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La sottile linea rossa (di Antonio V. Gelormini)
26.06.2008
La pennellata di rosso, che si sovrappone alla banda verde-veltroniano sul sito dei Riformisti e Democratici (ReD), la dice lunga sulla proiezione del progetto a termine del gruppo dalemiano nel Partito democratico. Presentato a battesimo nella cornice, quanto mai consona, del cinema Farnese a Roma e nella ricorrente festività di San Giovanni il Battista.

Paolo De Castro, il presidente designato già prima del parto, assicura che non si tratterà di una corrente, ma non dice se si riserva l’ambizione travolgente di diventare magari “vento”. E si preoccupa di precisare che: “ReD non mette in discussione il ruolo di Veltroni”. Assicurazione resa più esplicita dallo stesso D’Alema: “Non voglio rompere le scatole a Walter”. Ma a non forzare troppo la memoria, appaiono le stesse note suonate a proposito dell’ininfluenza della segreteria (da primarie) di Veltroni sul governo Prodi. Sappiamo tutti come è finita.

Solo poche prima, nella pampa sconfinata dell’Assemblea Nazionale alla Nuova Fiera di Roma, un piccato Arturo Parisi aveva fatto un uso improprio di intercettazioni. Quelle di un malessere traboccante nei consessi del PD (con imbarazzanti diserzioni, troppo consistenti per addebitarle alla sola data infrasettimanale) e, nella tipica rudezza sarda, ha caricato dritto ed impetuoso come un ariete.

Il Picconatore 2 (dopo concessione cossighiana), se l’è presa con Veltroni; ma la sua invettiva dava più l’impressione di essere diretta piuttosto a quanto avviene attorno a Veltroni. Una sorta di “tradimento”, che chi lo conosce meglio ha letto come il grido disperato d’amore per il partito nuovo. Per salvarlo dalla deriva “gattopardesca” imboccata. Certo, ha sbagliato modi e forma. Avrà pure avuto motivazioni recondite per sparare ad alzo zero. Però il problema denunciato rimane ed è grosso quanto un bastimento da crociera.

L’accerchiamento nei confronti del Segretario è in piena evoluzione. Purtroppo le formali dichiarazioni di non belligeranza non riescono a smentire la percezione del crescente tasso di ostilità delle diverse “opa”, avviate per il controllo del partito ad ogni livello e nei territori. La sensazione è che anziché essere recisi, i lacci e lacciuoli continuino ad essere inesorabilmente tesi per imbrigliare l’auspicata azione rinnovatrice di un Partito democratico che, a guardare le sue assemblee, ha già perso per strada entusiasmi e rappresentanza di quella parte “altra”, rispetto ai tanti ex Ds e Margherita.

Mario Barbi ha individuato il peccato originale del Pd nell’unanimismo, invece del dibattito libero e aperto. Che si traduce in mancata partecipazione alle scelte e in chiamata finale per la loro ratifica. I tempi stretti e l’acqua alla gola sono stati il liet motiv dei primi passi affrettati del nascituro, che hanno reso più amari passaggi e bocconi organizzativi da ingoiare per necessità. Intanto c’è chi si organizza per condizionare e cogliere al meglio i prossimi appuntamenti elettorali. Il passato che torna è più veloce del futuro che avanza. E ritrovare tra i paladini del Pd tanti di quelli che vivevano l’Ulivo come fumo negli occhi, è maledettamente frustrante.

Walter ne tenga conto, perché il sogno del 14 ottobre non merita l’angoscioso risveglio di un incubo. I tempi continuano a stringere, ora più che mai anche per il leader. Lui lo sa bene: la credibilità del progetto passa per la credibilità dei soggetti a cui sarà affidato. Non c’è più spazio per l’esortativo. Resta una sola possibilità: “Dobbiamo farcela”.

(gelormini@katamail.com)

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