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Perché Indecente? glielo spieghiamo
3.08.2003
Il ministro Maroni non gradisce si dica che la legge n°. 30/2003 introduce forme di lavoro poco decente. Proverò dunque a spiegare come chi scrive è arrivato a esprimere tale valutazione.
La nozione di “travail décent” o “decent work”, che si può tradurre tanto “lavoro decente” quanto “lavoro dignitoso”, è stata presentata in dettaglio nel rapporto dallo stesso titolo del direttore generale del Bit, Juan Somavia, che ha aperto nel giugno 1999 la 87esima Conferenza mondiale dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (di cui il Bit è, per così dire, il settore operativo).
Essa suona: «Bisogna intendere con ciò un lavoro produttivo che va di pari passo con la protezione dei diritti, che permette d’ottenere un reddito sufficiente e di beneficiare d’una protezione sociale appropriata. Questa nozione implica inoltre (che un individuo disponga) d’un volume di lavoro sufficiente nella misura in cui ciascuno deve avere pieno accesso a possibilità di occupazione remunerativa».
La stessa nozione è stata tradotta in seguito dai ricercatori dell’Oit in una serie di indicatori empirici che misurano principalmente sette tipi di sicurezza, tra le quali spiccano la sicurezza dell’occupazione, del reddito, della valorizzazione professionale e della rappresentanza sindacale. La legge n°. 30/2003 e il suo decreto attuativo danno forma giuridica a tutta una serie di tipi di occupazione che sia per la loro natura contrattuale, sia per la marcata individualizzazione dei rapporti di lavoro che comportano, vanno in senso contrario a quasi tutte le forme di sicurezza indicate dall’Oit. Se queste definiscono il lavoro decente, la legge n°. 30 definisce, a mio avviso, una ampia tipologia di lavoro non decente o, se si preferisce, non dignitoso.
Che tali forme di lavoro fossero presenti da tempo nell’economia irregolare o sommersa, non è un’attenuante, bensì un’aggravante. Una legge non dovrebbe legittimare il lavoro non dignitoso che esiste, ma creare nuovi rapporti sociali che rendano più agevole moltiplicare le occupazioni dignitose, ovvero i tipi di lavoro decente. Seguendo le indicazioni dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, istituzione in cui sono rappresentati i governi, le associazioni imprenditoriali e i sindacati di circa 180 paesi.

di Luciano Gallino
da www.unita.it

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