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Brodolini, Brunetta e Giuseppe Stalin (di Bruno Ugolini)
3.06.2008
Ogni occasione è buona per deprecare gli effetti, che si presumono nefasti, dello Statuto dei Lavoratori. È vero che quella legge ha i suoi anni e non comprende ad esempio tutele e diritti per i protagonisti di questa rubrica, ovverosia gli atipici spesso precari. Non è però tale pesante lacuna che interessa i detrattori dello Statuto. Uno tra gli ultimi scesi in campo è Vittorio Feltri, direttore di “Libero”.

Tutto nasce dall’entusiasmo per le scoppiettanti sortite del neo-ministro Brunetta, intento a risolvere a colpi di mannaia i problemi delle efficienze nel pubblico impiego. Feltri però avanza le sue perplessità: «Siamo curiosi di scoprire come il ministro pensi di realizzare l’ambizioso e salutare piano». Ecco perché: «L’Italia - spiega - è ancora schiava dello Statuto dei Lavoratori di brodolìniana memoria. Una specie di summa dello stalinismo che impedisce qualsiasi tipo di elasticità nel pubblico e privato impiego. Nessuno ha osato scalfire il Verbo, perfino l’articolo 18 (sul reintegro) è tuttora in vigore». Ecco fatto, il socialista ministro del Lavoro alle fine degli anni 60, Giacomo Brodolini, descritto come un seguace di Stalin, autore di uno Statuto che sforna «fannulloni» a tutto spiano.

Tali annotazioni hanno sollevato l’indignazione della Fondazione che porta il nome di Giacomo Brodolini. E così il suo presidente Enzo Bartocci ha spedito una lettera a Vittorio Feltri, rimasta senza risposta e senza pubblicazione. Lo scritto contiene tra l’altro due annotazioni interessanti. La prima è che lo Statuto non interessa il pubblico impiego ma i lavoratori privati (anche se in materia di licenziamenti per giusta causa non esista alcun veto nelle aziende pubbliche).

La seconda annotazione riguarda il fatto che il nome dell’attuale ministro Renato Brunetta è stato incautamente contrapposto a quello del presunto «stalinista» Giacomo Brodolini. Questo perché lo stesso Brunetta è stato a suo tempo proprio presidente della Fondazione Giacomo Brodolini. Un emerito stalinista anche lui?

Aveva scritto Bartocci, a proposito dell’accusa di stalinismo: «Mi sia concesso di rettificare questa affermazione che nasce da preconcetti prodotti da una mancanza di conoscenza diretta della materia di cui si tratta, preconcetti lesivi della memoria di una delle figure più limpide di statista che abbia conosciuto la cosiddetta prima Repubblica… In primo luogo lo “Statuto” costituì, quando fu varato nel 1970, uno dei momenti più alti della cultura giuridica italiana, una tutela “liberale” del mondo del lavoro nei luoghi di produzione nella prospettiva di una democrazia industriale. Basti pensare all’attenzione che alla legge è stata prestata da studiosi e governi dell’Europa occidentale.

Non è poi un caso che Giacomo Brodolini, il padre delio “Statuto”, provenisse dalle fila del Partito d’Azione e fosse una delle figure di punta del riformismo socialista, come non è un caso che Gino Giugni - estensore materiale della legge e uno dei massimi giuslavoristi italiani della seconda metà del XX secolo - sia stato gambizzato dalle Brigate Rosse. In secondo luogo le norme in questione non estendono al pubblico impiego il loro campo d’applicazione come si afferma nell’editoriale. Per sincerarsene è sufficiente leggere l’art, 35 della legge 20 maggio 1970 n° 300. Non vedo pertanto in quale misura lo “stalinista” Giacomo Brodolini possa essere implicato in una vicenda che non lo riguarda…».

C’è poi la precisazione che riguarda Brunetta: «…Lo stesso Ministro Brunetta - che ha competenza in materia ed è stato per anni Segretario generale della Fondazione Giacomo Brodolini - esclude che la legge impedisca di licenziare i dipendenti pubblici per scarso rendimento». Così la Fondazione Brodolini. Peccato che i lettori di “Libero” non abbiano potuto leggere il tutto. Sarebbe un modo per cominciare a chiarire il polverone che si fa attorno ai lavoratori pubblici e rimbalzato nella appena conclusa conferenza d’organizzazione della Cgil.

http://ugolini.blogspot.com/

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