Welfare Italia :: Cronaca :: Perché abbiamo perso Roma Invia ad un amico Statistiche FAQ
3 Maggio 2024 Ven                 WelfareItalia: Punto laico di informazione e di impegno sociale
Cerca in W.I Foto Gallery Links Documenti Forum Iscritti Online
www.welfareeuropa.it www.welfarecremona.it www.welfarelombardia.it www.welfarenetwork.it

Welfare Italia
Home Page
Notizie
Brevi
Il punto
Lettere a Welfare
Cronaca
Politica
Dal Mondo
Dalle Regioni
Dall'Europa
Economia
Giovani
Lavoro
Cultura
Sociale
Ambiente
Welfare
Indian Time
Buone notizie
Radio Londra
Volontariato
Dai Partiti
Dal Parlamento Europeo
Area Iscritti
Username:
Password:
Ricordami!
Recupero password
Registrazione nuovo utente
Brevi

 Foto Gallery
Ultima immagine dal Foto Gallery di Welfare Italia

Ultimi Links







Perché abbiamo perso Roma
7.05.2008
di Goffredo Bettini, coordinatore nazionale del PD - da L'Unità del 7 maggio 2008
Dopo qualche giorno è più facile cominciare una riflessione sul voto di Roma più calma e profonda. Sottolineo, cominciare. Perchè anche questo risultato ci consegna il compito di una indagine non occasionale sugli orientamenti della società italiana di oggi.

Con la sconfitta del 28 Aprile, nella Capitale, si chiude un ciclo. Un lungo ciclo durato circa 15 anni e apertosi nel ‘93 proprio con la vittoria, per molti aspetti sorprendente, di Francesco Rutelli. Chiunque sia in buona fede, e senza il vincolo propagandistico di una campagna elettorale, può convenire che in questo arco di tempo Roma è profondamente cambiata e migliorata. È cresciuta in quantità: nel Pil, nell’occupazione, nella natalità delle imprese, nei numeri del turismo. Ed è cresciuta in qualità: trasformandosi da città un po’ pigra ed economicamente residuale, alla città dell’innovazione, dei servizi avanzati, della cultura, della ricerca e delle università.

È tutto qui il “modello Roma”. Una sinistra che va (anticipatamente rispetto al Paese) ben oltre se stessa e che stabilisce un’alleanza con le risorse creative ed imprenditoriali più significative, nel tentativo, riuscito, di modernizzare la Capitale, rendendola competitiva rispetto alle altre aree urbane dell’Europa e del mondo.

Se si analizza bene, le ragioni della conclusione di questo ciclo sono tante, e si intrecciano tra di loro. Ha pesato, senza alcun dubbio, la stessa lunghezza ininterrotta del governo delle forze del centrosinistra. Dopo tanto tempo non va sottovalutato un certo fisiologico desiderio di cambiamento e di rottura di equilibri così consolidati, da apparire esclusivi e ripetitivi.

Così come è stata impressionante la campagna mediatica sulla sicurezza e il degrado. Fino al punto paradossale che una violenza vissuta a Roma ha meritato l’apertura dei telegiornali, passando quasi inosservate simili violenze a Milano o in qualche altra città del Nord.

E poi, il vento di destra che ha spirato in Italia, spazzando via la sinistra radicale, ha soffiato forte anche nella Capitale. Seppure qui il Pd alle politiche si è attestato sul risultato clamoroso del 41%.

Infine, non si può nascondere che la generosissima ed autorevole candidatura di Rutelli non è riuscita a far emergere a sufficienza (anche per questioni di tempo) il suo profilo civico, di un grande sindaco riformatore come egli è stato, pagando un tributo, invece, al suo carattere nazionale, di leader politico appassionato e segnato, tuttavia, da tante battaglie, ferite ed inimicizie.

Ma anche l’insieme di queste questioni, non sembra a me cogliere il nucleo del problema. Si limita, semmai, a rimandare ad esso. Ed il problema sta che la magnifica stagione delle riforme romane si è trovata di fronte (in verità non improvvisamente) ad un nuovo, radicatissimo stato d’animo dei cittadini. Ad un “umor nero”, che sta invadendo la società. Alla paura che la globalizzazione diffonde in tutto l’Occidente e che la destra fomenta, interpreta, cavalca.

Il modello romano ha nel suo Dna un timbro totalmente diverso, opposto. Nasce per liberare, dopo Tangentopoli, le energie vive e represse della città. Nel segno della speranza, della crescita, dell’internazionalizzazione, dell’apertura al mondo. Immagina, e realizza, una città solidale, accogliente, con l’ambizione di inedite strutture e servizi, alcuni dei quali occasione per il ritorno a Roma della grande architettura moderna. E con Veltroni questo modello espansivo raggiunge la sua massima torsione positiva. Con momenti di entusiasmo (soprattutto tra la gente) persino visionari.

Verrebbe da dire che tutto ciò è oggi, per tanti aspetti, in contrasto con lo spirito del tempo; che pone tanti interrogativi ai quali la sinistra stenta a dare risposte, anche per sua scarsa applicazione mentale. Ci attraversa, infatti, una globalizzazione dai contorni incerti, che fa saltare vecchi equilibri. L’Europa tende a chiudersi a riccio. L’Italia in particolare. Si declina lo straniero come nemico. Il diverso come sospetto. L’incontro ed il dialogo come cedimento. E perfino il cattolicesimo inasprisce: dal messaggio ecumenico di fratellanza di Giovanni XXIII, si passa ad un cattolicesimo di combattimento, di parte, che viene rivendicato come radice storica per differenziarsi dagli altri; come strumento per fare “comunità” alternative al resto del mondo, piuttosto che come testimonianza in terra di un messaggio universale di redenzione, consolazione e speranza degli esseri umani, nella loro condizione naturale di esseri umani; senza se e senza ma.

In questa tempesta il modello Roma ha lottato controcorrente. Si è retto fino alla fine per il prestigio di Veltroni, che comunque è uscito dal suo incarico con un consenso intorno al 65% dei cittadini. Ma ripeto: si è lottato controcorrente.

Ciò non giustifica nulla. Ma storicizza un cambio di fase e fa capire meglio.

Le baracche di immigrati sono certo un problema. Ma in questo quadro diventano qualcosa che va oltre la concretezza di un fastidio o di una reale pericolosità. Ricordo che i dati sulla criminalità a Roma sono più confortanti rispetto a quelli di Milano: per non parlare di quelli di altre grandi metropoli straniere come New York, o Parigi, o Londra.

Ma il punto non è quello che è reale, ma quello che il reale evoca e fa immaginare. Le baracche, con la loro presenza di persone fluttuanti e sconosciute, alludono a qualcosa di enorme che si sta muovendo attorno a noi. A processi non controllabili, economici, sociali, ambientali che si prevedono devastanti e che comunque, nel mondo, hanno alla testa nuovi protagonisti, più giovani e voraci di vita.

Anche la Roma degli anni cinquanta brulicava di borghetti. Essi si mischiavano al fluire normale della città. Erano i residui familiari di una vecchia povertà italiana. Oggi questi insediamenti sembrano le prime avanguardie, sconclusionate, disperate ma tenaci, di un rimescolamento più generale dell’ordine tra i popoli e delle gerarchie del pianeta. Per questo fanno paura.

La Capitale, anche nel passato, ha risentito in modo acuto del mutare degli orientamenti di fondo degli italiani. Ricordo la fine delle giunte di sinistra alla metà degli anni ‘80. Quando Ugo Vetere, un bravo sindaco, fu sconfitto, si chiese perchè mai aveva perso nelle borgate dopo che, proprio lì, si erano investiti, come mai nel passato, tanti miliardi e si erano soddisfatti bisogni e servizi con un impegno ed una dedizione davvero speciali. Non trovò alcuna gratitudine. Perchè il vento era cambiato.

Il ciclo di Petroselli aveva dato il massimo, e si stava esaurendo: il grande risanamento di Roma e la riscoperta della sua storia antica, in forma non retorica, ma anche come occasione di una moderna socialità. Le passeggiate ai Fori. Il «Napoleon» al Colosseo. Il cinema a Massenzio.

Tutto ciò parlava sempre di meno ad una città che, in forma subordinata e come succursale del potere politico, annusava il rampantismo dei nuovi ceti predatori ed i facili guadagni della Borsa o dell’intrigo affaristico. Una città che, anche nelle borgate, stava cambiando mentalità. L’abusivismo non era più prevalentemente di necessità. Assomigliava sempre più ad un business: molti poveretti di un tempo facevano spazio a piccoli speculatori, i quali si sentivano già un ceto superiore, proprietario in alcuni casi di non marginali valori immobiliari.

Dico questo perchè quando oggi qualcuno si riferisce ad un ultima fase di Veltroni poco attenta alle periferie o alla vita minuta della città, rispondo che raramente ho conosciuto un amministratore così maniaco del particolare e delle persone in carne ed ossa come Veltroni; ma che comunque non è questo il punto fondamentale. Sono anch’io per la “religione” del quotidiano, ma essa non basterà mai se cade la fiducia della gente per un progetto, per un’idea, per un sentimento di città.

Alemanno ha vinto perchè, in calcomania, si è messo nella scia di un animo negativo che ci sta pervadendo. Le sue antenne sono buone. Viene dalla destra sociale. Pensa, insieme a giovani acuti come Andrea Augello.

La durata del suo ciclo dipende anche da noi. Dalla nostra capacità di superare questo passaggio uniti, non prigionieri dei dettagli; ma consapevoli della partita di fondo che si è aperta. Dobbiamo preparare un nuovo ciclo, che a Roma deve essere guidato da una nuova generazione di dirigenti. Questa è la posta in gioco. E per questo davvero la riflessione ha bisogno di tempi, di verifiche, di spessore morale. Di una capacità di saper tenere botta.

Non siamo rimasti a mani nude. Abbiamo costruito controcorrente il Pd, il più grande partito riformista della storia italiana. Partiamo da lì, per ridare una speranza a noi stessi ed al Paese e per ricollocare il nostro pensiero negli scenari inediti che il mondo ci pone dinnanzi.

da www.unita.it

Welfare Italia
Hits: 1796
Cronaca >>
I commenti degli utenti (Solo gli iscritti possono inserire commenti)
Terza pagina

Sondaggi
E' giusto che Bersani si accordi con Berlusconi per le rifome ?

Si
No
Non so
Ultime dal Forum
La voce del padrone di Lucio Garofalo
Salotti culturali dell'Estate bolognese
Pippo Fallica querelo' Corriere della Sera e La Sicilia?
NO LEADER, NO PARTY di Luigi Boschi
UN PARTITO LENINISTA (LEGA) CHE SPOSA IL VATICANO di A.De Porti
POESIA DI VITA di Luigi Boschi
La vita spericolata del premier di Silvia Terribili
Romea Commerciale di Orlando Masiero
Sondaggio, 15mila i voti finora espressi
Buon che? di Danilo D'Antonio
L'Italia è una Repubblica "antimeritocratica" fondata sul lavoro precario
LA PROTESTA DEI SANGUINARI di Luigi Boschi
L'AQUILONE STRAPPATO di Antonio V. Gelormini
Il reality scolastico su "Rai Educational"
Vuoto indietro diventa proposta di legge,





| Redazione | Contatti | Bannerkit | Pubblicità | Disclaimer |
www.welfareitalia.it , quotidiano gratuito on line, è iscritto nel registro della stampa periodica del Tribunale di Cremona al n. 393 del 24.9.2003- direttore responsabile Gian Carlo Storti