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Il Soldato Lori - Storie di Nativo Americani
14.08.2003

Sin dalla Grande Guerra la presenza di nativo americani (o indiani d’America) nelle forze armate statunitensi è stata rilevante per importanza e numero, tant’è che i powwow – piccoli e grandi raduni che si tengono in tutto il paese – a tutt’oggi iniziano molto spesso con la parata dei veterani. Nel 1917, anno di entrata in guerra dell’America, circa 8000 nativo americani si arruolarono in modo del tutto volontario. Nel 1870 la Corte Suprema aveva infatti stabilito che le tribù indiane erano entità politiche indipendenti e i loro affiliati non potevano essere considerati cittadini americani quindi, in quanto tali, non sottoposti alla leva obbligatoria.
La cittadinanza americana, garantita dal Quattordicesimo Emendamento della Costituzione a tutti coloro che sono nati in territorio statunitense e agli stranieri naturalizzati, fu concessa agli indiani solo nel 1924.
Grazie a Hollywood il mondo conosce le imprese dei Navajo Code Talkers, i soldati addetti alle comunicazioni che impiegavano la loro lingua per rendere incomprensibili i messaggi ai giapponesi, ma pochi sanno che ci furono vari code talkers appartenenti ad altre nazioni indiane, ossia ad altre tribù.
Già durante la Prima Guerra Mondiale ci furono addetti alle comunicazioni nativo americani che sfruttarono la loro lingua; tra questi 14 erano uomini di discendenza choctaw della 36ª Divisione dell’Esercito, il cui codice indecifrabile venne in seguito impiegato anche durante la Seconda Guerra Mondiale.
Nel 1989 la Francia ha insignito il presidente della nazione choctaw di una delle più alte onorificenze, conferendogli il titolo di “Chevalier de l’Ordre National du Merite”.
Nella Seconda Guerra Mondiale 17 soldati comanche entrarono nella 4ª Compagnia di stanza in Europa, ed il loro linguaggio fu uno strumento fondamentale per coordinare lo sbarco in Normandia. A questi veterani la Francia ha conferito la stessa onorificenza dei choctaw. Nel Pacifico operarono circa 400 navajo code talkers della 3ª, 4ª e 5ª Divisione del Corpo dei Marines.
Complessivamente durante la Prima Guerra Mondiale ci furono, oltre ai choctaw, code talkers cheyenne, comanche, cherokee, osage e yankton sioux, mentre durante il secondo conflitto mondiale si aggiunsero ai comanche, ai navajo e ai choctaw anche ojibwe, creek, hopi, kiowa, menominee, muskogee, oneida, pawnee, sac & fox, lakota e nakota sioux.
Ai giorni nostri, grazie alla televisione e ai giornalisti “embedded” (“incorporati” nei corpi d’armata) il mondo conosce le vicende del soldato semplice Jessica Lynch, catturata dagli iracheni e liberata da un commando USA – una clamorosa bugia costruita ad arte dalla propaganda americana – mentre poco nota è la vicenda del soldato Lori. Jessica è una ragazza bianca, bionda, che viene identificata con l’America e con la quale si crede che tutta l’America si identifichi, tanto che Hollywood aveva precipitosamente deciso di comprare i diritti sulla sua storia e sull’ “eroico” salvataggio, salvo poi rimangiarsi tutto dopo che la verità è venuta a galla.
Lori Ann Piestewa, (pronunciato paa-yes-ti-wa) soldato di prima classe arruolata nella 507ª Compagnia, è la prima donna-soldato e la prima nativo americana a morire in Iraq, nella stessa imboscata del suo commilitone Lynch il 23 marzo del 2003. Ventitre anni e due figli piccoli che cresceva da sola, apparteneva alla tribù degli hopi, i discendenti dei primi abitanti del sudovest degli Stati Uniti che per secoli hanno ininterrottamente vissuto nella zona settentrionale dell’attuale stato dell’Arizona.
Gli hopituh shinumu, le genti pacifiche la cui riserva è ora una piccolissima enclave all’interno della grande riserva navajo, sono socialmente divisi in dodici fratrie, ossia raggruppamenti di clan in cui è d’obbligo l’esogamia – cioè ci si sposa al di fuori del clan – e vige la matrilinearità – cioè l’appartenenza al clan, quindi l’essere riconosciuti dalla tribù come membri, è possibile solo se la madre è hopi.
Lori discendeva dal clan Paa’is, che significa acqua. Per sfuggire alla disoccupazione che nella riserva sfiora il 50% Lori, già cadetto nei Corpi della Riserva (ROTC: Reserve Officers’ Training Corps), si era arruolata nell’esercito e, prima di partire per l’Iraq, aveva lasciato i suoi bambini in custodia ai genitori a Tuba City, Arizona. La sua morte, tragicamente ordinaria nella follia di ogni guerra, ha innescato conseguenze inimmaginabili.
Attraverso un passaparola elettronico in poco tempo si sono accumulate donazioni, principalmente da parte di nativo americani di tutto il paese, sufficienti per creare un fondo che darà ai suoi bambini garanzie di un futuro più sereno, ma la comunità nativo americana ha agito anche su altri fronti.
Per ricordare il sacrificio della giovane donna hopi si è esercitata una forte pressione sull’Arizona State Board on Geographic and Historic Names, l’organismo che si occupa della toponomastica dello stato dell’Arizona, affinché si cambiasse il nome della montagna Squaw Peak, che si trova a Phoenix ed è uno dei simboli della città, in Piestewa Peak.
Il popolare termine squaw, che universalmente è sinonimo di donna indiana, per i nativo americani è un termine dispregiativo che in lingua mohawk indica i genitali femminili.
Dare ad una montagna che simboleggiava uno sfregio secolare il nome di una donna indiana caduta facendo il proprio dovere è parso appropriato sia per commemorare il suo sacrificio sia per riparare ad un’offesa lungamente perpetrata. Qualcuno si è opposto, altri hanno pubblicamente denigrato la sua figura insultandola come persona e come soldato, qualcun altro ha forse voluto cavalcare il cavallo della popolarità appoggiando l’iniziativa. Ora occorrerà aspettare il benestare di altri organismi federali prima che il cambiamento dell’oronimo diventi effettivo.
Il soldato Lori era semplicemente un soldato come tanti, con alle spalle lo stesso desiderio di sfuggire alla miseria di tanti altri soldati appartenenti alle fasce più povere, e spesso di colore, della popolazione americana. Ciò che la rende diversa è la sua morte, con cui si è restituita dignità a tutte le donne indiane del presente e del passato, ma cancellare l’onta racchiusa in quella sillaba non modifica un presente in cui l’America bianca ha un rapporto conflittuale o, al peggio, di negazione, con la vasta comunità nativo americana.
I primi resoconti dei militari americani in Iraq articolano l’esperienza bellica nel linguaggio dicotomico di indiani e cowboy, in cui il nemico iracheno è ovviamente “l’indiano”.
Imboscate e agguati nell’arido paesaggio iracheno hanno trovato una curiosa correlazione con le grandi battaglie e gli assedi ai forti della storia americana, tra gli indiani “selvaggi” e i “valorosi” cowboy. Per una buona fetta dell’America non-indiana del terzo millennio gli avvenimenti iracheni trovano eco calzante nel paragone con le guerre indiane.
La Prima Guerra Mondiale è stata la fucina di un linguaggio, sviluppatosi tra i combattenti anglofoni e che avrà similitudini nelle guerre successive, per narrare l’inenarrabile, per identificare la linea di demarcazione tra qua e là, “noi” e “loro”, per riportare entro ambiti conosciuti e accettati ciò che era nuovo e spaventoso.
In quest’ultima guerra americana si è invece sviluppata una retorica che ha rispolverato il mito dell’indiano pericoloso, il nemico perfido e subdolo per eccellenza, che era stato soppiantato per buona parte del novecento dall’invisibilità di un indiano oramai svanito dalle pagine della Storia.
Ma i nativo americani esistono, sono sopravvissuti e se da un lato molti di loro aborrono la guerra e questa guerra in particolare, altri hanno un forte senso patriottico come il soldato Lori. Sono circa 45 i militari hopi di stanza all’estero, ed un numero imprecisato di indiani di varie nazioni tribali si trova o avrà come destinazione l’Iraq.
Ora Lori si trova tra gli esseri delle nuvole, le divinità che portano la pioggia nella terra semidesertica degli hopi. Per la sua gente e per i Piestewa, Coloro che Vivono In Prossimità dell’Acqua, è una giusta riconciliazione, ma come farà l’America a riconciliare la sua morte a servizio della nazione con un immaginario collettivo che ora nega la sua esistenza in quanto indiana e ora la identifica col nemico?

di Paola Carini

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