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Liberia, Taylor si è dimesso. I ribelli, La guerra è finita !
13.08.2003

Charles Taylor, il presidente-padrone della Liberia, si è dimesso ed è partito per il suo esilio in Nigeria. La notizia delle dimissioni l’aveva anticipata lui stesso («L’11 agosto mi dimetterò») ma l’ondata di violenze e il lassismo della comunità internazionale avevano posto un enorme punto di domanda su quella che, senza dubbi, è una svolta epocale per il Paese africano. Nessun presidente liberiano, infatti, aveva mai lasciato il potere da vivo. Taylor, dopo aver passato tutti i poteri al suo vice, Moses Blah, si è recato all’aeroporto di Monrovia. Destinazione: Abuja, la capitale nigeriana.

Gli stessi ribelli del Lurd (Liberiani uniti per la riconciliazione e per la democrazia) e del Model (Movimento democratico liberiano) avevano più volte criticato questo gesto: «Blah come Taylor», avevano più volte ripetuto. Ma lunedì pomeriggio, il passaggio di consegne avvenuto all’interno di una residenza presidenziale rimasta sotto assedio per oltre un mese, ha effettivamente sbloccato lo stallo in cui si trovava Monrovia e il resto del Paese. Dando una speranza a tutta la popolazione civile ridotta alla fame.

«Fumiamo il calumet della pace e dimentichiamo la guerra», sono state le prime parole di Blah (56 anni), dopo aver giurato come 22esimo presidente liberiano. L’ex-vice di Taylor guiderà il Paese fino al 14 ottobre, quando si svolgeranno elezioni generali. «Siamo pronti - ha detto Blah - a lavorare con la forza di mantenimento della pace». La temuta reazione del Lurd (principale gruppo armato d’opposizione a Taylor e a Blah) non si è fatta attendere. Ma ha lasciato tutti sorpresi. «La guerra è finita - ha dichiarato Sekou Fofana, capo dei ribelli -. La sofferenza dei liberiani è finita». E Taylor, nel suo stile semi-messianico, ha detto la sua: «Ho accettato di essere l’"agnello sacrificale" nella crisi della Liberia». Gli uomini rimastigli vicino avevano fatto sapere che le porte dell’esilio, per lui, si sarebbero aperte solo dopo alcuni giorni. «Ha bisogno di qualche giorno ancora - aveva dichiarato il suo ufficio-stampa - per sistemare le sue cose e per accertarsi che la sua nuova casa sia completata». Si parla di una mega-villa ad Abuja, un buen retiro che lo possa tenere alla larga dalla politica liberiana e, forse, da quell’incriminazione per crimini contro l’umanità nella confinante Sierra Leone, spiccato dal Tribunale speciale delle Nazioni Unite.

Un particolare, forse, può spiegare meglio di tanti altri come è stato possibile arrivare a questa svolta. È una lezione di diplomazia che l’Africa ha dato a tutto il mondo. Per sancire il passaggio dei poteri, per portare a vero un cessate il fuoco e per ufficializzare le elezioni per il prossimo autunno, a Monrovia è arrivata quella che, senza mezzi termini, possiamo definire l’elite politica africana: il presidente sudafricano, Thabo Mbeki, quello del Mozambico, Joachim Chissano, e quello del Ghana, John Kufuor, presidente dell’Ecowas (la Comunità dei Paesi centro-africani). E poi Abdulsalami Abubakar, ex presidente nigeriano e massimo mediatore tra Taylor e la guerriglia. Uno sforzo senza precedenti per segnalare l’importanza di una Liberia pacificata per tutto il continente.

Subito dopo il passaggio della banda presidenziale, le navi da guerra Usa (con 2.300 marines a bordo) si sono avvicinate al porto di Monrovia. «È un passo verso uno sviluppo positivo», hanno fatto sapere dalla Casa Bianca. Intanto, nella capitale liberiana continua a mancare di tutto. «Lo sforzo dei mediatori ci consegna una grande aspettativa - sono state le parole di monsignor Michael Francis, arcivescovo della capitale - ma la gente di questo Paese ha ancora bisogno di tutto l’aiuto possibile». L’Italia, in tal senso, ha già compiuto un piccolo passo con l’invio di un cargo di farmaci partito ieri da Brindisi per Monrovia.

Adesso, con la partenza di quell’aereo con Taylor a bordo, i politici liberiani dovranno dimostrare la loro volontà di pacificazione. Dopo centinaia di morti civili, la cosa non sarà facile. Lo stesso Kufuor ha dichiarato che proseguiranno, ad Accra (capitale del Ghana), i negoziati tra le parti in lotta per la stabilizzazione del governo provvisorio di Blah e per affinare un sistema capace di riportare pace e democrazia con le elezioni del prossimo 14 ottobre. Per adesso, le armi hanno smesso di sparare e i liberiani stanno fissando il cielo in attesa di aerei: dopo quello di Taylor, adesso aspettano quelli degli aiuti umanitari.

da www.unita.it

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