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Un consiglio provinciale sul tema del Po
5.06.2008

Un consiglio provinciale sul tema del Po, aperto alle istituzioni, associazioni, enti che a livello regionale e nazionale si occupano del Grande fiume, da tenersi subito dopo la pausa estiva.E’ la proposta scaturita dalla commissione Ambiente della Provincia, riunita per discutere di due mozioni, presentate dai consiglieri Giampaolo Dusi del Prc e da Carlo Rusca del Gruppo delle libertà.Entrambe le mozioni esprimono la preoccupazione per come sono andate le cose dopo il Congresso nazionale del Po tenutosi a Piacenza, dove la Provincia di Cremona, con il sostegno della Regione Lombardia e anche dell’Emilia Romagna, aveva proposto un progetto di utilizzo multifunzione del Po, che ha come cardine la regimazione del tratto medio del fiume, al fine di consentirne la navigabilità, l’uso irriguo delle acque e la produzione di energia idroelettrica, ma anche una rinaturalizzazione delle sponde e la promozione turistica.

Invece i 180 milioni stanziati dalla Finanziaria del precedente governo verrebbero utilizzati dall’Aipo per la realizzazione del proprio progetto, che prevede una sistemazione idraulica a corrente libera, che secondo la commissione non risolve i problemi o li risolve solo parzialmente.

Lo ha ammesso lo stesso presidente della Provincia Giuseppe Torchio, secondo il quale vi sono da superare alcune criticità, riferibili, ha detto, al Piemonte e al disinteresse del Veneto, anche se la Commissione europea dei Trasporti pare orientata a procedere concretamente.

Tuttavia, Torchio ha detto di preferire considerare la parte mezza piena del bicchiere: 81 milioni di euro, infatti, verranno destinati al riassetto idraulico, all’aumento della capacità di laminazione delle fasce fluviali e alla ricostruzione morfologica dell’alveo di piena. E questo, ha affermato, non è ininfluente anche ai fini di una migliore navigabilità del fiume. Quasi cinquanta milioni serviranno inoltre per azioni mirate alla conservazione dell’integrità ecologica della fascia fluviale e della risorsa idrica. Con altri quaranta milioni si interverrà sul sistema della fruizione e dell’offerta culturale e turistica.

Torchio ha concluso affermando la necessità di un coordinamento con l’Autorità di bacino e con l’Aipo per procedere uniti sulle opere che vogliamo realizzare nel nostro territorio.

Il consigliere Sandro Gugliermetto (Partito democratico) ha spostato l’asse dell’attenzione. Le due mozioni, ha detto, pur valide e condivisibili parlano solo a noi stessi. La verità è che non siamo ancora riusciti a far comprendere che il tema del Po, la necessità della sua regimazione non è un problema locale, ma nazionale ed europeo. Più che di tecnici e di progetti, dunque, abbiamo bisogno di un progetto di comunicazione, di coinvolgimento, di convincimento. A dimostrazione di questo Gugliermetto ha citato il documento di due associazioni ambientaliste, secondo le quali si dovrebbe negare, per ragioni ambientali, la navigazione commerciale, cioè il trasporto di merci, lungo il Po, quando proprio ragioni ambientali ne dovrebbero suggerire lo sviluppo!

Al secondo punto dell’ordine del giorno della seduta era un aggiornamento sulla situazione dell’inquinamento nell’area esterna alla Tamoil da parte del direttore dell’Arpa Paolo Beati, con particolare riferimento agli ultimi avvenimenti, che hanno portato all’ordinanza di chiusura della Canottieri Bissolati a causa del gas potenzialmente esplosivo spinto in superficie dalla piena del Po dei giorni scorsi.

Il dottor Beati ha ripercorso le tappe della vicenda, con i quattro anni di rilievi e interventi sull’inquinamento del terreno e delle falde, fino ai rilievi dei gas interstiziali, eseguito questa primavera.Il fenomeno della risalita dei gas in superficie, ha detto, è avvenuto ad ogni piena del Po. Questa volta si sapeva della loro esistenza, e quindi il fenomeno è stato segnalato.

Alla contestazione del fatto che la segnalazione fosse arrivata da un addetto della Canottieri e non preventivamente dalla stessa Arpa, Beati ha risposto che una tale previsione non poteva essere fatta. E ha aggiunto che sotto l’aspetto ambientale in realtà non è successo nulla di rilevante, in quanto i gas non sono usciti nell’atmosfera ma si sono incanalati in pozzetti o alcuni ambienti chiusi e permeabili rispetto al terreno. I vigili del fuoco, invece, hanno rilevato un potenziale pericolo per l’incolumità delle persone per possibili esplosioni, e questo ha provocato l’ordinanza di chiusura.

Anche i dati sui gas, ha concluso Beati, confermano le conoscenze già ottenute dai rilievi precedenti circa il perimetro interessato all’inquinamento del sottosuolo.

Naturalmente il dibattito si è vivacizzato intorno al ruolo dell’Arpa e alla mancata, secondo il presidente della commissione Andrea Ladina, segnalazione del problema.

Il consigliere Tamagni del Pd, ha apprezzato il lavoro dell’Arpa, che ha giudicato serio, e si è detto soddisfatto "non della situazione, ma del fatto che tutti i dati confermano che non è cambiata rispetto a quanto si sapeva, e questo significa che i primi interventi stanno funzionando".

Sandro Gugliermetto ha chiesto se si possa parlare di bonifica per l’intera area. Beati ha ribadito che per l’area interna allo stabilimento parlare di bonifica è improprio finché la produzione resta attiva: si può parlare di messa in sicurezza, mentre per l’area esterna una bonifica è possibile, una volta ottenuti dati definitivi. E’ solo una questione di costi.

Beati ha infine accennato a una proposta che l’Arpa di Cremona sta portando avanti: la realizzazione di una rete di cinque centraline fisse, una mobile e degli strumenti di rilevamento ai camini delle principali aziende, collegate fra di loro, con l’obiettivo di monitorare "in continuo" l’aria e la ricaduta reale delle emissioni in città.

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