertà”.

E’ la “Storia” della Polis che ce lo ha insegnato, degenerata con la trasmissione dei poteri in mani di chi possedeva ricchezze, come del resto accade ancora oggi con la falsa logica della democrazia quando questa cade in mani di chi ha ricchezze irrinunciabili sino al limite del conflitto di interessi, e la Polis di Veltroni in mano a chi non ha né ricchezze e né poteri.

Il mio appello e richiamo va indirizzato perciò a chi ancora sa e concepisce la libertà dell’individuo come fondamento nell’esercizio della cosa pubblica.

Giovanni Rodriguez

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