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Proprio così, Senato verso il pareggio |
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28.02.2008
PAOLO NATALE - Europa, 28.02.08
Come ogni campagna elettorale che si rispetti, cominciano a piovere
pietre sulla validità dei sondaggi.
La guerra dei numeri vede coinvolti nelle ultime ore i risultati
stimati da Diamanti e Biorcio da una parte (pubblicati da Repubblica
pochi giorni fa) e quelli di Euromedia dall'altra (resi pubblici da
Rete4 subito dopo). Secondo Berlusconi le uniche stime che possono
avere valore sono ovviamente le ultime, che descrivono una
situazione in cui il vantaggio del suo partito e della mini-
coalizione appare di 2 o 3 punti più elevato di quanto ipotizzato
dai due professori universitari.
È il caso di prendere posizione in merito? Naturalmente no. Entrambe
le stime sono sufficientemente corrette; e anche quelle in cui crede
maggiormente il leader del Pdl presentano un margine inferiore di
vantaggio prossimo agli 8 punti, laddove il sondaggio avversario
racconta di un vantaggio di poco superiore ai 6 punti. Nessuno
scandalo, dunque. Soltanto una leggera accentuazione del dato più
favorevole alla propria parte politica di riferimento. Pace fatta.
Ma c'è un altro problema, per il candidato del Popolo delle libertà ,
di cui egli stesso ha evitato sapientemente di sottolineare. Ed è
che con un margine cosiffatto, e con una distribuzione dei voti sul
territorio nazionale relativamente simile a quanto è accaduto nel
2006, lo scenario più plausibile della composizione del senato si
avvicina pericolosamente alla situazione verificatasi nelle ultime
elezioni. Per essere chiari: un distacco di 7-8 punti nella camera
alta non permette alla formazione vincitrice di ottenere una
maggioranza solida di senatori.
Vediamo più in dettaglio ciò che potrebbe accadere: la coalizione
guidata da Berlusconi vincerebbe quasi certamente in Lombardia,
Veneto, Friuli, Puglia, Campania, Sicilia e, probabilmente,
Piemonte, Sardegna e Lazio. Vincerebbe viceversa l'accoppiata Pd-Di
Pietro in Emilia- Romagna, Toscana, Umbria, Trentino, Basilicata e,
probabilmente, Marche, Abruzzo e Calabria.
Mentre in Molise la situazione è in parità "obbligatoria", viste le
regole elettorali di quella regione, l'unico territorio con
risultato incerto sarebbe la Liguria, dove la coalizione capitanata
da Veltroni appare in leggero vantaggio.
Ora, con una situazione
simile, il numero dei seggi senatoriali conquistabili da Berlusconi
è di circa 151, contro i 149 delle liste di opposizione (Veltroni +
Bertinotti + Casini).
Ipotizzando la vittoria del Pd-Di Pietro
in Liguria, si arriverebbe ad un sostanziale pareggio.
Senza contare ovviamente la Val d'Aosta, tradizionalmente associata
al centrosinistra, i senatori esteri (forse oggi più vicini al
centrodestra) e i consueti senatori a vita, di cui dovrebbe godere
maggiormente il centrosinistra.
Come è ben chiaro, il monito del leader del Pdl nei confronti degli
elettori del centro di Udc e Rosa Bianca non è del tutto campato in
aria. È probabilmente vero che un voto a favore di Casini
e Tabacci diviene una sorta di opzione in favore di Veltroni,
sottraendo quel quantitativo di voti che permetterebbe allo
schieramento di centrodestra di vincere qualche regione in più e di
aumentare la propria dote di senatori, attualmente insufficiente per
permettere una governabilità bicamerale.
È il consueto problema di questa legge elettorale, che non riesce a
garantire maggioranze solide nei due rami del parlamento, a meno di
conquistare la quasi totalità delle regioni. Cosa francamente quasi
impossibile.
Si prospettano quindi scenari post elettorali dove, per forza di
cose, sarà necessario iniziare a pensare a qualche collaborazione
esterna alla compagine che si è presentata unita alle elezioni.
Uno sguardo all'Udc, forse, garantisce al Pdl di avere almeno 15
seggi di scarto dal resto delle opposizioni. A meno che si voglia
passare all'ipotizzato governo di larghe intese. Ma di tutto ciò,
ovviamente, durante la campagna è vietato parlare.
www.europaquotidiano.it
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