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La meglio gioventù delle donne. di Daniele Miggino
4.05.2008

La meglio gioventù delle donne. di Daniele Miggino Martedì 6 maggio 2008 alle ore 17.30 presso la Sala Camino di Palazzo Ducale a Genova, Clara Sereni è ospite della rassegna Autoritratto di gruppo, dedicata ai libri che raccontano chi ha vissuto il '68. Per l'occasione presenta il suo ultimo romanzo Il lupo mercante (Rizzoli). Presenta Daniele Miggino. Partecipano con l'autrice Anna Giacobbe (segretario CGIL Liguria), Alasia Nuti (studentessa), Claudia Priano (scrittrice).

La rassegna prosegue martedì 13 maggio 2008 (Palazzo Ducale - Sala Camino) con la presentazione di D'amore e d'odio di Maria Rosa Cutrufelli e La via del Che di Dario Fertilio. Presenta Laura Guglielmi. Partecipano Luisella Battaglia (docente di Filosofia Morale all'Università di Genova) e Carlo Repetti (direttore del Teatro Stabile). Martedì 20 maggio 2008 (Palazzo Tursi, Salone di Rappresentanza) è la volta di Quando è la rivoluzione di Fulvio Abbate. Presenta Luca Borzani. Partecipano Giuliano Galletta (giornalista e scrittore), Sandra Solimano (direttore del Museo d'Arte Contemporanea di VIlla Croce)
«Se si va a vedere il '68 è stato raccontato veramente poco, sia dal cinema che dalla letteratura. Per di più con una grande confusione tra '68 e '77, due periodi totalmente diversi, tra cui passa una generazione Tra quelli che mi ricordo c'è La meglio gioventù. Il mio libro un po' ci assomiglia, solo che nel film i protagonisti sono maschi, mente questa è una storia tutta al femminile». Così Clara Sereni descrive il suo ultimo libro, Il lupo mercante (Rizzoli), un romanzo corale che racconta l'Italia attraverso storie di donne. Storie parallele e unite allo stesso tempo dal fatto di appartenere ad una generazione che voleva cambiare il mondo. La narrazione è scandita in quattro tempi, che sono anche le fasi fondamentali della vita: la giovinezza, l'impegno politico, il cosiddetto riflusso, la maturità. Ogni capitolo racconta un piccolo frammento di esistenza, ma cruciale e determinante nell'esperienza di una persona e sempre intrecciato con le vicende della storia.
La giusta chiave di lettura per raccontare quegli anni, Clara Sereni l'ha trovata in una poesia di Maxine Kumin, Dopo l'amore. «Sono partita da lì, è una citazione presa da quei versi, che sono stati come uno spirito guida».

Qual è la differenza più grande tra la generazione che racconta e quelle che hanno vent'anni oggi?
«Ci sono tante divergenze, ma anche sotterranee convergenze. Il bisogno di ideali, di valori, la necessità di uno sguardo più lungo sul futuro. Nonostante oggi imperi il massimo individualismo credo non sia finito il bisogno di collettività. Allora c'erano parecchi muri da abbattere, oggi non è più una questione di schierarsi contro, ma per qualcosa».

Allora l'obiettivo era cambiare il mondo. Cosa è cambiato realmente?
«Sono cambiate moltissime cose. Soprattutto nei costumi. Io stessa, mentre scrivevo, mi stupivo di come si sia potuti arrivare, partendo dall'Italia conservatrice degli anni Sessanta, alla società che ha seguito il '68. Per un periodo c'è stata una vera egemonia culturale. Dal punto di vista politico, invece, è mancato l'attacco il cielo: la classe politica è rimasta impermeabile a quella temperie e troppe occasioni di cambiamento sono andate perdute. Questa è una peculiarità italiana, in altri paesi è andata diversamente».

A chi è diretto il racconto de Il lupo mercante?
«Più direttamente a mio figlio, ma ai giovani in generale. Non volevo fare un "come eravamo" e spero che il libro non sia nostalgico. Ho fatto quattro stesure prima della versione finale, cosa che non mi succede mai. Di solito non ho un lettore immaginario».

Cosa è stato più difficile trasmettere nelle pagine del libro?
«La felicità. Ognuno aveva i suoi guai, ma aveva la possibilità di inserirsi in un contenitore collettivo. Felicità voleva dire anche lotta. E poi una grande vitalità. La scoperta delle piazze, per esempio: la sera andavi in piazza per cantare insieme agli altri. C'era una comunità».

Come ha scelto i capitoli e perché ognuno ha come protagonista una donna diversa?
«È stato difficile, di episodi ce n'erano talmente tanti che poteva diventare una cosa infinita. Una selezione era necessaria, ho preso quelli che mi sembravano più indispensabili. Le protagoniste sono diverse perché volevo sottolineare che si tratta della voce di una generazione».

Di un capitolo è protagonista anche un uomo
«Sì, mi sembrava giusto mettere anche il punto di vista maschile, anche se sono sempre un po' a disagio a mettermi nei panni di un maschio. Forse se anche i maschi sentissero un po' di più questo disagio non sarebbe male».

La parola femminismo è citata solo una volta nel libro, come mai?
«Perché non mi sembrava indispensabile. Rischiavo di prendere toni troppo saggistici».

Oggi che chi dice che le conquiste del '68 vanno riconquistate perché molte sono andate perdute anche a causa di qualche sessantottino che ha tradito quei valori. È d'accordo?
«Non sono d'accordo. Quelli che hanno rinnegato sono comunque una minoranza. Molti hanno deciso di cambiare le cose nel loro piccolo, andando ad insegnare a scuola, o magari facendo il poliziotto, il questore. In parte hanno perso, ma non vuol dire che abbiamo cambiato opinione. Forse come genitori abbiamo avuto qualche responsabilità, perché abbiamo detto ai nostri figli: "non ti preoccupare, a riformare il mondo ci penso io". Probabilmente il loro disinteresse dipende anche da questo».

Quindi, sono stati i genitori a creare i bamboccioni?
«Un po' sì. C'è la questione del benessere economico, certo. Ma il nostro atteggiamento ha influito. Mentre oggi, guardando al futuro, è importante ripartire da quella che nel libro chiamo organizzazione della speranza. Di cose da dire ce n'è sono ancora molte».

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Clara Sereni Scrittrice, giornalista, traduttrice, editorialista per i quotidiani L'Unità e Il Manifesto.

Si impone all'attenzione della critica e del pubblico con il libro d'esordio: Sigma Epsilon (1974), una rivisitazione in chiave autobiografica del frenetico impegno politico che aveva caratterizzato la sua generazione. La sua seconda opera, Casalinghitudine (1987) è una specie di ricettario in cui ogni piatto è legato a un momento particolare del proprio passato. La sua fama si accrebbe con i racconti di Manicomio primavera (1989) e con il romanzo Il gioco dei regni (1993).

A Perugia, dove vive dal 1991, riveste la carica di vice sindaco, con delega alle Politiche sociali dal 1995 al 1997.

Nel 1998, a seguito di una vicenda familiare (il figlio Matteo è psicotico dalla nascita), promuove la Fondazione Città del sole – Onlus, che si impegna a favore prevalentemente di disabili psichici e mentali gravi e medio-gravi.

(Wikipedia)

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