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Dibattito aperto nei Democratici USA
6.08.2003
Democratici Usa. Lieberman attacca Howard Dean: sei troppo a sinistra, ci faresti perdere
NEW YORK. Lo scontro elettorale per la Casa Bianca si fa duro, soprattutto all’interno del Partito democratico. Il senatore Joseph Lieberman - la cui vittoria alle primarie pare sempre più incerta – ha dato fuoco alle polveri denunciando una pericolosa deriva a sinistra della linea politica. Durante un incontro al National Press Club di Washington, quando i giornalisti gli hanno chiesto un commento su Howard Dean, l’ex governatore del Vermont, rimbalzato in testa ai sondaggi per aver criticato senza remore l’amministrazione Bush, Lieberman ha risposto: “Un candidato che si è opposto alla guerra contro Saddam Hussein, che ha proposto di bloccare tutti i tagli alle tasse chiesti dal presidente, non è il tipo di leader di cui l’America ha bisogno per raccogliere le sfide che ci troviamo davanti”.
Questa è anche l’opinione emersa la scorsa settimana all’interno del Democratic Leadership Council, l’organizzazione che rappresenta il centro del Partito democratico, quella che aveva sostenuto la “terza via” di Bill Clinton, e che ora lancia un allarme: Dean, e per certi aspetti John Kerry, senatore del Massachusetts, sono troppo a sinistra per conquistare l’opinione pubblica americana. La vittoria di uno di loro alle primarie si tradurrebbe automaticamente in una sconfitta alle elezioni. Il messaggio per l’elettorato democratico è che votare questi candidati sarebbe come comprare “un biglietto senza ritorno”.
Dichiarazioni che confermano una profonda spaccatura all’interno del Partito democratico sulla strategia da adottare per battere George W. Bush, e d'altronde bastavano le nove candidature in campo a mettere in luce la crisi d’identità sopraggiunta con la fine dell’amministrazione Clinton. Gli osservatori hanno colto tuttavia un elemento di novità in questo improvviso inasprimento dei toni: con le critiche si prende atto del fatto che il candidato di punta è ormai Howard Dean e che Joseph Lieberman, non solo non è più il favorito, ma ha seri problemi con la sua campagna elettorale. Il vantaggio iniziale che i sondaggi gli avevano riconosciuto era legato essenzialmente alla popolarità guadagnata durante le sfortunate presidenziali del 2000, quando correva come vice di Al Gore. L’idea di presentarsi come “un Bush in versione leggera”, che pare presa dalla pubblicità con cui l’industria del tabacco vuol dare a intendere che certe sigarette fanno meno male alla salute, non ha fatto presa sugli elettori moderati, mentre lo ha fatto identificare come un conservatore da gran parte dei democratici.
Non è un caso che l’ultimo numero di Time e Newsweek abbiano dedicato la copertina ad Howard Dean, l’outsider su cui nessuno avrebbe scommesso un centesimo e che ha scavalcato le candidature forti del partito. “Il governatore Dean, al contrario di molti democratici a Washington, ha capito che l’unico modo per mandare a casa George W. Bush è tenergli testa e coinvolgere più gente possibile nel processo politico”, ha dichiarato una portavoce, sicura che le dichiarazioni di Lieberman si riveleranno un boomerang.
Nonostante gli elettori abbiano dimostrato poca disposizione a versare contributi alla sua campagna, compromettendo seriamente la possibilità di acquistare spazi pubblicitari, Lieberman ostenta una fede incrollabile sulla sua capacità di conquistare le grandi fasce di elettori moderati, di cui si considera il naturale rappresentante. “Condivido la rabbia di tutti gli amici democratici per la direzione sbagliata in cui l’amministrazione Bush ha trascinato la nazione – ha dichiarato – Ma la risposta a quest’ideologia sorpassata ed estremista non può essere un’altra ideologia sorpassata ed estremista”. Lieberman, senza mai citarlo per nome, ha lasciato intendere che il senatore Kerry, un altro contendente in ascesa, non è meglio di Dean: “Qualcuno ha detto no all’eliminazione di Saddam Hussein, è stato ambiguo sulla scelta dell’intervento militare, sia prima che dopo la guerra. Non possiamo permetterci incertezze quando è in gioco la sicurezza del Paese, non possiamo rinunciare all’uso della forza quando sono in pericolo i nostri valori”. Accuse di dubbio gusto, visto che il senatore Kerry ha combattuto in Vietnam ed è stato decorato per meriti di guerra. Il fatto che abbia criticato la rottura con le Nazioni Unite e il mancato tentativo di un accordo diplomatico, agli occhi del moderato Lieberman, che un campo di battaglia lo ha visto solo al cinema, basta a farne una sorta di vigliacco.
L’ultima stoccata l’ha tirata a un altro moderato, l’ex capogruppo alla Camera Dick Gephardt, che nel suo programma elettorale ha inserito una proposta per assicurare una minima copertura sanitaria agli oltre 50 milioni di americani che non possiedono un’assicurazione e che non hanno accesso alle cure mediche fondamentali. “Qualcuno vorrebbe risolvere il problema delle assicurazioni mediche con una legge che verrebbe a costare 2mila miliardi ai contribuenti, sottraendo risorse allo sviluppo, all’educazione, alle forze dell’ordine e ai vigili del fuoco”. Non certo Lieberman, ma allora perché non lasciar fare a Bush?

di Roberto Rezzo
da www.unita.it

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