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Mozzarella di bufala: informare, non allarmare |
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31.03.2008
La crisi del pregiato formaggio, secondo la Cia, va ben oltre il "No" della Corea alle importazioni.
La mozzarella di bufala non è tutta alla diossina. Gli ultimi dati relativi alle vendite di questo prodotto di punta del "made in Italy" alimentare, preoccupano fortemente e non solo per il "No" alle importazioni della Corea, che rappresenta una parte marginale del fatturato complessivo. La mozzarella di bufala è un formaggio nazionale e la crisi sta toccando tutte le realtà produttive, non solo la Campania quindi, ma anche Puglia e Lazio. Come dimostrano le verifiche di questi ultimi giorni, il prodotto in commercio è sottoposto ovunque a rigidissimi controlli di salubrità e qualità . Gli allarmismi sono ingiustificati e possono provocare un "effetto psicosi" simile a quello per "mucca pazza", che ha prodotto danni al settore per miliardi di euro. Lo afferma la Cia-Confederazione italiana agricoltori che, oltre a plaudire le iniziative di controllo e di verifica all'interno dell'aziende messe in atto dagli organismi preposti, invita alla massima prudenza sulla gestione dell'informazione su questa delicata materia.
Da parte nostra - prosegue la Cia - non c'è il tentativo di coprire un problema ma di collocarlo nella sua reale dimensione, circoscrivendo ai fatti reali e non caricandolo di enfasi.
Del resto - spiega la Cia - le esperienze di "Mucca e pazza" e dell'emergenza "Aviaria" sono lì a testimoniare di come l'allarmismo abbia potuto creare uno shock socio-economico di tragiche proporzioni, pur non avendo registrato nel nostro Paese, ne in quella fase ne successivamente, dati tangibili e riscontrati sulla sanità dei prodotti e sulla salute pubblica.
Come organizzazione - conclude la Cia - ci impegneremo in azioni di tutela, valorizzazione e promozione della mozzarella di bufala tra i cittadini, convinti della straordinarietà di questo alimento e nel tentativo di scongiurare un dramma commerciale che non avrebbe nessuna motivazione giustificabile, e che procurerebbe, in breve tempo, disoccupazione e danni per centinaia di milioni di euro per la produzione e l'indotto.
Fonte:
www.greenplanet.net/content/view/20902/1/
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