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La cultura romanì (di Santino Spinelli) |
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4.06.2008
La necessità di una politica europea a sostegno della cultura romanÃ
La cultura romanà è patrimonio dell'umanità . È una cultura transnazionale e
prismatica piena di complesse sfaccettature che sopravvive in Europa e nel
mondo in condizioni spesso difficili da oltre sei secoli.
Essa vive grazie alle strategie di sopravvivenza attuate dai diversi gruppi
di Rom, Sinti, Manouches, Kalé e Romanichals che l'hanno coltivata e difesa
all'interno delle proprie famiglie.
In Europa non esiste una sola politica a favore della cultura romanÃ, ma
essa è sfruttata in maniera deprecabile dalle organizzazioni "pro-zingare"
senza scrupoli per le loro spicciole politiche.
Gli interventi legislativi europei, nazionali e regionali sono stati diretti
alla tutela della cultura romanÃ, tutela che sottende un tutore o meglio un
controllore.
La cultura romanà ha bisogno di una valorizzazione attraverso gli stessi
soggetti che la vivono quotidianamente e una reale promozione presso
l'opinione pubblica, la quale in verità è privata di un grande diritto:
quello della conoscenza. Il mondo romanó è filtrato solo attraverso
stereotipi negativi: l'opinione pubblica non solo non conosce nulla di
quelle che sono le tradizioni culturali delle diverse comunità romanès, ma
soprattutto non conosce le diverse espressioni artistiche romanès: la
letteratura, la pittura, il teatro, etc.
Per comprendere e valorizzare la cultura romanà occorre uscire
dall'etnocentrismo limitante e occorre spogliarsi dei pregiudizi radicati. È
difficile, lo comprendo, ma è uno sforzo necessario da parte di tutti per
promuovere un'effettiva interculturalità e creare le basi per una moderna
società multietnica senza conflitti.
La parola interculturalità , oggi, è usata in maniera molto ambigua e spesso
è sinonimo di mera conoscenza dell'esistenza di un'altra realtà culturale.
Interculturalità , invece, ha un significato profondo e consiste
essenzialmente nel "vivere" un'altra cultura. Solo "vivendo" una cultura
diversa ci permette di arricchire il nostro bagaglio umano e allargare gli
orizzonti culturali. L'interculturalità è una risorsa che allontana lo
spettro dell'appiattimento del genere umano.
Ora bisogna riflettere su quante opportunità ha l'opinione pubblica di
"vivere" realmente la cultura romanÃ, nella sua ricchezza e nella sua
complessità espressiva. L'opinione pubblica viene privata di un diritto. E
qui subentrano tanti fattori: innanzitutto una cattiva informazione che si
trasforma facilmente in disinformazione, con la reiterazione di immagini e
di clichè stereotipati che certamente non favoriscono il dialogo, ma al
contrario, creano pregiudizi scontati, atteggiamenti di ostilità . Vanno poi
sottolineate le politiche di rifiuto attuate nei confronti dei Rom arrivati
in Europa nel XV secolo: politiche di espulsione, di reclusione, di
sterminio, di deportazione, di assimilazione. I Rom, gli Sinti, i Manouches,
i Kalé, i Romanichals, i 5 grandi gruppi che con i loro svariati sottogruppi
costituiscono il paradigmatico mondo romanó e volgarmente definiti
"zingari", non sono arrivati in Europa con le armi, né con intenti
bellicosi. L'unico popolo al mondo a non aver mai dichiarato guerra a
nessuno perché non ha mai avuto l'esigenza di rivendicare un territorio e
quindi di scalzare altre popolazioni per un insediamento, ne si è mai
organizzato in formazioni terroristiche per rivendicare i propri diritti
esistenziali,culturali e sociali. La cultura RomanÃ, basate essenzialmente
sul concetto di "puro" e "impuro", ereditato dall'antica cultura indiana, ed
espressione di una società semplice basata sul concetto di dare-avere e
ricambiare, non prevede l'omicidio (mardipé) o la guerra (merripé) in quanto
considerati assolutamente "impuri". Alla curiosità iniziale le popolazioni
europee hanno fatto subentrare l'odio nei confronti di queste popolazioni
forzatamente itineranti che già scappavano dalla repressione dei persiani,
dei bizantini (in Romania i Rom, sono rimasti schiavi per 5 secoli e
affrancatesi dalla schiavitù solo nel 1858!) dei Turchi Ottomani. In Europa
invece di trovare scampo e una "patria" a cui offrire i prodotti della
propria attività (musicisti, allevatori di bestiame, commercianti di
cavalli, artigiani e lavoratori di ferro e rame) hanno "trovato" altre
repressioni. Il primo bando contro i Kalé, mori ed ebrei sefarditi è del
1492 da parte dei cosiddetti "Re cattolici" spagnoli. Sotto l'influenza
della corte spagnola, avendo parentele in tutta Europa, facilmente questi
editti venivano estesi ad altri Paesi, tra cui l'Italia divisa, al tempo, in
tante "Signorie". Queste ultime erano veri e propri Stati nazionali che
esigevano l'allontanamento di tutte quelle razze che in qualche modo
intaccavano la "purezza" della razza locale. Da qui le incomprensioni che ci
trasciniamo fino ad oggi. Le comunità romanès sono state costrette a vivere
alla macchia,lontano dai centri abitati e soprattutto senza diritti.
Continuamente espulsi, quando non venivano impiegati nelle battute di caccia
come preda o pubblicamente giustiziati in quanto ingiustamente colpevoli di
"cannibalismo", sono andati alla continua ricerca di rifugi sicuri. Lo
spostamento e la solidarietà del gruppo di appartenenza aiutava a
sopravvivere. Il nomadismo, come si è delineato in Europa, è stato quindi la
conseguenza delle politiche di rifiuto, li dove le comunità romanès hanno
trovato le condizioni ideali sono rimaste, a conferma che le comunitÃ
romanès erano alla ricerca di una Patria. Per questo abbiamo disseminato
Rom, Sinti, Kalè, Manouches e Romanichals in tutto il mondo, in tutti i
continenti con oltre 12 milioni di persone.
La situazione dei Rom è sicuramente migliore rispetto all'Italia soprattutto
nei Paesi dell'Est europeo dove esistono parlamentari e partiti politici Rom
e dove si organizzano dei grandi eventi culturali che permettono una maggior
diffusione, valorizzazione e conservazione del nostro patrimonio culturale e
linguistico. In Ungheria e in Spagna la cultura Romanà fa parte del
patrimonio nazionale. In Italia, purtroppo, a causa soprattutto di
associazioni "pro-zingari" e di sedicenti "esperti" costituite spessissimo
da opportunisti senza scrupoli, l'affermazione di una intellettualità RomanÃ
è ritardata con conseguenze fortemente pregiudizievoli per la nostra stessa
esistenza culturale. Negli ultimi 40 anni lo Stato italiano attraverso gli
enti pubblici locali ha elargito all'interno del territorio nazionale
centinaia di miliardi in favore della popolazione Romanà che purtroppo non
hanno avuto nessun beneficio culturale da questi finanziamenti, anzi si è
vista sempre più relegata nei "campi nomadi", ovvero nei "lager moderni" e
vero e proprio emblema di segregazione razziale, che anche nella ripugnanza
e nel nome vuol ricordare i lager dei nazi-fascisti dove oltre mezzo milione
di Rom e Sinti sono stati barbaramente massacrati. Purtroppo nella giornata
della memoria dell'Olocausto che si celebra il 27 Gennaio questo viene
spessissimo omesso e quindi senza il ricordo del massacro dei Rom, degli
omosessuali, dei testimoni di Geova e degli antifascisti la memoria diventa
mutilata. I Rom ammassati e stipati nei "lager civili" perdono la loro
identità e la loro cultura millenaria. È ciò che è accaduto ai pellerossa
d'America, che costretti a vivere nel ghetto della riserva sono stati
"deteriorati" e oggi la maggior parte di loro sono alcolizzati e drogati. È
chiaro che frustrati e disillusi i Rom provenienti dai territori della Ex
Jugoslavia costretti a vivere in Italia nei "lazi plebei" e che nelle loro
città di origine vivevano in case (spesso in confortevoli ville), con i loro
lavori e i loro mestieri, "scoppiano" e quindi hanno un rapporto
assolutamente negativo con la società circostante. Semplici fatti sociali
vengono elevati a modelli culturali e l'errore del singolo si ripercuote
sulla condanna di tutte le comunità romanès. In realtà la cultura Romanà non
viene così conosciuta e viene mistificata. Le organizzazioni pro-zingare,
con il loro becero assistenzialismo, per giustificare il loro "potere" e la
creazione di "ziganopoli" attraverso "progetti fasulli" lautamente
finanziati hanno tutto l'interesse a che la situazione non cambi ed è chiaro
che non sanno che farsene di artisti e di intellettuali Rom capaci di
pensare e di auto rappresentarsi.
La cultura romanà si identifica nella sua lingua.
La lingua Romanà non ha nulla a che vedere con la lingua Rumena, né tanto
meno con le lingue romanze, ma è una lingua strettamente imparentata con le
lingue neo-indiane come l'Hindi e deriva dal SÃ nscrito. Essendo tramandata
oralmente si è arricchita nel corso dei secoli dei vocaboli dei popoli con
cui è venuta a contatto, quindi si è arricchita di imprestiti del persiano
antico, dell'armeno e del greco antico , e quindi in Europa degli imprestiti
delle parlate e dei dialetti europei a seconda dell'itinerario seguito. È
una lingua viva e vitalissima che come tutte le lingue ha numerose varianti
dialettali. Da trenta anni la lingua Romanà si scrive ed è nata una fiorente
letteratura che purtroppo pochissimi conoscono.
Personalmente credo che il mancato riconoscimento della nostra lingua, nel
quadro della tutela delle minoranze linguistiche, come lingua minoritaria da
parte del Parlamento Italiano sia dovuto a una totale incomprensione che
affonda le sue radici nella più completa disinformazione. Perfino i Cimbri
che in Italia sono appena 800 persone, hanno avuto il giustissimo e
sacrosanto diritto al loro riconoscimento linguistico, quando invece Rom e
Sinti con oltre 100mila persone residenti in Italia da almeno 6 secoli non
hanno avuto questo privilegio. Spero vivamente che questa legge mutilata e
incompleta venga rivista, che ci sia maggiore informazione e meno pregiudizi
poiché l'opinione pubblica viene privata del diritto alla conoscenza, la
lingua romanÃ, ripeto, appartiene all'umanità , non solo al popolo che con
essa si esprime.
Ogni cultura merita lo stesso rispetto; "l'altro" in realtà siamo noi
stessi, la paura dell'altro rivela la paura di se stesso, occorre quindi non
incontrarsi, ma ritrovarsi.
Bisogna superare il "concetto di zingaro", i tempi ormai sono maturi per
cancellare questa parola dal nostro vocabolario, perché non esprime una
connotazione etnica, ma un sentimento di avversità , visto il carico di
negatività che racchiude. Esso va sostituito con popolazione Romanà o
comunità Romanès anche perché i Rom, Sinti, Kalé, Manouches, Romanichals,
con i loro innumerevoli sottogruppi, utilizzano la lingua Romanà o Romanès.
Rom, Sinti, Kalé, Manouches, Romanichals sono etnonimi, ovvero il modo in
cui noi definiamo noi stessi, "zingaro" è un termine che i Gagé (i non Rom)
ci hanno attribuito in maniera dispregiativa.
Altri concetti vanno superati: come quello di nomade e di campo nomadi. Il
nomadismo come si è sviluppato in Europa non ha una connotazione culturale,
ma è stata la conseguenza delle politiche persecutorie, le comunità romanès
erano "obbligate" a spostarsi continuamente così come il campo nomadi, oggi,
giustifica la segregazione razziale e la discriminazione. In una societÃ
civile questa situazione non è più tollerabile. L'emarginazione, il furto e
l'accattonaggio non sono espressioni culturali, ma fenomeni sociali e come
tali vanno affrontati. La cultura è un'altra cosa; faccio un esempio: quando
parliamo di cultura italiana, non si spiega prima il fenomeno mafioso e
camorristico, il terrorismo e la pedofilia per poi parlare di Leopardi e
Verdi. La cultura Romanà è l'unica ad essere "forzatamente" confusa con gli
aspetti più deleteri della sua comunità , come se solo le comunità romanès
avessero difetti. Questo atteggiamento in realtà cela la volontà di non
conoscenza, alza barriere razziali e una contrapposizione violenta.
L'opinione pubblica così non solo resta ignara e nella più completa
disinformazione, ma si priva del diritto alla conoscenza di una civiltà ,
patrimonio dell'umanità .
L'Europa unita, civile e democratica,va creata attraverso il rispetto dei
popoli che la compongono e fra questi c'è anche la popolazione romanÃ.
Questo è un principio che deve diventare patrimonio di tutte quelle societÃ
che vogliono progredire non solo sotto l'aspetto economico, ma anche e
soprattutto sotto il profilo umano, sociale e culturale.
But Baxt ta Sastipé
Dott. Prof. Santino Spinelli
Docente di Lingua e Cultura Romanà - Università di Trieste
Vice Presidente del Parlamento della Romani Union Internazionale
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