|
|
|
Welfare Italia |
Foto Gallery |
Ultima immagine dal Foto Gallery di Welfare Italia |
|
|
|
Ultimi Links |
|
|
|
|
|
|
|
Morando, dialogo con Ricolfi sulle cifre |
|
25.03.2008
Il programma Pdl vuole abrogare il '68 ma non tocca la spesa
corrente primaria (di Enrico Morando)
Se uno è troppo realistico, l'altro è decisamente irrealistico
I programmi di Pd e Pdl - secondo Luca Ricolfi (Il Riformista 22/3 e
La Stampa 23/3) - sono simili, perché «entrambi promettono ogni
sorta di interventi a favore di innumerevoli categorie di soggetti»;
e perché entrambi «pensano di finanziare le promesse con
dismissioni, contrasto all'evasione e lotta agli sprechi».
Vorrei
provare a dimostrare che entrambi i giudizi sono infondati.
1. Cominciamo dalla dimensione delle «promesse». Davvero comportano
oneri analoghi o almeno paragonabili? Per non tediare troppo il
lettore, limiterò l'analisi alla componente fiscale dei due
programmi, iniziando da quello del Pd. L'aumento della detrazione
Irpef per lavoro dipendente, «costa» 4,4 miliardi nel 2008 e 4,9 a
regime. La riduzione delle aliquote Irpef, nel 2009, 5,8 miliardi, a
regime 20,4. Il credito di imposta per le lavoratrici, dal 2010, 3,5
miliardi. La «dote fiscale dei figli», nel 2009, 1,6 miliardi, che
crescono fino a 8,3 a regime. Gli interventi sul trattamento fiscale
dell'affitto (percepito e pagato) 8 miliardi nel 2010, 3,5 a regime.
Meno tasse sul salario di produttività : 0,6 miliardi nel 2009, 1,6
(speriamo: vorrebbe dire che la contrattazione di secondo livello si
sarà sviluppata davvero) a regime. In totale (trascuro di elencare,
ma considero nel calcolo altre proposte minori): 13 miliardi nel
2009, 38 nel 2012.
Passiamo ora al programma del Pdl. Versamento Iva di cassa: nel
2009, «costa» 10 miliardi. La detassazione delle tredicesime: a
regime, 8-9 miliardi. Graduale abolizione dell'Irap: a regime
(abolizione, se non sbaglio, significa che nel 2013 l'Irap non ci
sarà più), 33 miliardi. Per anno, come minimo, 6-7 miliardi a
partire dal 2008. Riduzione Iva turismo: con l'aliquota al 10,
almeno 4-5 miliardi. Detassazione di straordinari, 2 miliardi.
Abolizione Ici prima casa: almeno 2 miliardi. Introduzione quoziente
famigliare (proposto in questi termini, non quantificabile. Per
convenzione, simulo che costi tanto quanto la «dote fiscale dei
figli» del Pd): 8,3 miliardi a regime. Tassazione separata dei
redditi da locazione: almeno 2,5 miliardi. In totale, trascurando
altre misure minori (e, in questo caso, non calcolandone l'onere):
circa 70 miliardi, di cui almeno 40 concentrati nel 2009.
Conclusione: per dimensione degli oneri, i due programmi sono
tutt'altro che simili, a meno che non si pretenda di dimostrare che
1 è uguale a 2. Quanto alla qualità delle misure proposte, non mi
sembra che ci sia bisogno di «leggere e rileggere» per concludere
che si tratta di opzioni molto diverse e spesso opposte: a meno di
non essere disposti a sostenere che - ad esempio - la quota di
salario da contrattazione di secondo livello e quella derivante da
prestazione di lavoro straordinario sono la stessa cosa.
2. Vengo ora la tema del finanziamento dei due programmi.
Ricolfi
sostiene che le fonti di copertura sono tre: a) dismissioni del
patrimonio pubblico; b) contrasto all'evasione fiscale; c) lotta
agli sprechi della P.a. . Analizziamo i due programmi, partendo
dalle dismissioni. Per il Pd, l'attivo patrimoniale può essere
chiamato a contribuire alla riduzione del debito pubblico sotto il
90% del Pil, più rapidamente di quanto non accadrebbe se si seguisse
il percorso tracciato in questi due ultimi anni. Vantaggio atteso
per il bilancio: ½ punto di PIL di spesa per interessi in meno. E'
possibile? Per rispondere, basta andare alla Tavola 1.4 della
recentissima Ruef, là dove si vede che, in assenza di interventi
straordinari sul patrimonio, il debito pubblico arriva, nel 2011,
secondo il tendenziale a legislazione vigente, al 95,0% del Pil.
L'intervento proposto dal Pd, dunque, consisterebbe nel determinare
una ulteriore riduzione del debito di soli 5 punti. A fronte di un
attivo patrimoniale superiore o almeno pari al 100% del Pil, non mi
sembra un'enormità .
Il programma del Pdl, affronta la questione nella settima
Missione «Un piano straordinario di finanza pubblica». Per questo
piano, «l'effetto positivo cumulato atteso è stimabile in termini di
un punto di Pil di minore spesa pubblica corrente e di un punto di
Pil di maggiore crescita».
Ora, è facile tirare le somme: il programma del Pd è persino troppo
realistico, confermando semmai una tradizionale timidezza del centro-
sinistra in tema di dismissioni e valorizzazione del patrimonio
pubblico. Il programma del Pdl, invece, è assolutamente
irrealistico, sia per la ragione citata da Ricolfi (ci vorrebbero
anni di trattativa con gli enti locali), sia per l'evidente
sopravvalutazione dei suoi effetti sulla crescita del Pil.
Non solo: in tutto il programma del Pdl, questa VII Missione è
l'unica in cui si scriva qualcosa di preciso sulla riduzione della
spesa corrente (corrente, non corrente primaria). A meno di non
considerare tale l'espressione: «considerevoli risparmi nel costo
dello Stato», contenuta nella I Missione (pag. 8) come conseguenza
di un non meglio definito piano di riorganizzazione e
digitalizzazione della P.a. Del resto, nel programma Pdl
l'espressione «spesa corrente primaria» non compare mai.
Confrontiamo ora i programmi sulla seconda fonte di finanziamento:
la lotta all'evasione fiscale. Nell'Azione di governo n. 2 (Per un
Fisco amico dello Sviluppo) del Pd si può leggere: «il rapporto tra
aumento delle entrate e crescita della ricchezza nazionale è
decisamente aumentato (nel 2006, è stato pari a 2,6; nel 2007, tra
1,5 e 1,6). Scontando un suo riprofilarsi verso il basso, e
ipotizzando che esso possa mantenersi attorno all'1,3 (migliore di
quello - 0,75 - della serie 2000-2005) è perfettamente fondato
prevedere un andamento delle entrate capace di "coprire"
finanziariamente questa riduzione Irpef».
Il programma del Pdl, sul punto, è piuttosto scarno: «Rafforzamento
delle misure di contrasto all'evasione fiscale già contenute nella
Legge Finanziaria del governo Berlusconi». Un'indicazione utile a
dare il senso di un di un'autocritica rispetto alla lunga stagione
dei condoni. La Legge Finanziaria per il 2006, effettivamente, ruppe
con quella logica e favorì il recupero di evasione realizzatosi nel
2006. Ma, quanto al futuro, buio pesto.
In conclusione, su questo punto: è troppo chiedere che si dimostri
dove il ragionamento del Pd in tema di elasticità entrate/Pil non
tiene?
Ricolfi scrive, giustamente, che il livello della elasticitÃ
del biennio 2000-2007 è alla lunga insostenibile. Sostiene anche che
esso scenderà fino allo 0,75 del quinquennio precedente? Può farlo.
Ma non ha pezze d'appoggio, giacché in entrambe le sue esperienze di
governo il centro-sinistra ha dimostrato - assieme a tanti limiti in
tanti altri campi - di saper migliorare la compliance fiscale tra
contribuente e amministrazione finanziaria.
Sulla terza fonte di finanziamento - lotta agli sprechi della P.a. -
Ricolfi ha ragione quando scrive: «il Pd pensa di avere una cura
shock, con un contenimento della spesa corrente primaria di almeno
40 miliardi nei primi tre anni».
Evviva. Finalmente ci si è accorti
che il programma del Pd - in questo assai poco «uguale» a quello del
Pdl - si finanzia a carico di una pesantissima riduzione della spesa
corrente primaria, in grado di interrompere l'inseguimento della
spesa da parte della pressione fiscale, così consentendo che gli
aumenti di gettito possano essere chiamati a "coprire"
corrispondenti riduzioni di pressione fiscale sui contribuenti leali
(a proposito dell'attendibilità tecnica di questo schema di
intervento, si veda la nota introduttiva alla Ruef del Ministro
dell'Economia, alla pagina VI).
Ricolfi scrive poi che il Pdl «pensa a un intervento decisamente più
leggero, pari a 20-30 miliardi spalmati su 5 anni». Credo che arrivi
a questa conclusione lavorando sulla settima Missione (già citata).
Se è così - e francamente non vedo a quale altra Missione del
programma Pdl Ricolfi avrebbe potuto riferirsi - bisognerÃ
preliminarmente notare che la spesa riducenda in questione non è
quella corrente primaria, ma quella corrente per interessi (che
diminuirebbe per effetto della riduzione del volume globale del
debito). Non sembri un inutile formalismo: la spesa che, per essere
ridotta, ha bisogno di una dura battaglia politico-culturale, è
quella certamente primaria, non quella corrente per interessi.
Ciò
da cui si deduce che chi punta tutto sulla dismissione del
patrimonio pubblico, per ridurre la spesa per interessi - come fa il
programma del Pdl - vorrà magari «abrogare il '68», in prospettiva,
ma nell'immediato cerca di lasciare tranquilli tutti quelli che si
avvantaggiano di una spesa corrente primaria molto inefficiente e
troppo elevata. Sessantottini o no che siano.
Tutto ciò basta e avanza per dimostrare che nel programma del Pdl il
tema delle dure scelte politiche necessarie per ridurre la spesa
corrente primaria non viene neppure sfiorato - con buona pace
delle «spiegazioni fornite (?) dagli estensori del programma» - per
la banale e buona ragione che questo obiettivo non è tra quelli
enunciati dal programma stesso.
La questione si può ben porre, invece, per il programma del Pd: un
obiettivo così ambizioso di riduzione della spesa corrente primaria
poggia su basi sufficientemente solide? Ricolfi mostra di ritenere
che queste ultime potrebbero essere costituite solo da «…l'arma
totale dei licenziamenti… mobilità non contrattata, …concentrare la
maggior parte dei tagli sulle regioni meridionali…».
Effettivamente,
queste scelte nell'Azione n. 1 del Programma del Pd non si
rintracciano. Se ne trovano però altre, a mio avviso più puntuali,
efficaci e realistiche, anche se maledettamente difficili. In
primis, benchmarking generalizzato e sistematico: individuazione
delle migliori pratiche, da trasformare in obiettivi per tutti, cui
parametrare premi e punizioni (un esempio: se tutte le Prefetture
avessero un rapporto addetti per abitanti peggiore «solo» del 20%
rispetto a quello di Milano, più di duemila addetti potrebbero
essere impiegati altrove, dove servono di più). Valutazione
generalizzata, a partire dai dirigenti. Premi di produttivitÃ
vincolati ai risultati e remunerazione dei dirigenti «robustamente
condizionata al conseguimento di risultati predeterminati».
Abolizione dello spoils system e superamento degli automatismi
retributivi e di carriera. Rimpiazzo parziale (50%) e selettivo del
turnover, ricorrendo alla mobilità . E ancora: abolizione degli Ato,
delle Province dove si costituiscono le Città metropolitane.
Centrali di acquisto che organizzino davvero la domanda pubblica…
Scelte tante volte tentate e mai realizzate? Verissimo. Tant'è che -
anche per questo - abbiamo deciso di andare «liberi» dal
condizionamento di coalizioni tropo deboli per sciogliere nodi così
aggrovigliati. Ci siamo dunque mostrati consapevoli «della
complessità politica di un'operazione di contenimento della spesa
pubblica». Quanto alla sua complessità tecnica, i conti sono presto
fatto: se si ipotizza - come fa il programma del Pd - di non ridurre
la spesa per prestazioni sociali, né quella per investimenti (anzi);
e se si considera che la spesa per interessi è fuori dal nostro
controllo ed è quindi riducibile solo con realistiche operazioni di
riduzione del volume del debito, restano oggetto dell'interevento
340-350 miliardi. Le politiche sopra richiamate debbono consentirci
di far crescere pochissimo in termini nominali, questo aggregato.
È
difficile? Certo. Ma tra Pd e Pdl, l'unico che ha la credibilità per
provare è il primo: in termini reali, la crescita della spesa
corrente primaria, nell'ultimo biennio, è stata pari all'1,4%,
inferiore alla crescita del Pil. Mentre, nei cinque anni precedenti,
la crescita è stata pari al 2,2%, molto oltre quella della ricchezza
nazionale.
Troveremmo sulla nostra strada grandi resistenze? È
addirittura ovvio. Prima di dare per scontato che sindacati e
sistema delle Autonomie (specie quelle del Sud) si ergeranno a
difensori dello status quo, proverei però a chiedermi se non sia
ormai diffusa la consapevolezza che di status quo, lentamente, si
muore. Tutti.
Il Riformista, 25 marzo 2008
da www.ilriformista.it
|
|
|
|
|
I commenti degli utenti (Solo gli iscritti possono inserire commenti)
|
|
|
|
|
|
|