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Medici pubblici, sanità privata
7.08.2003

In occasione della preparazione del Dpef, è tornata in discussione la proposta, già in precedenza presentata dal ministro della Salute, Girolamo Sirchia, di incentivare le polizze assicurative per promuovere la libera professione all’interno delle aziende sanitarie del Sistema sanitario nazionale (intra moenia). Due sono gli assunti di fondo. Da un lato, il vincolo di finanza pubblica impedisce la soddisfazione delle domande crescenti di assistenza. Dall’altro, la spesa sanitaria privata ammonta nel nostro Paese a circa il 2 per cento del Pil, coinvolgendo in molti casi l’acquisto di servizi che il Ssn dovrebbe produrre. Dirottarne una parte verso il finanziamento dell’intra moenia sarebbe un modo per realizzare l’obiettivo spesso affermato, ma mai attuato, della creazione di circoli virtuosi fra spesa pubblica e privata. Il meccanismo permetterebbe, infatti, un afflusso di risorse al Ssn quantificabili, secondo il ministro, in cinque miliardi di euro e al tempo stesso, amplierebbe le opportunità di scelta dei cittadini. Eserciterebbe inoltre un effetto di calmiere sui premi assicurativi perché il prezzo delle prestazioni erogate in intra moenia è inferiore a quello praticato dalle cliniche private.

La situazione attuale

Benché i dati siano incompleti, l’evidenza, riconosciuta dalla stessa agenzia per i servizi sanitari, dimostra che il rendimento dell’intra moenia è stato assai inferiore rispetto alle attese. Anziché negli ospedali pubblici, la gran parte dei ricoveri erogati in regime di intra moenia è stata e continua a essere effettuata all’esterno, in strutture convenzionate.

Inoltre, in assenza di idonei spazi in ospedale, i medici restano liberi di visitare i pazienti nei propri studi privati, una possibilità di recente prorogata fino al 2005. Il che significa non solo che l’obiettivo di legare i medici ai propri ospedali è stato largamente disatteso, ma anche che i ricavi netti per il Ssn sono stati assai modesti: nel 2001, 93 milioni contro 710 milioni di euro di incassi. Al tempo stesso, non mancano i segnali di creazione di un doppio binario per l’accesso ai servizi, e con esso, di nuove iniquità.

Anche la proposta del ministro Sirchia rischia, però, di generare effetti opposti a quelli attesi.

Quello che potrebbe accadere

Innanzitutto, se i limiti dipendono da inadeguatezza dell’offerta pubblica più che da carenza di domanda, il rischio è che i vantaggi finanziari ricercati, benché modesti (cinque miliardi di euro rappresentano circa un quinto della spesa sanitaria privata), si riversino sui produttori privati anziché sulle aziende pubbliche.

Inoltre, già oggi polizze private e fondi integrativi sono perfettamente liberi di finanziare l’intra moenia: e infatti lo fanno. Per ottenere un dirottamento anziché una crescita della spesa privata, sarebbe allora necessaria la diminuzione dei premi. Ma assicurazioni e fondi possono già adesso stabilire polizze con premi differenziati secondo il tipo di prestazioni permesse. E godono di agevolazioni fiscali: deduzioni, per le polizze erogate da fondi e detrazioni, per le prestazioni a carico del cittadino assicurate da polizze individuali. Si tratterebbe allora di incrementare le agevolazioni. Ogni agevolazione fiscale, però, è un costo per l’erario.

Infine, con l’eventuale potenziamento dell’ospedalità privata, non potrebbero acuirsi i problemi di iniquità all’accesso, di inappropriatezza delle prestazioni e di interazione "viziosa" fra pubblico e privato? Sull’iniquità, la risposta sembra ovvia. Si vorrebbe estendere un istituto già problematico sotto questo aspetto, senza avere prima predisposto gli strumenti di controllo necessari. Sull’inappropriatezza, occorre ricordare i rischi di proliferazione dei consumi associati alle assicurazioni private. Sull’interazione "viziosa", ci sono i rischi sia di scrematura dei pazienti sia di incremento delle tariffe per il rafforzamento del peso contrattuale dell’ospedalità privata.

Ancora una volta, ci troviamo di fronte a una proposta lanciata all’opinione pubblica a prescindere da una ricostruzione rigorosa dell’esistente e da una valutazione analitica dei possibili effetti.

 

Elena Granaglia

da www.lavoce.info

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