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La colpa più grave è accusare innocenti sapendo bene che lo sono
9.08.2003
La colpa più grave di tutte è quella di accusare persone innocenti sapendo benissimo che sono innocenti». Così il presidente della Commissione Europea Romano Prodi ha risposto a una domanda dei giornalisti, che al termine dei funerali di Andrea Borri a Parma gli avevano chiesto cosa provasse di fronte alle nuove accuse che il faccendiere Igor Marini gli ha lanciato nell'ambito della vicenda Telekom Serbia.
Prodi ha preso spunto dalle parole che aveva pronunciato nell'orazione funebre per il Presidente della Provincia di Parma, Andrea Borri, nelle quali aveva ricordato le sue grandi doti umani e politiche, la sua linerità, la sua coerenza nell'agire pubblico «anche nelle stagioni più difficili».
«Un pò di meditazione su queste caratteristiche farebbe bene - ha aggiunto Prodi parlando con i giornalisti - il rispetto della persona che Andrea ha sempre avuto è fondamentale per una politica sana. Non si possono avere risultati positivi per la comunità in cui viviamo se c'è un' aggressione continua e se non c'è un rispetto per le persone».
In riferimento alle voci secondo le quali sarebbe già impegnatissimo nei preparativi per guidare la coalizione di Centrosinistra alle prossime elezioni politiche, Prodi ha dichiarato in un'intervista al New York Times: «Non è tempo di decisioni. Voglio finire il mio lavoro a Bruxelles».
«Ho ancora un anno, e un anno in politica è un'eternità», ha aggiunto il presidente della Commissione Europea, rispondendo all'inviato del Times Craig Smith.
«In un mondo complesso nessuno è in grado di dettare una politica, neppure un paese così grande e potente come gli Stati Uniti», ha detto Prodi, notando che «il grande rischio per le grandi potenze è di allargarsi eccessivamente».
Secondo Prodi un'Europa unita e alleata dell'America aumenterebbe la stabilità internazionale, ma negli Usa in questa fase «la dottrina prevalente è di avere un'Europa divisa», una dottrina che il presidente della Commissione Ue vede come frutto di «una profonda corrente» nella storia statunitense che va al di là dell'attuale amministrazione ed è sospinta dalla fiducia in se stessa della nazione, in particolare dopo le vittorie del dopo 11 settembre in Afghanistan e Iraq.

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