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CONVIENE L’ACCORDO MUTUI?
30.05.2008

CONVIENE L’ACCORDO MUTUI? UNA VALUTAZIONE DI MERCATO Finanza di Flavio Angelini e Stefano Herzel

E’ ormai opinione diffusa che l’intesa tra l’ABI e il governo sulla rinegoziazione dei mutui, atta a diminuire l’importo delle rate dei mutui a tasso variabile, è in realtà un’operazione di rimodulazione del debito. Il sottoscrittore può richiedere che il mutuo a rata variabile divenga a rata fissa, calcolata in base alla media del tasso di riferimento del mutuo nel 2006, spalmando gli interessi non corrisposti tramite un (probabile) allungamento della durata del mutuo.

Le opinioni sull’operazione sono discordanti: si va dalla tesi del regalo da parte delle banche ai mutuatari a accuse di ulteriori guadagni per le banche a scapito della clientela. Le ultime agenzie riportano che il Ministro Tremonti giudica equa l’operazione. Ma qual è il costo finanziario di tale operazione?

In pratica, banca e cliente stipulano un contratto derivato su tassi d’interesse denominato tecnicamente interest rate swap, in cui la banca si impegna a pagare interessi a tasso variabile e il cliente a tasso fisso. Tale contratto ha un costo, a carico del cliente date le condizioni attuali del mercato, che viene rimborsato alla banca con il seguente meccanismo (caveat: essendo l’accordo in via di definizione alcuni dettagli tecnici potrebbero essere modificati):

1) la differenza tra la rata prevista dal mutuo originario e quella rinegoziata viene addebitata su un conto, detto finanziamento accessorio, che accumula interessi a un tasso pari all’interest rate swap a 10 anni più mezzo punto percentuale.

2) alla scadenza originaria del mutuo, il saldo positivo del conto rappresenta il debito residuo del cliente con la banca; tale debito sarà estinto al tasso fisso del finanziamento accessorio con rate uguali, o comunque non maggiori, alla rata rinegoziata. Nel caso in cui il tasso di riferimento scendesse sotto quello medio del 2006, rendendo non più vantaggioso il contratto, il cliente può tornare alla rata a tasso variabile, ma solo quando il valore del conto è negativo (cioè a suo credito).

Molte analisi apparse sulla stampa si basano su scenari futuri per i tassi d’interesse, spesso con l’ipotesi che rimangano invariati per tutta la durata dell’ammortamento, ottenendo risultati validi esclusivamente a titolo esemplificativo, che non danno risposte in termini di valutazione di mercato dell’operazione e forniscono informazioni limitate sulla sua rischiosità.

L’operazione, pur essendo un contratto swap di tipo cosidetto plain vanilla e quindi valutabile in maniera standard, viene resa più complessa dal meccanismo di rimborso. Si può comunque ricorrere a uno schema semplificativo che consiste nel congelare i tassi futuri ai tassi a termine correnti e poi effettuare la valutazione come se fossero titoli a tasso fisso anziché a tasso variabile. Un’analisi metodologicamente corretta della rischiosità dell’operazione richiede l'applicazione di modelli matematici piuttosto sofisticati.

Nella Tabella vengono riportati i risultati della valutazione su mutui di durata residua di 10, 15 e 20 anni a rate mensili e semestrali e con un debito residuo di 100.000 euro. In particolare, sono stati stimati il valore attuale del contratto swap calcolato rispetto alle quotazioni del 23-5-2008 (valore Swap) e il valore attuale di quanto dovuto dal cliente (costo Cliente). La differenza tra questi due valori rappresenta il valore attuale di quanto ricaverebbe la banca dall’operazione e è stata rappresentata sia in forma percentuale, che in termini di spread implicito rispetto al tasso swap. Abbiamo inoltre stimato il numero medio di rate aggiuntive e il valore medio dell’importo finale del conto di finanziamento accessorio. L’analisi condotta mostra che l’operazione procura un vantaggio contenuto per la banca dal punto di vista finanziario. Infatti uno spread minore di 10 punti base (cioè 0.1%) sul tasso swap è un margine piuttosto esiguo rispetto alle pratiche di mercato. L’operazione produce un allungamento medio di circa un anno per mutui di durata 10 anni, di circa 2 anni e mezzo per quelli di 15 anni e di circa 5 anni per quelli di 20 anni.

Tramite simulazioni di scenari evolutivi dei tassi di interesse si può ottenere un’analisi della rischiosità del contratto. Per un mutuo di durata 10 anni la durata aggiuntiva può arrivare fino a 3 anni e la probabilità che sia maggiore di due anni è di circa il 12%. Per un mutuo di durata 20 anni, la probabilità di dover pagare rate aggiuntive per più di 5 anni è di circa il 54%. Tali valori, puramente indicativi, vanno letti come indice di rischiosità in termini di allungamento della durata del mutuo.

Concludendo, riteniamo che l’operazione sia sostanzialmente equa dal punto di vista finanziario con costi aggiuntivi a carico del cliente piuttosto contenuti. Prima di sottoscriverla occorre valutare con attenzione nei casi specifici il rischio durata e il costo implicito. Sarebbe ovviamente più conveniente una rinegoziazione dello spread contrattuale del mutuo, soprattutto tenendo conto che le nuove offerte potrebbero presentare spread minori rispetto a quelli stabiliti in passato. Va rilevato inoltre che il meccanismo di rimborso introdotto nella proposta appare artificioso: sarebbe stato più semplice fissare la rata mantenendo il tasso variabile e aggiustando di conseguenza i tempi di rimborso.

Flavio Angelini e Stefano Herzel

Fonte: http://www.nelmerito.com

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