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Collettivo artisti SPAZIO MENTALE/FISICO IV
2.05.2008

collettivo artisti SPAZIO MENTALE/FISICO IV L’artista veneta Sara Grazio presenta le sue installazioni al quarto appuntamento della rassegna del Collettivo artisti al Diwan Café di Torino. Sabato 10 maggio

Sabato 10 maggio alle 19,30 si inaugura, al Diwan Café di Torino, la mostra di installazioni dell’artista veneta Sara Grazio, le cui opere esprimono con forza il rapporto intersoggettivo con l'ambiente scelto per quella che è una vera "ostensione delle proprie metamorfosi".

La mostra di Sara Grazio è il quarto appuntamento della rassegna Spazio mentale/fisico, cinque mostre incentrate su altrettante concezioni dello spazio di cinque artisti del Collettivo artisti.

Curata da Mimmo La Grotteria, che l’ha inaugurata con la sua personale, seguita da quelle di Lisa Parmigiani e Caterina Margherita, la rassegna Spazio mentale/fisico propone cinque diverse analisi sull’ambivalenza del luogo inteso come spazio fisico e/o mentale. Il quinto e ultimo appuntamento sarà con Marco Lampis.

Alle declinazioni individuali del concetto di spazio dei cinque artisti si affiancano di volta in volta gli interventi dei critici Federica Tammarazio e Michele Bramante.

I cinque artisti di Spazio mentale/fisico si sono incontrati a Torino in occasione del progetto Abitare il confine - mostra collettiva curata nel 2006 da Domenico Papa presso il Forte di Fenestrelle - sviluppando il desiderio di lavorare a stretto contatto intorno a tematiche comuni.

L’ineluttabile ambivalenza della passione

Se esistono spazi di diversa densità e intensità, Sara Grazio si sofferma sul riflesso interiore, sulla traccia della propria presenza, dove questa sembra inestricabile dalla sede dell'emotività. Lo spazio a cui Grazio rivolge la propria attenzione è quello sfuggente nucleo a cui sembra ridursi interiormente il rapporto ambiguo, conflittuale, con gli stimoli esterni della storia privata. Davanti ai suoi simboli è possibile intuire vicende, immaginarne frammenti emotivi, senza poter ricostruire una vera narrazione. L'immagine fotografica è il surrogato della propria pelle, di una fisionomia che si trasforma, su cui si fissano simboli come sintomi del conflitto interiore. La difficoltà di un ricordo che emerge nonostante tutto, l'insostenibile necessità di soffrire nostalgicamente per un passato da lasciare alle spalle, creano una sospensione fra nevrosi e catarsi artistica. Il racconto suggerito parla della pericolosità dell'abbandono, dell'impercettibile metamorfosi che un sentimento ineffabile per intensità imprime nella persona, fino a diventarne parte integrante, fino a privare del fiato quando viene a mancarne l'oggetto del suo senso. L'invito espressivo dell'artista è la richiesta di partecipazione al riconoscimento dell'ineluttabile ambivalenza della passione. L'osservatore è mantenuto nella tensione fra il cedimento alle pulsioni, sollecitate a più livelli dall'immagine, e ansie inconsce per l'abbandono. Sara Grazio articola quest'ambiguità, attraverso la pregnanza semantica delle sue immagini, in una sorta di palinsesto simbolico: la rosa del deserto che cristallizza tra l'organico e il minerale e ha bisogno di aridità per la propria crescita; il cibo - le rose fotografate sono elaborazioni in cioccolata dell'artista - richiama il rapporto patologico al suo consumo, da cui scaturiscono spesso malattie psicofisiche; infine l'amore, e la voluttà di cui si incarna. Le funzioni dell'inconscio analizzate dalla psicanalisi possono spiegare l'associazione immediata - e non dissimulata dall'artista - delle immagini all'organo femminile; la seduzione è amplificata dalla qualità patinata, dagli ammiccamenti dei riflessi luminosi. Ma spiegano altresì il morboso disagio e la sottile inquietudine di fronte a quella potente e turgida seduzione: paura di castrazione, coazione reprimente della norma sociale; forse anche un fenomeno di transfert attraverso la collimazione del dolore dell'artista con il ricordo personale di chi osserva occupando lo spazio pubblico. Il rapporto con l'esterno è sempre esplicito nella ricerca di Grazio. A differenza di una galleria, dove spesso il visitatore è accolto come un intruso in un spazio autonomo da cui riceve passivamente la visione in modo veemente ma non tangibile, lo spazio non convenzionale del Diwan Café offre a Grazio la possibilità di un rapporto intersoggettivo con l'ambiente scelto per l'ostensione delle proprie metamorfosi. Grazio comunica, avvertendola prima in se stessa, una profondità fatale, il fascino di profumi e colori di un fiore velenoso.

Michele Bramante

Sara Grazio è nata nel 1981 a Legnago, in provincia di Verona.

Ha studiato presso l'Accademia di Belle Arti di Venezia, diplomandosi nel marzo 2006.

Nel novembre dello stesso anno ha partecipato alla mostra collettiva Abitare il confine presso il Forte di Fenestrelle.

Nel novembre 2007 ha partecipato con una sua personale alla rassegna Aperitivo d'artista. Incontri tra arte ed estetica, curata da Domenico Papa presso Spazzi-La locanda degli Arrivanti, Torino.

Attualmente vive e lavora a Venezia, dedicandosi a nuovi progetti ed eventi espositivi.

Spazio mentale/fisico IV – Sara Grazio

Inaugurazione: sabato 10 maggio 2008 ore 19,30 - Diwan Café, via Baretti 15/C, Torino

Orario: dal lunedì al sabato dalle 18 alle 24

Informazioni: 338 4536741

Diwan, un’interpretazione poetica

Antica parola che deriva dal persiano, diwan indica il luogo di incontro dei vizir. Con il tempo, prese a indicare il sedile dal quale il principe dava udienza e da cui si compiaceva di ascoltare componimenti di poesia e musica.

Il Diwan Cafè nasce da quest’ultima radice. E su queste remote suggestioni si articola il progetto degli artisti presentati nella collettiva Spazio mentale/fisico.

Un caffè letterario, un luogo di ristoro per la mente e il corpo, diventa così sede ideale di questa rassegna sullo spazio, mentale e fisico.

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