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L’UOVO E LA GALLINA di Antonio V. Gelormini
16.04.2008

L’UOVO E LA GALLINA di Antonio V. Gelormini Tra l’uovo oggi e la gallina domani il Paese ha scelto l’uovo. Un Paese impoverito, impaurito e per certi versi abbastanza disorientato, ha reagito come qualsiasi soggetto in condizione di difficoltà. Con una scelta pragmatica, che guarda al contingente e rimanda ad altra data, e magari ad altri destinatari, l’azione responsabile di struttura.

L’affermazione elettorale di Berlusconi e del Popolo della Libertà è per buona parte la risultante al malcontento diffuso verso il governo Prodi. Un governo inviso, per aver somministrato un’efficace e improcrastinabile cura da cavallo, senza aver saputo usare i necessari ammortizzatori mediatici, per predisporre il malato all’ineludibile amaro della medicina. Un malato recalcitrante e, per di più, confuso ed allarmato da infermieri ed assistenti, che dopo aver condiviso diagnosi e terapia d’urto, facevano di tutto per sabotarne la posologia.

Da tempo il Paese non è più abituato a guardare in prospettiva. Da tempo paesaggio ed orizzonti sono offuscati da un’intensa cortina di interessi di parte, che ha reso impercettibile ogni solidale senso del bene comune. E alla lunga il popolo delle formiche, ammaliato dal canto delle cicale, ha creduto di potersi affrancare dall’onere dignitoso del sudore della fronte.

Il voto di protesta ci dice che per chiunque sarà difficile governare, al di là dei numeri più o meno tranquilli, quando una buona parte del Paese non ama che si affrontino le cose necessarie. Ecco perché la semplificazione degli assetti parlamentari, di cui si dovrà pur dare merito a Veltroni e al Partito Democratico, potrebbe favorire non poco il difficile compito di ridar corpo a un’azione riformatrice fin troppo sfilacciata, inefficace e chinata su se stessa.

Alcune cose, comunque, ci lasciano perplessi. Il sapore aspro della scomparsa di fette di società di questo Paese, tra le più deboli, dalla loro rappresentanza parlamentare. Un ritardo di modernità punito troppo duramente dagli effetti di un’infame legge elettorale. Lo sconcerto di un Mezzogiorno che si vedrà governato da una forza, la Lega Nord, che non ha contribuito ad eleggere. E l’impotenza di non poter ritirarle il voto, per non averglielo mai dato.

E ancora, il paradosso di ritrovare, tra gli scranni parlamentari, artefici del deficit di comunicazione dell’attività risanatrice del precedente governo Prodi o protagonisti discutibili per il prestigio del Paese nel precedente governo Berlusconi. La beffa, infine, di avere un’Udc mortificata nella presenza al Senato, rispetto al numero di voti raccolti (in alcune regioni i senatori non sono scattati per pochi decimi percentuali). Tre soli senatori, di cui uno è Totò Cuffaro.

Il Paese ha scelto l’uovo. Sulla sua freschezza, però, il canto del gallo non garantisce alcunché.

(gelormini@katamail.com)

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