22.08.2003
Partiamo da due dati di fatto. Il primo: nel mese di agosto, in genere
riflessivo e di rallentamento dell’inflazione, in Italia registriamo ancora un
incremento significativo. Nonostante le aspettative di raffreddamento per il
secondo semestre dell’anno, quindi, gli indicatori parlano di un consolidamento
dell’inflazione. Il secondo dato: la forbice con gli altri Paesi europei è
sempre più evidente. Dal mese di marzo in poi, noi abbiamo assistito ad una
lievitazione dell’inflazione, gli altri ad un raffreddamento.
Tanto che oggi la distanza, fra noi e loro, si misura in un punto pieno. E,
problema aggiuntivo, siamo gli unici in Europa a sommare dati di stagnazione
della crescita e di aumento dell’inflazione. Questi fatti non possono che
evidenziare una questione strutturale. L’inflazione in Italia è diventata una
sorta di febbriciattola strisciante che fa perdere competitività alle nostre
merci, anche nella stessa dimensione europea, e che, mese dopo mese, erode il
potere d’acquisto, così da rendere difficile anche la ripresa dei consumi. C’è
qui una specificità italiana, che non sta nel calcio, ma nella somma stagnazione
più inflazione, cui bisogna contrapporre con urgenza un progetto di intervento.
La gamma degli interventi possibili deve comprendere innanzitutto benzina,
ristoranti e pubblici esercizi, libri di testo. Bisogna fare moral suasion,
riattivare una politica delle tariffe che dovrebbe essere coerente con
un’inflazione ben programmata. Bisogna riprendere un programma di
liberalizzazione, soprattutto nel campo dei servizi, una politica dei redditi e
della concertazione che sia in grado di preservare il potere d’acquisto dei
lavoratori, dei cittadini, dei pensionati. Da parte del governo, nessuno di
questi interventi è stato attivato, con la conseguenza che ci troviamo in un
Paese senza guida, che sta navigando senza timoniere.
Più nello specifico, questa l’agenda degli interventi urgenti: riprendere
l’osservazione attiva sui prezzi della benzina, misurando il differenziale netto
di prezzo con gli altri Paesi europei, creando un tavolo con petrolieri e
distributori per evitare che la forbice si allarghi; aprire un confronto con le
organizzazioni dei consumatori, con gli editori dei libri di testo e i ministeri
interessati per verificare l’andamento delle spese scolastiche; attivare un
tavolo di confronto con i ministeri competenti, le organizzazioni agricole e di
distribuzione per valutare la formnazione dei prezzi, in particolare quelli
all’ingrosso per frutta e verdura; chiamare le Regioni ad un confronto per
sospingere una nuova legislazione regionale nel campo della ristorazione e dei
pubblici esercizi; attivare le strutture per formulare un quadro organico e
bilanciato degli interventi tariffari d’autunno nel sistema nazionale e locale,
in modo da garantire non ci siano scostamenti significativi nel tasso
programmato di inflazione.
Infine, ma più di ogni altra cosa, occorre accelerare i processi di
liberalizzazione, oggi fermi, in particolare nel settore energetico, e
impostarli con urgenza in campi nuovi, innanzitutto in quello dei servizi.
Tutti interventi, poi, da portare ai tavoli con le Regioni, gli Enti locali,
le organizzazioni dei consumatori, le forze sociali, per determinare una
coralità di sforzi orientati a contrastare l’inflazione. Insieme a questo, va
registrato in tavoli autorevoli l’andamento dei contratti, in modo da non
consentire un indebolimento del potere d’acquisto, tale da incidere
negativamente sul tono dei consumi e dell’economia.
La situazione è critica. Il segnale che viene da agosto, se confermato
dall’Istat, annuncia problemi anche per settembre e ottobre: dalla ripresa
scolastica, dall’andamento del prezzo del petrolio che può consentire pratiche
speculative, ai generi alimentari, frutta e verdura soprattutto, rispetto ai
quali può essere presa a pretesto per nuovi aumenti la siccità .
Sarebbe sensato rimediare da parte del governo, con un’attenzione che non può
non partire da un confronto serio con le forze sociali, perchè l’esperienza di
questi anni insegna che il controllo delle dinamiche inflazionistiche è
essenziale sia per la buona salute dell’economia, sia per la modernizzazione del
Paese. Ma il contrasto all’inflazione può avvenire solo in un contesto di
politiche dei redditi che abbia come fulcro il confronto attivo con le parti
sociali.
È chiaro che, se non si provvede, potremmo trovarci di fronte ad un
aggravamento della situazione in termini di perdita della competitività e anche
dell’accentuarsi della questione sociale. Saremmo di fronte al rischio di una
perdita di controllo del rapporto tra andamento dei prezzi e dei salari, con una
difficoltà ulteriore a trovare il bandolo per uscire da una situazione di
difficoltà economica sempre più stringente.
Per evitare tutto questo, ci vuole un governo che cominci finalmente a fare
il suo mestiere, e che non ci riservi solo i territori del facile consenso. Come
si vede dagli ultimi fatti, il governo è appassionato sostenitore della vecchia
ricetta populistica del panem et circenses. Decisamente, il pane meriterebbe
qualche attenzione in più.
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