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Tibet: Amnesty International chiede indagine delle Nazioni Unite
17.03.2008

Tibet: Amnesty International chiede indagine delle Nazioni Unite
"Le autorità cinesi devono consentire lo svolgimento di un'indagine
indipendente delle Nazioni Unite su quanto sta accadendo in Tibet,
soprattutto alla luce della chiusura della regione e delle permanenti
restrizioni alle attività degli osservatori sui diritti umani. La
situazione in Tibet merita l'attenzione del Consiglio dei diritti
umani, la cui sessione ̬ attualmente in corso" Рha dichiarato Amnesty
International.

L'organizzazione per i diritti umani chiede al governo cinese di
esercitare moderazione di fronte alle proteste, fornire complete
informazioni su tutte le persone arrestate a Lhasa e in altre zone del
Tibet la scorsa settimana e rilasciare tutti coloro che sono in
carcere per aver espresso in forma pacifica le proprie idee e aver
esercitato il diritto alla libertà d'espressione, associazione e
riunione.

Secondo Amnesty International, le autorità cinesi devono affrontare le
ragioni che sono alla base delle rivendicazioni del popolo tibetano,
frutto di politiche governative decennali: l'esclusione dai benefici
dello sviluppo economico, le limitazioni alla pratica religiosa e
l'attacco alla cultura e all'identità etnica.

Ulteriori informazioni

Le proteste sono scoppiate lunedì 10 quando circa 400 monaci hanno
marciato dal monastero di Drepung verso Lhasa, chiedendo la fine della
campagna governativa che costringe i monaci ad abiurare il Dalai Lama
e a subire propaganda politica. Oltre 50 di loro sono stati arrestati
nel corso della marcia. I monaci di altri monasteri sono scesi in
strada chiedendo la scarcerazione degli arrestati. Le proteste hanno
dato vita a disordini a Lhasa e in altre zone del paese.

La polizia e i soldati hanno lanciato gas lacrimogeni, hanno assalito
i dimostranti e hanno esploso proiettili nel tentativo di disperdere
la folla. Venerdì le proteste a Lhasa hanno assunto un carattere
violento. Fonti ufficiali cinesi hanno annunciato la morte di 10
persone, per lo più uomini d'affari di Lhasa. Voci non confermate
hanno riferito di un numero maggiore di vittime.

A Lhasa vige il coprifuoco e i negozi sono chiusi. La città è stata
isolata tramite posti di blocco, mentre il centro è presidiato da
veicoli blindati e mezzi della polizia. Le forze di sicurezza hanno
anche circondato tre importanti monasteri di Lhasa, costringendo i
monaci a serrarsi all'interno e picchiando chi tentava di uscire. I
monaci del monastero di Sera hanno iniziato uno sciopero della fame
per costringere i militari cinesi a sciogliere l'assedio.

Proteste pacifiche di tibetani si sono svolte anche in Nepal e in
India. Qui, dimostranti che intendevano marciare verso il confine
cinese sono stati fermati e arrestati. A Kathmandu, la capitale
nepalese, le manifestazioni sono state sciolte con violenza e alcune
persone sono state trattenute in carcere per breve tempo, picchiate e
sottoposte a ulteriori maltrattamenti.

FINE DEL COMUNICATO
Roma, 17 marzo 2008

Per ulteriori informazioni, approfondimenti e interviste:
Amnesty International Italia - Ufficio stampa
Tel. 06 4490224 - cell. 348-6974361, e-mail: press@amnesty.it

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