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49 anni dalla morte di De Gasperi - da www.europaquotidiano.it
19.08.2003
L’anticomunista che rispettava i comunisti
La commemorazione della morte di Alcide De Gasperi assume quest’anno un significato di attesa e di preparazione della prossima. Nel 2004 ricorrerà, infatti, il cinquantesimo anniversario, proprio nell’anno in cui sarà firmato il nuovo trattato costituzionale della Ue: una coincidenza che non mancherà di provocare letture contraddittorie. Ci sarà chi dirà che la nuova costituzione rappresenta l’omaggio più solenne alla memoria del grande statista trentino e chi prevedibilmente parlerà di tradimento del disegno europeista da lui ideato insieme a Adenauer, Schuman e Monet.
In effetti, senza evocare il tradimento, credo sia giusto parlare di una certa delusione per la lentezza con cui procede il cammino dell’Europa e per il rischio di una sua brusca interruzione se il testo di trattato elaborato dalla Convenzione non sarà integrato da alcuni meccanismi evolutivi che consentano almeno di dilatare l’area delle deliberazioni a maggioranza nella nuova Europa a venticinque.
Sarebbe auspicabile che anche per onorare questo quarantanovesimo anniversario della morte di De Gasperi - che cade nel mezzo del semestre di presidenza italiana dell’Unione e a poche settimane dalla Conferenza intergovernativa - il governo italiano si impegnasse, più di quanto non sia dato di vedere, per ottenere qualche passo in avanti o almeno per evitare gli annunciati arretramenti rispetto al testo base del trattato costituzionale. L’opportunità poi di avere proprio in questa fase un illustre italiano, Romano Prodi, alla presidenza della Commissione dovrebbe essere colta e valorizzata.
Il collegamento con l’Europa è, in ogni caso, reso necessario dalla circostanza che, a quasi cinquant’anni di distanza, De Gasperi ci appare in tutta la sua grandezza proprio come ideatore e costruttore dell’Europa moderna.
Se è doveroso, infatti, rendere omaggio alla straordinaria preveggenza e alla tenace lotta dei pionieri del federalismo europeo come Altiero Spinelli e il gruppo di Ventotene, è giunto il momento di riconoscere senza imbarazzo che la costruzione dell’Europa comunitaria ha potuto diventare realtà grazie ad alcuni grandi statisti democratico cristiani che, come osserva Pier Antonio Graziani nel suo ultimo lavoro (Laicato cattolico e cultura politica, Portalupi editore), avevano «l’Europa nel Dna».
Al punto che le iniziali resistenze, sia da parte dei conservatori che dei socialdemocratici, miravano a impedire la nascita di una comunità europea che fatalmente avrebbe portato il segno del cattolicesimo democratico. Le resistenze si dissolsero, solo per i secondi per la verità, vent’anni dopo, quando fu chiaro ai più che l’integrazione europea rappresentava una prospettiva storicamente e politicamente ineludibile.
Si pensi solo al fatto che già nel 1932, poco prima dell’avvento del nazismo, la Cdu tedesca approvava al congresso di Colonia, presieduto dall’allora sindaco della città Konrad Adenauer, un documento in cui si diceva: «Va favorita una cooperazione più vasta tra le nazioni europee per creare su questo continente la libera circolazione e il libero consumo delle merci.
Quanto all’unificazione continentale completa, che rimane la meta finale, la si potrà realizzare progressivamente, attraverso l’abolizione delle barriere doganali…».
Dopo la guerra, fu il congresso dell’Aia del 1948 delle Nei (Nouvelles équipes internazionales) a pronunciarsi per la immediata convocazione di un parlamento europeo. Poi la Ceca, la battaglia persa della Ced per l’ostilità di comunisti e gollisti francesi, finalmente il trattato costitutivo della Cee nel 1957 a Roma.
De Gasperi è dentro questa cultura, è dentro questo progetto e ne diventa protagonista come sappiamo e come, giustamente, oggi è riconosciuto in sede storica e politica.
Era un uomo abituato a pensare orizzonti ampi per il futuro e a costruirli. Statista di solido ancoraggio atlantico (promosse l’adesione dell’Italia alla Nato nel 1949) non ha mai dubitato che in Occidente ci si dovesse stare come europei, cioè come popoli uniti da una inequivocabile fede nei valori della libertà e della democrazia e nello stesso tempo ancorati alle proprie profonde radici umanistiche, non solo culturali ma concretamente sociali.
L’ampiezza della prospettiva entro cui si muoveva, la profonda convinzione che ai cattolici non fosse richiesto il dovere dell’impegno politico per una mera actio beneficacome suggerito dal magistero della Chiesa di allora ma per una ben più grande ambizione storica, la riconosciuta laicità che lo ha costretto anche a mortificazioni dolorose subite dalla Curia romana come era capitato in altro contesto storico a Luigi Sturzo, la capacità di assumere i rischi di una politica fedele alla sua responsabilità, la determinazione nel resistere a pressioni autorevoli interne ed esterne come quelle riguardanti la proposta di mettere fuori legge il Pci, la ferma rivendicazione della necessità per il nostro sistema di aver un argine politico a destra, fanno di De Gasperi lo statista sicuramente più rilevante della storia della nostra repubblica.
Il suo rapporto con il Pci, in particolare, illumina la sua personalità e consente un paragone con la presente stagione politica. Uomo politico sicuramente anticomunista, ha saputo collaborare con il Pci quando i tempi lo imponevano e interrompere la collaborazione quando la situazione interna e internazionale lo richiedeva. Mai però è venuta meno in lui la grande considerazione non solo dello straordinario radicamento sociale di questo partito, ma del suo ruolo nella conquista e nella costruzione della democrazia del nostro paese, nella Resistenza e nella Costituente.
E seppe reagire con vigore al tentativo di imbarcare anche la destra missina pur di battere i comunisti alle elezioni comunali di Roma nel 1952, sfidando l’incomprensione del Vaticano e accettando il rischio, che si verificò, di una emorragia elettorale della Dc alle successive politiche. De Gasperi fu anche statista capace di pensare in termini evolutivi le istituzioni repubblicane pur nate da così poco tempo. Proporzionalista convinto, non volle che la legge elettorale fosse inserita nella Costituzione per non renderla rigida nel tempo, e ben presto intuì l’esigenza di una sua modifica - il premio di maggioranza, ingiustamente bollato come “legge truffa” - che avrebbe aperto poi a una graduale prospettiva maggioritaria.
Riusciamo ora meglio a comprendere come la sua modernità non fosse datata.
Europeista convinto, come occorre essere oggi. Anticomunista quando esisteva il comunismo mondiale e pur sempre rispettoso del ruolo storico di questo movimento. Centrista convinto della necessità per la nostra democrazia di erigere solidi argini verso le destre massimaliste, come occorre essere oggi. Riformatore delle istituzioni ma nel pieno rispetto dei principi della carta costituzionale, come occorre essere oggi.
Tenace avversario di quelle forme di populismo e qualunquismo che già si manifestavano ai suoi tempi, come occorre essere oggi. Cristiano non clericale, come occorre essere oggi. Vestiva abiti virtuosi sia nella vita privata che in quella pubblica, come occorre fare oggi, totalmente spogliato da interessi privati per potere totalmente dedicarsi al bene comune, come occorre fare oggi.
C’è di che riflettere. Per tutti.

di PIERLUIGI CASTAGNETTI

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